Dario Fo
Dario Fo

Nello stesso giorno in cui verrà assegnato il Premio Nobel per la Letteratura, del quale fu insignito nel 1997, oso scrivere coincidenza da sghignazzo rammentandone il suo giullaresco farsi beffe di ogni convenzione o sovrastruttura, ci lascia Dario Fo (Sangiano, VA, 1926), morto stamane, giovedì 13 ottobre, a Milano. Improvvisamente è come se si fosse aperta una grande voragine nell’ambito della cultura e del teatro comico italiano, da lui innovato insieme alla moglie Franca Rame, attingendo tanto dalla Commedia dell’Arte che dal vaudeville, con una serie di brillanti ed acuti testi che andavano dalle commedie alla farsa, passando per la satira politica o il recupero di canti popolari tradizionali, il tutto attraversato da una dirompente creatività che, come motivarono gli Accademici svedesi, “seguendo la tradizione dei giullari medioevali dileggia il potere restituendo dignità agli oppressi”.

Fo e Franca Rame
Fo e Franca Rame

Inutile, credo, elencare i suoi lavori essendo più urgente  sottolinearne la figura d’intellettuale coerente e militante, capace di far sì che il proprio impegno politico e sociale, in particolare a partire dagli anni Settanta, trovasse sfogo in un’inedita forma artistica, dando risalto insieme a Franca ad una satira aspra e pungente verso ogni tipologia di potere costituito, volta a dileggiare la buona morale dei benpensanti, al centro spesso di varie polemiche, ma sempre propensa ad arricchire il nostro teatro con opere dall’indubbio valore civile e culturale, capaci di andare incontro ad un pubblico popolare come evidenziato anche dalla scelta di utilizzare per le proprie rappresentazioni prosceni quali fabbriche o scuole occupate (Morte accidentale di un anarchico, 1970; Tutti uniti, tutti insieme, ma scusa quello non è il padrone?, 1971; Il Fanfani rapito, 1975).

misterobuffoIndimenticabile Mistero buffo, puro, esemplare, teatro di narrazione ed esaltazione della cultura popolare, al cui interno vengono raccontati episodi biblici o rientranti nei Vangeli Apocrifi riportando la religiosità, il sentimento religioso, a dimensione umana, ricorrendo ad un Grammelot dalle riconoscibili cadenze padane nella mescolanza di idiomi e suoni, che diviene un tutt’uno con la prorompente gestualità espressa da Fo sul palco, nell’alternarsi di scene dalla vivida satira anticlericale (esemplare il calcio elargito da Gesù a Bonifacio VIII) o pregne di amara riflessione sociale (La fame del Zanni), senza dimenticare il crudo realismo del dolore espresso da una madre devastata per la morte del figlio, riportato nel dialogo di Maria (Rame) con l’arcangelo Gabriele, ai piedi della croce di Cristo (Lo conosci al pari mio, pari a me? L’hai avuto tu, Gabriele, nel ventre ingrossato, il mio figlio? Hai morso tu le labbra per non gridare di dolore nel partorirlo? L’hai nutrito tu? (…) (…) Se non hai provato queste bagatelle non puoi parlare d’avere il mio dolore in questo momento…); ciò che è celeste si fa terreno, senza che si realizzi l’anelito inverso.

141555855-dario-fo-plays-the-italian-politician-gettyimagesPoliedrico a dir poco, l’incisiva propensione alle arti figurative di Fo ha prodotto negli anni pupazzi e bozzetti di costumi per i suoi spettacoli, disegni, caricature, acquerelli, ritratti, tavole a fumetti, senza dimenticare l’attività come autore di canzoni o di attore cinematografico (l’esordio come protagonista risale al 1956, Lo svitato di Carlo Lizzani; due anni prima aveva debuttato in Scuola elementare, diretto da Alberto Lattuada) per quanto quest’ ultima non risulti particolarmente rivelante. Da rimarcare le sue apparizioni televisive, a partire da quel 1962 in cui Dario e Franca provarono ad abbattere il muro della censura alla Rai, trasferendo negli sketch all’interno del collaudato varietà Canzonissima quanto proposto sul palcoscenico. Giullare irriverente e “sanamente” matto, Fo ci lascia, come scritto grazie alle sue opere ma anche al suo modus vivendi, una profonda lezione su come l’arte, rivalutata nella sua eterna contraddizione fra “alto” e “basso”, possa servire a veicolare diversi punti di vista, “alternativi” rispetto a certa informazione omologante, coniugando divertimento ed impegno al servizio della satira e del lazzo. Purtroppo, parafrasando quanto ebbe a scrivere Benigni in una poesia dedicata a Troisi, morto un Fo non se ne fa un altro.

6 risposte a “Un ricordo di Dario Fo”

  1. L’ha ribloggato su laulilla film bloge ha commentato:
    Mi permetto di fare mie le parole di Antonio Falcone, titolare del bel blog Sunset Boulevard

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  2. Bellissimo post, che mi permetto di di rebloggare, se non hai nulla in contrario, sul mio blog.

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    1. Avatar Antonio Falcone
      Antonio Falcone

      Ben lieto, ne sono lusingato, grazie di cuore! Un caro saluto.

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  3. un saluto a te e grazie! 🙂

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  4. grazie per questo articolo.
    gb

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    1. Avatar Antonio Falcone
      Antonio Falcone

      Lieto che sia stato apprezzato, ho amato Fo, Rame e le loro opere e ho cercato di darne voce nell’articolo, rimarcandone l’impatto sociale e la libertà espressiva.
      Grazie, un saluto.

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