
Gli occhi azzurri di una donna e gli occhi azzurri di un gatto: la strega innamorata Kim Novak e il suo Cagliostro fissano conturbanti, affascinano, catturano. Il Torino Film Festival (24 novembre-2 dicembre) ha scelto questa immagine come simbolo della 35ma edizione perché riassume l’attrazione e il flusso seduttivo che il cinema esercita, un invito a lasciarsi andare, a immergersi in quegli occhi, in quei sogni, in quello schermo. Una strega in paradiso (Bell, Book and Candle, 1958) di Richard Quine, il film da cui è tratta, uno dei sei titoli proposti nella sezione dedicata ai gatti tramite la quale il festival si salda con la mostra Bestiale! Animal Film Stars che, inaugurata lo scorso 14 giugno, proseguirà fino all’8 gennaio al Museo Nazionale del Cinema: Il gatto milionario (Rhubarb, 1951), commedia demenziale di Arthur Lubin dove Orangey (Gatto in Colazione da Tiffany e vincitore di due PATSY Awards) eredita dall’affezionato padrone una fortuna e una squadra di baseball.
Alice nel Paese delle meraviglie (Alice in Wonderland, 1951, Clyde Geronimi, Hamilton Luske e Wilfred Jackson), il più eccentrico e uno dei migliori classici di Walt Disney, segnato dalla presenza surreale e dispettosa dello Stregatto a strisce rosa e fucsia. L’ombra del gatto (The Shadow of the Cat, 1961) dove una placida soriana si trasforma in spietata vendicatrice dopo aver assistito all’assassinio della sua padrona. Il film è diretto da John Gilling, piccolo maestro dell’horror britannico. Black Cat (1981), horror di ambientazione britannica nel quale Lucio Fulci prende spunto dall’immortale racconto di Poe e dal suo felino minaccioso per costruire un thriller a sfondo parapsicologico. Chat écoutant la musique (1990), dove Chris Marker riprende Guillaume‐en‐Égypte, uno dei suoi amatissimi gatti, mentre ascolta assorto Pajaro triste di Federico Mompou.





Lascia un commento