Anche quest’anno la macchina da guerra De Laurentis-FilmAuro ha sfornato il consueto cinepanettone, Natale a Beverly Hills, invadendo le sale e facendosi scudo dagli attacchi di quei critici o spettatori non ancora uniformati alla massa, con gli incassi stratosferici e la medaglia di “film di interesse culturale nazionale” conferitagli in virtù di una legge assurda: senza attendere il consueto peana post mortem o rivalutazioni illuminate, lo sdoganamento è servito su un piatto d’argento.

A parlare con obiettività del film si rischia di passare per un intellettuale cinefilo legato al passato, incapace di capire i gusti del pubblico, mentre in realtà si vuole soltanto esprimere amore e rispetto per la settima arte, che tra le varie proposte può anche prevedere un prodotto “medio”, senza elevare ostentate volgarità a livello di stile, creando assuefazione e mancanza di qualsiasi considerazione critica.

Diretto da Neri Parenti, ha come trama (sceneggiatori:Parenti, Bencivenni, Saverni, Pondi, Logli) un esile canovaccio sul quale sono imbastiti due distinti episodi che si intersecano tra loro, un trito repertorio di equivoci e battute terrificanti, con i protagonisti, lungi dall’assumere la dignità di personaggi, figuriamoci di maschere, come una commedia esigerebbe, che si muovono come anonimi pupazzi mossi dai fili di una volgarità becera e stantia, odorosa di vecchie barzellette “alla Pierino”-

All’aeroporto di Los Angeles, Cristina (Sabrina Ferilli) incontra Carlo (Christian De Sica), che diciassette anni prima l’aveva abbandonata, incinta di sette mesi; non intende richiamarlo ai suoi doveri paterni, il figlio ha un padre putativo, l’irreprensibile Aliprando (Massimo Ghini). Quando Carlo verrà lasciato dall’anziana convivente che lo mantiene, i loro destini si incroceranno; la guardaspiaggia Serena (Michelle Hunziker) sta per sposarsi con Marcello (Alessandro Gassman), un romano che ha un ristorante a Los Angeles: l’incontro fortuito con Rocco (Gian Marco Tognazzi), vecchio compagno di scuola di Marcello, che si innamorerà di lei, creerà imbarazzanti situazioni.

Pur se Parenti riesce a tenere salde le redini (una volta toccato il fondo, c’è chi continua a scavare), l’atmosfera resta da insostenibile leggerezza del vuoto, senza alcun riferimento alla realtà o satira degli italici vizi, complice l’ambientazione oltreoceano, in un’atmosfera dorata ed irreale, tutta esibizione di marchi, volta a riempire gli occhi di vacua illusorietà. E’ triste vedere validi attori ridursi a pallide macchiette, a partire da De Sica (la sempre più notevole somiglianza con il padre crea imbarazzo), passando per Tognazzi (con toupet e assurdo accento milanese) e Gassman (coatto alla Infanti) che cercano, pateticamente, di rifarsi alle gesta paterne e finendo con Ghini, non sempre a suo agio.

La Ferilli riesce a dare un minimo di grazia al suo personaggio (tra battute pecorecce e deiezioni in faccia, sai che fatica…), mentre la Hunziker “recita” come negli spot televisivi, espressiva come un soprammobile. L’ unica valenza di merito che può attribuirsi al film è quella di uno stimolo a porsi finalmente degli interrogativi sulla cultura allo sbando nel nostro paese, in generale e cinematografica nello specifico, un discorso che prima o poi dovrà essere affrontato ed approfondito, a partire dal prevedere il cinema come materia di insegnamento nelle scuole, riscoprendone il valore didattico, come d’altronde avviene in molti paesi europei.

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