(Wikipedia)

Nel 1928, quando Charlie Chaplin( 1889-1977) iniziava a lavorare su City lights, il sonoro era ormai affermato, ma il regista dubitava della nuova tecnica:da qui la tormentata gestazione del film, che, tra ripensamenti vari e il perfezionismo maniacale dell’autore, durò tre anni; alla fine venne presentato come muto con commento musicale aggiunto e gag sonore inserite ad irrisorio sberleffo, come nella scena iniziale: in città si inaugura un nuovo monumento e le vacue parole delle autorità sono sostituite da assoli di kazoo.

Il vagabondo Charlot(Chaplin) che vi si era addormentato sopra, viene allontanato. Ad un angolo di strada il nostro incontra una giovane fioraia cieca(Virginia Cherrill) e con l’ ultima moneta le compra un fiore; la donna sente sbattere la portiera di un auto e lo scambia per un uomo ricco; è notte, Charlot incontra un milionario ubriaco(Harry Myers) che sta per suicidarsi, lo salva e questi lo invita a casa sua e poi al night; la sua generosità è presente solo da ebbro, al mattino, sobrio, non ricorda più nulla e lo caccia via; nel frattempo con i suoi soldi Charlot aveva comprato l’intero cesto di fiori dalla fioraia, accompagnandola a casa con la sua vettura.

Dopo un ricevimento, il milionario parte per l’Europa e Charlot per poter continuare ad aiutare la ragazza, trova lavoro come netturbino e poi come boxeur in incontri truccati; dopo tragicomiche vicende, ritorna il milionario, che, brillo, gli dona mille dollari; per un equivoco Charlot è arrestato per furto, ma non prima di aver consegnato la somma alla ragazza, così potrà pagare l’affitto e l’operazione che le ridarà la vista; uscito di prigione, la ritrova guarita e proprietaria di un negozio di fiori; lei lo riconoscerà quando gli prenderà la mano per donargli un fiore e fargli l’elemosina.

Definito da Chaplin stesso, autore del soggetto e della sceneggiatura, “commedia romantica in pantomima”, il film è un perfetto melange tra comico e tragico, stemperati con toni poetici, i quali sono esaltati dall’assenza del dialogo, coerentemente con lo stile dell’autore; esprime inoltre con rara efficacia la bellezza e la durezza della vita, la spietata ed incerta danza delle apparenze coreografata dalle convenzioni sociali, con uno sguardo sulla triste realtà dell’epoca(la Grande Depressione).

Da leggenda del cinema il finale: i brevi, efficaci, primi piani sugli sguardi tra Charlot e la fioraia evidenziano nel primo sentimento ed emozioni trattenute, mentre gli occhi della ragazza esprimono dapprima divertimento alla vista del povero omino, poi,una volta riconosciutolo, divengono tumidi comprendendo tutti i suoi sacrifici, esprimendo se non amore almeno riconoscenza, che, in fondo, è quanto il vagabondo si aspettava, sublimando l’amore in un gesto di generosità, come sottolinea il suo sorriso con cui il film si conclude, che si piega verso una triste consapevolezza .

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