(Ufficio Stampa)

Chelles, Francia, un anno come un altro. L’adolescente Lucie (Justin Lacroix), dopo la morte della madre, vive col padre William (Benoit Poelvoorde), affetto da sclerosi multipla. Oltre a prendersi cura del genitore, la giovane tiene in piedi il bilancio familiare, costretta anzitempo ad una vita adulta, che la vede lavorare in una panineria, mentre William sembra essere tornato indietro nel tempo, tra spinelli e cibo spazzatura da consumare sdraiato sul divano a guardare film horror, quando non si dedica ai videogiochi online.

Lucie è dotata di una vivida immaginazione, trasferita sulle pagine di un libro che sta scrivendo, dando così vita a provvidenziali slanci vitalistici rispetto ad una realtà soffocante, che comunque le chiederà presto il conto, dall’addormentarsi per la stanchezza sui banchi di scuola, alla cotta per un compagno di classe, Etienne (Joseph Rozé), come lei preso pesantemente in giro dai coetanei per i suoi atteggiamenti “diversi”. Infine ecco la notizia da parte di una insegnante dell’aver provveduto a contattare un assistente sociale, perché si sinceri delle reali condizioni di vita in cui versano padre e figlia. I due dovranno quindi darsi da fare nel mettere su un convincente teatrino che illustri la loro esistenza “normale”…

Vincitore del Gryphon Award al Giffoni Film Festival 2023, sezione Generator + 16, Normale è un adattamento per il grande schermo dell’opera teatrale Monster in The Hall di David Greig, ad opera degli sceneggiatori Juliette Sales e Fabien Suarez, con la collaborazione del regista, Olivier Babinet. Mescolando adeguatamente gli stilemi del dramedy con quelli del teen drama viene messo in scena un particolare racconto di formazione che per l’intero arco narrativo, almeno sino al finale, riesce a mantenersi in equilibrio su quella fune lanciata tra i due estremi dell’immaginazione e del realismo.

All’interno di un arco temporale non del tutto definito, quindi emblematico tanto dell’universalità quanto dell’attualità dei temi trattati, Babinet circoscrive tramite “meditate” inquadrature l’ambiente proprio della città di Chelles, del tutto corrispondente a quello proprio dell’abitazione di William e Lucie, così come della struttura scolastica: “mondi a parte”, microcosmi delimitati dalla loro stessa esistenza, ripiegati su determinate convenzioni o abulici rituali, al cui interno persone come Lucie ed Etienne si prodigano, consapevolmente o meno, nel fare la differenza, agendo, sempre e comunque, “in direzione ostinata e contraria”.

L’una ritrova vitalità nello scrivere il suo diario/romanzo, le cui pagine si animano di un’esistenza parallela che le consente di conferire un senso alla consueta quotidianità, accettandone i suoi alti e bassi con una determinazione che travalica qualsiasi compatimento indotto o stimolato dagli scherni delle compagne di scuola; l’altro, pur alla ricerca di qualche escamotage che lo possa rendere “adeguato” al pensare comune, prova fondamentalmente ad essere se stesso, pagando il fio di una mancata integrazione in quella ordinarietà omologante incline a produrre odio e violenza nei riguardi di una qualsivoglia diversità, espressione di un personale modo di stare al mondo.

Ad avviso dello scrivente, riepilogando quanto scritto nel corso dell’articolo, il pregio essenziale di Normale, lodando le realistiche ed intense interpretazioni attoriali, cui va ad aggiungersi la valida caratterizzazione dei personaggi secondari, è far sì che fantasia e realtà mantengano una certa distanza tra i rispettivi mondi: la prima può andare a lambire i confini della seconda, ma senza prevaricarla, rendendola semplicemente più accettabile, in particolare per quanti sono in procinto di mettere in atto quei primi passi che li condurranno ad essere gli adulti di domani.

Anche se il finale, almeno a mio avviso, può apparire un po’ macchinoso e con qualche affanno, il film, per il tramite di una certa sensibilità, nonché di una soffusa delicatezza, riesce a restituire all’età dell’adolescenza tutta la sua contraddittorietà, andando a creare la visualizzazione di una particolare “terra di mezzo”: qui andranno a fronteggiarsi, quali eserciti l’un contro l’altro armati, due diversi stati d’animo, ovvero la volontà di divenire grandi e la paura che ciò possa avverarsi quanto prima, fino ad accettare il rituale turbinio esistenziale conferito dall’avvicendarsi scomposto di gioie ed ambasce, dando un senso alla quotidiana esistenza per via delle proprie azioni, intese a confermare la propria individualità quale opportuno modo d’essere.

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