(Ufficio Stampa)

Fortunatamente vi sono ancora autori del calibro di Jean-François Laguionie, capaci di rivestire i film d’animazione, in questo caso Una barca in giardino (Slocum et moi), la sua ultima realizzazione, di “quella materia di cui sono fatti i sogni”, citando e adattando alla bisogna Shakespeare (La tempesta), il cui andamento narrativo, visualizzato per il tramite di disegni dal tratto leggero richiamanti la tecnica del carboncino e dell’acquerello, scorre fluidamente, ammantato da un’aura poetica ed onirica, nella prevalenza di toni intimistici e autobiografici. Questi ultimi vanno a manifestarsi nella rappresentazione dei ricordi inerenti ad un preciso momento della propria esistenza, quando, con l’infanzia ormai alle spalle, ci si avviava verso la nuova tappa dell’adolescenza, certo più complessa, considerando come il suo superamento vada a costituire idoneo traghettamento verso l’età adulta.

Mirabile l’avvio della storia, quando vediamo il sedicenne François, studente all’ Art Déco di Parigi, seduto di fronte al cavalletto, propenso ad offrire a noi spettatori, per il tramite della sua voce narrante e dei disegni nel dar corpo alle rimembranze, il ricordo di quanto accadde qualche anno addietro, nel 1949, quando, undicenne, viveva in una casa nei pressi del fiume Marna, con la madre Geneviève, casalinga, e il patrigno Pierre, rappresentante di commercio. La Francia era reduce dal Secondo Conflitto, i generi alimentari venivano ancora razionati, ottenibili per il tramite della tessera annonaria, ma la voglia di ricominciare iniziava a rendersi avvertibile, predisponendosi al futuro con uno sguardo nuovo. Se il rapporto di François con la madre rivelava una certa complicità, lo stesso non poteva dirsi riguardo quello col padre adottivo, uomo serio e di poche parole.

François e Pierre (Movieplayer)

Tutto però andava a mutare quando Pierre, con l’aiuto della consorte, dismetteva buona parte dell’orto-giardino per dare spazio a quanto intendeva realizzare da lì a poco, una fedele replica della barca a vela Spray, con la quale Joshua Slocum, primo navigatore in assoluto, aveva compiuto il giro del mondo in solitaria, dal 24 aprile 1895 al 27 giugno 1898… Diretto da Laguionie, coadiuvato nella sceneggiatura da Anik Le Ray, Una barca in giardino è in distribuzione nelle nostre sale da giovedì 13 febbraio, dopo essere stato presentato al 77mo Festival di Cannes (sezione Cinéma de la Plage ) e aver partecipato al Festival internazionale del film d’animazione di Annecy. Il regista mette in scena un suggestivo e per certi versi particolare racconto di formazione, che trae ulteriore forza immaginifica dalla colonna sonora opera di Pascal Le Pennec, volta a sottolineare determinate sequenze senza mai risultare invasiva.

Gli autori si mantengono distanti dalla a volte fin troppo consueta rappresentazione di una contrapposizione tra genitori e figli, quali “eserciti l’un contro l’altro armati”, offrendo invece risalto alla fantasia in guisa di sprone idoneo a superare determinate difficoltà esistenziali e, soprattutto, simboleggiando, con la costruzione di una barca che probabilmente non salperà mai, quanto possa essere rilevante coltivare un sogno e condividerlo con coloro che ci sono vicino, credendoci anch’essi (vedi il contrasto tra Pierre e il fratello Jean, propenso più ad assecondare la materialità del lavoro in atto che il suo simbolismo).Assumerà quindi importanza non tanto o non solo l’avverarsi di quanto anelato, ma in particolare la scoperta di sé, l’aver compreso, lungo il percorso intrapreso per la realizzazione dei propri intenti, ciò che si vorrebbe essere (il parallelismo tra la narrazione del viaggio di Slocum attraverso le pagine del libro letto dal ragazzino e le tappe di quest’ultimo inerenti alla crescita).

Geneviève e Pierre (Movieplayer)

L’esperienza necessariamente acquisita per François assumerà allora certo più  valore rispetto al raggiungimento o meno del prefissato traguardo, mentre per i genitori significherà aver intrapreso un viaggio che consentirà loro, evocando Proust, di guardare il mondo con occhi diversi. Andando a concludere, Una barca in giardino, produzione franco-belga, ad avviso del vostro amichevole cinefilo di quartiere, è un film da non perdere, raggiunge la classica quadratura del cerchio nel coniugare leggerezza e profondità, fino a ridestare quel fanciullino di pascoliana memoria che sicuramente ancora trova buon albergo in qualche angolo nascosto della nostra anima, così da far riaffiorare quelle sensazioni perdute tra i marosi della quotidianità, dando adito alla fantasia quale sinonimo di libertà e verità.

Già pubblicato su Lumière e i suoi fratelli-Cultura cinematografica e crossmedialità. Immagine di copertina: Movieplayer

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