Ci lascia il regista e sceneggiatore Giorgio Capitani (Parigi, 1927), morto ieri, sabato 25 marzo, a Viterbo, cineasta forse sconosciuto ai più ma che si è sempre contraddistinto per una certa eleganza nel dirigere popolari commedie, spesso debitrici nella loro struttura narrativa alla pochade di scuola francese (Pane, burro e marmellata, 1977; Aragosta a colazione, 1979) e caratterizzate da una attenta sottolineatura delle interpretazioni attoriali, non disdegnando anche qualche incursione in diversi generi cinematografici quali il peplum (Ercole, Sansone, Maciste e Ursus gli invincibili, 1964) o il western (Ognuno per sé, firmato con lo pseudonimo George Holloway, 1968).
Il tutto senza dimenticare gli esordi, dopo un’attività di aiuto regista, nel melò (Delirio, 1954, codiretto con Pierre Billion, remake dell’omonimo film, Orage il titolo originale, per la regia di Marc Allégret, 1938), genere in cui Capitani offrì poi altre prove (Pescatore ‘e Pusilleco, 1954; Il piccolo vetraio, 1955; La trovatella di Milano, 1956) prima di dedicarsi come già scritto alla commedia (alternando riuscite realizzazioni ad altre più ordinarie, per quanto mai volgari) ed infine alla fiction televisiva.
In quest’ultimo settore portò al successo serie quali E non se ne vogliono andare! (1988, cui seguì un anno dopo E se poi se ne vanno?), Il maresciallo Rocca (1996-2005), Commesse (1999-2002), sempre contraddistinte da un taglio piuttosto accurato tanto nella messa in scena complessiva quanto nella direzione degli attori.





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