
In distribuzione dallo scorso giovedì nelle sale italiane, La dégustation, scritto e diretto da Ivan Calbérac adattando la sua omonima opera teatrale del 2019, è una commedia romantica dalla piacevole resa visiva e coinvolgente dal punto di vista narrativo, con un buon lavoro di scrittura ed ottime interpretazioni attoriali, che non dimentica il realismo, offrendo spazio a varie problematiche inerenti alla società odierna. La vicenda prende il via in un paese della Francia, dove Jacques (Bernand Campan) gestisce con qualche difficoltà un’enoteca, segnato nell’animo da un evento doloroso accaduto anni addietro, che ha comportato la separazione dalla moglie. Dopo l’ennesimo malessere, conseguente all’annegare i triboli in qualche bicchiere di troppo, per quanto trattasi “solo di vino di qualità”, come obietta al medico che lo invita a darsi una regolata, il nostro sembra propenso a prendersi cura di sé, iniziando a frequentare un corso di recupero per alcolisti.

Qualcosa andrà a mutare nella consueta routine quando assumerà come aiutante il giovane Steve (Mounir Amamra), la cui provenienza da una comunità gli consentirà qualche agevolazione fiscale, ma soprattutto una volta che entrerà in negozio Hortense (Isabelle Carré) per comperare una bottiglia di vino da servire ad una cena offerta a dei senzatetto, cui offre assistenza per il tramite di un’associazione cattolica. Anche lei, professione ostetrica, sola, con una madre cui badare, ha dei trascorsi non certo felici e, probabilmente attratta da quell’uomo forse un po’ ruvido ma paziente e tutto sommato gentile, lo invita a riprendere l’organizzazione delle degustazioni…

Da inguaribile romantico “resistente”, mi sono lasciato coinvolgere da questa storia d’amore che va ad interessare due persone non più giovanissime, segnate in diverso modo dalla vita, che provano ad aggrapparsi a qualcosa che possa spronarle ad un qualche miglioramento esistenziale. Ecco allora l’accoglienza rivolta da Jacques a Steve, che va al di là delle citate agevolazioni fiscali, una volta che ne avrà constatato un minimo d’interesse, o la scelta di Hortense nel congelare gli ovuli, così da procedere all’inseminazione artificiale in Svizzera, lontano dagli occhi della rigida madre, per poter conoscere quella gioia conseguente al mettere al mondo una creatura, finora conseguita per interposta persona, in virtù del suo lavoro.

Calbérac, coadiuvato dalla fotografia di Philippe Guilbert, predilige inquadrature larghe, così da lasciare spazio alle interazioni tra personaggi all’interno dei vari ambienti. Si muove poi con una certa sensibilità nel descrivere il graduale sorgere di un sentimento, andando a visualizzare più di una similitudine con lo stappare una bottiglia di un buon vino d’annata, nella speranza che ognuno dei sentori conseguenti al sorseggio possa trovare buon albergo in una concreta armonia. La coppia Campan-Carré evidenzia una eccellente alchimia: ambedue mettono efficacemente in rilievo i caratteri dei propri personaggi, l’essere asprigno, scostante a tratti, di Jacques e l’amabilità di Hortense, donna determinata, che coniuga dolcezza, “romanticismo pratico” e una buona dose di ironia (encomiabile la sequenza in cui elargisce con nonchalance tutta una serie di doppi sensi riguardo i vari passi della degustazione).

Probabilmente qualcuno obietterà, a ragione, che la storia in sé non ha nulla di propriamente originale o caratterizzante, ma ad avviso dello scrivente La degustation è una di quelle realizzazioni in cui non è tanto rilevante il cosa si racconti ma il come, quindi la capacità registica e di scrittura volta a circoscrivere con eleganza ed una discreta compostezza formale, concedendo opportuno rilievo alle interpretazioni di ogni singolo attore, una situazione umana del tutto veritiera, che a volte può apparire “magicamente” sospesa in una sorta di “dimensione altra” (la sequenza finale, in uno spazio aperto, che sembra comprendere solo Jacques ed Hortense).

Nella descritta cornice, un uomo ed una donna, come scritto nel corso dell’articolo non più in giovane età, si affidano dunque alla forza propulsiva dell’amore, quale opportuna spinta volta a mutare i propri reciproci destini, arrivando a comprendere la piena portata della propria più intima essenza esistenziale, conferendovi, di conseguenza, una dimensione pressoché definitiva.
Immagine di copertina: Ufficio Stampa






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