Pittsburgh, Pennsylvania. Una famiglia come tante, John (Russel Crowe), professore, Lara (Elizabeth Banks), donna in carriera, un bambino, Luke (Ty Simpkins), riunita al mattino per la colazione, la tranquillità interrotta dall’improvviso irrompere della polizia, munita di un mandato d’arresto per Lara, accusata dell’omicidio della sua capoufficio, con la quale aveva avuto un’accesa discussione la sera precedente.
Tutte le prove sono contro di lei, viene condannata e le possibilità d’appello si esauriscono negli anni, arrivando alla sentenza definitiva della Corte Suprema, con la consegna ad un carcere di massima sicurezza. John, che in tre anni ha continuato come meglio poteva il suo lavoro e a prendersi cura del figlio, fermamente convinto dell’innocenza della moglie, decide di attuare un piano d’evasione …
Remake di un film francese, Pour Elle (Fred Cavayé, 2008), The Next Three Days, scritto e diretto da Paul Haggis, alla sua terza regia (Crash; Nella valle di Elah) dopo gli ottimi risultati come sceneggiatore (A Million Dollar Baby), si rivela un film riuscito a metà, ovviando con l’ottima interpretazione di Crowe a varie incongruenze e discrepanze narrative, alla scarsa caratterizzazione dei personaggi secondari, Olivia Wilde in testa e breve cammeo di Liam Neeson a parte, che vanno ad aggiungersi ad una certa inverosimiglianza di molte situazioni e a qualche lungaggine.
La pellicola oscilla tra il thriller psicologico e l’action movie allo stato puro, una facilmente individuabile divisione in due parti, la prima, con qualche eccessiva virata al melodramma, è giocata sia nel mettere in campo una sottile, astuta, suspense disseminando ambiguità e dubbi sulla reale innocenza di Lara, sia, soprattutto, sulla visualizzazione della progressiva trasformazione di John, la cui personale visione del mondo comincia a sfaldarsi tra tanti interrogativi e dubbi morali. Eccolo allora giungere alla donchisciottesca conclusione che, non potendo veramente controllare alcuna parte della nostra vita, sia meglio scegliere di vivere unicamente una realtà costruita da noi, comportandoci da folli, ma uscendo dalla disperazione.
La seconda parte è la visualizzazione pratica di tale lotta contro i mulini a vento del sistema, l’evasione, gli inseguimenti (da brivido al riguardo, oltre che tecnicamente ineccepibile, una sequenza in autostrada), la fuga disperata in tre verso il Venezuela. Il contrasto tra la legge scritta nei codici, la sua, a volte, inefficienza pratica e un personale concetto di giustizia, già evidente, pur tra le righe, nel corso della narrazione, viene adeguatamente resa nel finale, solo apparentemente posticcio, tramite un montaggio parallelo, la famiglia ricongiunta e la scoperta della verità, vista in soggettiva, nell’ottica di un detective, con l’impossibilità però di provarla, complice il caso.
Se autorialità e blockbuster, parafrasando, appaiono spesso “l’una contro l’altro armati”, facendo avvertire la netta sensazione che Haggis sia più personale e “di polso” come scrittore che nella regia, mancando tale anelato congiungimento, resta comunque la percepibile professionalità nel realizzare il classico “buon prodotto” d’intrattenimento, attendendo per le prossime realizzazioni una più ferma caratterizzazione e conseguente forza empatica.





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