Considerando come da martedì sera si rincorrano sui vari social media opinioni elargite a piene mani da vari sapienti del tutto ed esperti del nulla sul Festival di Sanremo 2025, mi unisco al coro con la mia voce stonata, offrendone una sintetica disamina: liturgico e letargico.
Aggiornamento al 14 febbraio, venerdì, quarta serata: l’andamento confessionale è stato piacevolmente interrotto dall’irrompere di Roberto Benigni, che pur annacquando la sua irriverenza (vedi l’intonazione politically correct de L’inno del corpo sciolto a gridare vendetta) non ha lesinato di adoperarsi in una satira tutto sommato pungente, pur all’ombra di una funzionale marchetta in vista del prossimo spettacolo che lo vedrà protagonista su Rai Uno. Ma più che un Benigni ex sulfureo poté una Geppi Cucciari in splendida forma, brillante, caustica, sapidamente sarcastica: perché non affidarle la direzione artistica del Festival o almeno la conduzione, se non entrambe?
Aggiornamento al 15 febbraio, sabato, serata finale: ha vinto Olly con Bastarda nostalgia; i Conti, almeno in termini di auditel, tornano, con gli interessi. Cinque somministrazioni giornaliere di oppiacei in soluzione concentrata, intesi ad assicurare un etereo nirvana, aduso a distaccarsi momentaneamente dalle problematiche nazionali e mondiali, non possono che fare bene. Poi da lunedì la porta del lisergico microcosmo si chiuderà fino alla prossima edizione e così potremo riprendere il consueto Carnevale, tra tante maschere e pochi volti, mirabilmente sospesi tra Molière e il Grand Guignol, citando in un sol colpo, rispettivamente, Pirandello e Pasolini. (Immagine di copertina: Digital News)






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