Sabato 11 dicembre la direzione del Cinema Vittoria di Locri (RC) ha invitato la stampa locale presso la propria sala cinematografica per illustrare la nuova tecnologia di cui si è dotata, la proiezione tridimensionale. Attualmente risulta l’unico cinema in provincia ad offrire tale possibilità e il quinto in tutta la Calabria; gli occhialini in dotazione non sono del tipo “usa e getta”, a modalità passiva, bensì interagenti con le immagini proiettate, dotati di mini schermi a cristalli liquidi, quindi, dipendendo direttamente dall’impianto di proiezione, possono essere utilizzati solo in sala.
Tutto ciò mi offre la possibilità di esprimere il mio parere di semplice cinefilo, o appassionato di cinema che dir si voglia, sul “fenomeno 3D”, tecnologia ormai sempre più perfezionata e dominante negli “Anni Zero”, ma le cui origini possono farsi risalire almeno agli anni ’20, con una certa notorietà e diffusione negli anni ’50 (horror e sci-fi in particolare, ricordando, per pura curiosità, Delitto perfetto, Dial M for Murder, ’53, di Hitchcock) ed un timido tentativo di rilancio negli anni ’80 (ricordate Lo squalo 3-3d ?), semplificando al massimo per non tediare.
Distinguendo tra film girati interamente in stereoscopia e quelli in cui il 3D è aggiunto in fase di postproduzione, spesso ad effetto “farlocco”, anche e soprattutto considerando il sovraprezzo del biglietto, senza minimamente rinnegare i progressi tecnici mi sembra prematuro parlare di “nuova era cinematografica” o addirittura di sostituzione a breve termine del “normale” 2D.
Per quanti conservano “ricordi in bianco e nero” e ritengono quest’ultimo il vero colore del cinema, la vera emozione, quella che scaturisce dal cuore, non potrà essere messa in atto soltanto da una predeterminata volontà di stupire a tutti i costi: funzione primaria del cinema, quella dei suoi albori, è certo incantare e lasciarti a bocca aperta, ma non dimentichiamo che la fascinazione popolare messa in atto dalla Settima Arte è anche dovuta alla sua capacità di far vibrare le corde più profonde dell’animo umano, facendo sì che tra ciò che si visualizza sullo schermo e ciò che viene recepito ed elaborato dagli spettatori si instauri un affabulante gioco d’immedesimazione, al di là del puro artificio tecnico.





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