Sabato 12 ottobre, nell’ambito del Festival Stranimondi di Milano, è stato presentato il libro Parola al mimo primo volume della collana Voci di Dentro, edito da Asylum Press Editor ed Imp[O]ssible Book dedicato al Maestro Maurizio Nichetti, anch’esso presente all’incontro con il pubblico. Ho avuto modo di leggere il suddetto volume, curato da Claudio Miani e Gian Lorenzo Masedu, al cui interno sono presenti tre saggi tecnici, un’intervista al regista, fotografie e disegni inediti, alcuni dei quali firmati, tra gli altri, da Giorgio Cavazzano, Leo Ortolani, Furio Scarpelli, ed al riguardo ritengo che il suo precipuo merito sia quello di offrire non solo una panoramica completa sul geniale regista, nonché sceneggiatore ed attore, dalla scuola di mimo e l’esperienza presso lo Studio Bozzetto, all’esordio registico sul grande schermo con Ratataplan fino al suo ultimo lavoro, Honolulu Baby, ma, soprattutto, di consentire finalmente una visione piuttosto nitida della rilevanza di quanto portato da Nichetti al cinema, una singolare e suggestiva commistione tra comicità slapstick, animazione e riferimenti sociali intinti nell’ironia e nella satira, tra arguzia e candore fanciullesco.
Un cinema “altro” dove l’immaginazione rappresenta la vera e propria chiave di volta per dare vita ad un’inedita dimensione parallela in cui trovare rifugio ed anche idonea difesa da una realtà sempre più impositrice ed omologante.

La possibilità di leggere in anteprima il libro è stata anche l’occasione, grazie all’ufficio stampa che ne cura la promozione, nella persona di Licia Gargiulo, di rivolgere qualche domanda al Maestro: ammetto senza problemi che, spinto dall’entusiasmo di poter intervistare uno dei miei autori preferiti, il quale con le sue opere mi ha fatto sorridere, da ragazzino, e riflettere, una volta grandicello, ho buttato giù delle domande fin troppo articolate, ma mi sarei aspettato una maggiore collaborazione nelle risposte.
Per inciso, ho preferito puntare su delle riflessioni a voce alta, ecco perché, visto che Nichetti lo fa notare, ho inserito i puntini di sospensione in luogo del punto interrogativo, invitando in tal guisa ad una condivisione o negazione di quanto riportato, come già messo in atto con altri soggetti intervistati inviando un file con le domande. Pazienza, probabilmente la mancanza di un contatto diretto ha condotto a tale risultato e, comunque, tutto fa curriculum; concludo riportando quanto sosteneva un autore a me caro, Oscar Wilde: Le domande non sono mai indiscrete. Lo sono, talvolta, le risposte. 🙂
Maestro, grazie per la disponibilità e benvenuto su Sunset Boulevard. Dopo l’attività di sceneggiatore per Bruno Bozzetto, senza dimenticare l’esperienza teatrale con Quelli di Grock, ecco il debutto cinematografico con Ratataplan nel 1979, da lei scritto, diretto ed interpretato. Il film fu prodotto, insieme a Nicola Carraro, da Franco Cristaldi, quest’ultimo a mio avviso uno dei produttori più lungimiranti del nostro cinema. Non crede che una figura di tal tipo manchi attualmente all’interno delle produzioni italiane, avviate, con qualche eccezione, verso una ritualizzazione delle proposte?
“La vostra è una domanda retorica? Conoscete già la risposta? Credo di sì. Franco Cristaldi era un grande produttore che oggi, saprebbe convertire la sua passione per il cinema anche verso nuovi formati e nuove piattaforme distributive”.
Credo che Ratataplan contenga in sé una potenzialità, mi consenta il termine, “eversiva”: il protagonista, l’ing. Colombo oppone ad una società, già alienata ed alienante, la scelta di esprimersi non attraverso la parola bensì con l’uso della mimica gestuale, opponendo alla serialità irreggimentata di atti, situazioni, comportamenti, anche una prorompente creatività (il disegno dell’albero, la creazione del robot quale alter ego/complice). Credo vi si possa intravedere, non so se sia d’accordo, pur trasmutata attraverso gli stilemi di una comicità alla Keaton, ma con richiami anche a Jacques Tati, tutta la disillusione dei trentenni del tempo, che vedevano svanire il sogno di totale trasformazione espresso nel decennio precedente …
“Non avrei saputo descrivere meglio il personaggio dell’Ing. Colombo…”
L’ing. Colombo farà ritorno nell’ultimo suo lavoro per il cinema, Honolulu Baby, 2001, ma, mia personale opinione, ritengo che l’essenza propria di questo personaggio la si possa rinvenire anche nel Maurizio rumorista di cartoni animati in Volere volare, 1991: la fantasia, la creatività, possono far sì che l’individuo, l’essere umano, si sottragga alla possibile emarginazione sociale conseguente allo status di persona non integrata in un sistema omologante. D’altronde il tema dello sdoppiamento lo troviamo anche in Luna e l’altra, 1996, così come la rilevanza della fantasia nell’ordinarietà quotidiana …
“La trovo molto preparato sui miei lavori, direi quasi più preparato di me… non trovando un punto interrogativo, mi limito a condividere quanto scrive :)”
Come ultima domanda, ringraziandola nuovamente per la disponibilità, passiamo dal cinema al mondo televisivo, dove lei ha lavorato dirigendo o conducendo spettacoli (Quo Vadiz?; Pista!), realizzando anche un’insolita e riuscita serie tv (Mammamia!), oltre a renderlo oggetto di satira dai toni surreali (Ho fatto splash!; Ladri di saponette). Televisione e cinema possono ancora ritrovare la possibilità di un aiuto reciproco o ormai il web può godere inserendosi tra i due amici/nemici?
“Penso sia giusta le seconda ipotesi. Negli ultimi anni la televisione ha perso molto del suo fascino presso le nuove generazioni. Produce solo format e ricordi per ultrasessantenni. I giovani navigano altrove, comunicano, si rappresentano in social che si modificano ogni sei mesi. E’ una gara ad un presenzialismo da protagonisti più virtuale che reale, ma che soddisfa nell’immediato e si fa un vanto per ogni follower conquistato. Ci sono sempre meno spettatori passivi che accettano di guardare protagonismi altrui”.
L’ha ripubblicato su Lumière e i suoi fratelli.
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