
Film d’esordio del regista Giuseppe Capotondi, dopo una lunga esperienza tra spot e videoclip, La doppia ora rappresenta qualcosa di insolito nell’attuale panorama cinematografico italiano, notoriamente improntato ad un certo “minimalismo casalingo”. Ha poi il merito di riportare a galla il cosiddetto “film di genere”, affrontando un percorso personale non privo di una certa originalità: il film infatti parte come una storia dal sapore intimista, per poi virare al thriller e al noir.
Sonia (Ksenia Rappoport), ragazza di origine slovena, lavora come cameriera in un hotel a Torino; è una donna sola, o almeno così ci appare, triste, inquieta, cui pesa il solito tran-tran quotidiano. Ad uno speed date fa la conoscenza di Guido (Filippo Timi), anche lui solo, qualche rapporto occasionale, un passato pesante da sopportare, ex poliziotto ed ora custode di una villa. I due iniziano a frequentarsi, Guido conduce Sonia nella villa dove lavora e disinserisce l’allarme; all’improvviso fa irruzione una banda organizzata che inizia a svaligiare l’abitazione, uno dei componenti cerca di violentare la ragazza e Guido tenta di difenderla…
Da qui ha inizio un vero e proprio vortice di mistero, uno strano, ambiguo, affascinante gioco di specchi tra la realtà reale e quella irreale, che si rincorrono per tutta la durata del film, incontrandosi più volte, per arrivare a tre diverse verità e ricongiungersi nello sconcertante finale, questo sì reale e velato di malinconia, in un contrasto tra luci ed ombre che non è solo visivo, dove nessuno dei protagonisti appare per quello che veramente è.
Una regia molto accorta, elegante, attenta a costruire sequenze ed atmosfere ed a sottolineare ogni dettaglio, ripreso quasi sempre in primo piano, così come i volti dei protagonisti, riesce ad attirare l’attenzione e a tenere viva la curiosità dello spettatore, ovviando a qualche “buco” della pur convincente sceneggiatura (Alessandro Fabbri, Ludovica Rampoldi, Stefano Sardo).
Sullo sfondo una Torino insolita, pesta e livida nella fotografia di Tat Radcliff : un film di atmosfera quindi, che perde un po’ del suo fascino man mano che si avvia verso la conclusione e la razionalità trionfa, ma con una certa attenzione alle sfumature psicologiche dei personaggi e dei due protagonisti in particolare, ben interpretati dall’intenso Timi e dalla Rappoport, abile nel sottintendere le ambiguità del personaggio (Coppa Volpi alla 66ma Mostra del Cinema di Venezia).
Il film comunque va ben al di là di un semplice esercizio di stile, riuscendo non solo ad avvincere il pubblico, ma invitandolo anche a riflettere su certi anomali risvolti della psiche umana, drammaticamente in bilico tra essere e non essere.





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