Domenica 1 e lunedì 2 Novembre Rai Uno ha trasmesso le due puntate della fiction Pinocchio, scritta da Ivan Cotroneo e Carlo Mazzotta e diretta da Alberto Sironi. Cast quanto mai eterogeneo: Bob Hoskins-Geppetto, Alessandro Gassman-Collodi, Violante Placido-la Fatina, Luciana Littizzetto-Grillo Parlante, Maurizio Donadoni-Mangiafuoco, Margherita Buy- la maestra, Thomas Sangster -Lucignolo, Francesco Pannofino- il Gatto, Toni Bertorelli-la Volpe ed infine il dodicenne Robbie Kay-Pinocchio.
Come sostengono in molti, il libro Le avventure di Pinocchio andrebbe letto sfrondato da ogni interpretazione, per quanto valida, sociologica, pedagogica, psicoanalitica o addirittura religiosa per essere inquadrato essenzialmente in una dimensione di vivida scrittura al servizio di una ancor più vivida fantasia, espressione della più gioiosa libertà ed incoscienza, voglia di conoscere il mondo e di farsene beffa, con l’ingenuità propria di un fanciullo “grezzo”, come il ciocco di legno dal quale è venuto fuori, maturando man mano la consapevole necessità di divenire adulti, attraverso stadi evolutivi che prevedono fame, miseria, cattiveria umana, sofferenza, interventi salvifici da morte temporanea per poter rinascere a nuova vita.
La fiction affronta il tutto con toni da commedia, evita la pedagogia ma vi inserisce elementi sociologici e psicologici buoni per un salotto televisivo, con un capovolgimento dei ruoli: è più Geppetto ad evolvere come padre, con ovvi riferimenti all’attualità, che Pinocchio come bimbo responsabile, restando in fondo un ciocco di legno, gli manca l’anima, la materia di cui sono fatte le favole, parafrasando Shakespeare, quel misto di poesia e magia che qui è sacrificato lungo un percorso che si fa freddo, didascalicamente programmatico, tra omaggi al capolavoro di Comencini del ’72 (il burattino che diviene subito bimbo) e palesi riferimenti al Pinocchio disneyano (l’onnipresente grillo parlante, una Littizzetto decisamente fuori parte, la Fatina di Violante Placido, misto di ingenuità e candido erotismo, la trasformazione in ciuchi con le ombre sui muri), di cui mantiene l’apparente fedeltà al testo, con qualche libero adattamento, e la stessa piattezza incolore.
Hoskins appare sin troppo attonito (non si poteva trovare un attore italiano, magari con accento toscano?), la Buy si aggira spaesata, la figura di Collodi inserita per attuare un collegamento tra realtà e fantasia e viceversa appare alquanto forzata; infine riguardo Robbie Kay nei panni di Pinocchio, ho sperato che la sceneggiatura prevedesse che il pescecane fosse dotato di un veloce processo digestivo. Gli ascolti elevati? Forse bisognerebbe rivalutare l’indice di gradimento, tanti televisori accesi nello stesso momento non sempre è sinonimo di qualità.





Lascia un commento