(FilmTV)

Presentato in anteprima come titolo di preapertura alla XX Edizione delle Giornate degli Autori nell’ambito dell’80ma Mostra internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, e trasmesso qualche settimana addietro dalla Rai all’interno di uno Speciale TG1 in occasione della ricorrenza del centenario dalla nascita, Italo Calvino, lo scrittore sugli alberi è un riuscito e coinvolgente documentario diretto da Duccio Chiarini, anche autore della sceneggiatura insieme a Sofia Assirelli.

La fascinazione narrativa che va a delinearsi nel corso della visione, al di là della classica alternanza tra materiale d’archivio, anche inedito (in particolare riguardo l’ambito familiare, i genitori e il rapporto con la moglie Esther Judith Singer, detta Chichita), immagini di repertorio ed interviste ad intellettuali ed artisti del nostro tempo, con il prezioso contributo della figlia di Calvino, Giovanna, si sostanzia, a parere dello scrivente,  nel riuscire a conferire una precisa “corporeità” tanto alla figura dell’ uomo che a quella dello scrittore.

Italo Calvino (Movieplayer)

Ecco allora lo sfaccettato ritratto di un intellettuale aduso ad inserirsi nel contesto politico-culturale del proprio tempo sostenendo un preciso e concreto impegno, “far uscire la letteratura dai panni stretti che aveva indossato”, prendendo a prestito un estratto dalla risposta alla domanda che gli aveva posto Carlo Bo, relativa alle ragioni per le quali “i nuovi narratori hanno dovuto attaccare la realtà con nuovi modi e nuove esigenze” (Sergio Pautasso, 900, Marzorati Editore Milano, 1982).

Un impegno che andrà ad assumere differenti vesti nel corso della sua attività e della propria vita privata, sempre però mantenendo una certa concretezza nel sostenere il basilare assunto che chi scrive, nel prendere contatto con la realtà, gli eventi storici, gli uomini che ne sono protagonisti, deve comunque seguire le proprie idee ed intuizioni creative, anche assumendo al riguardo diverse prospettive, fino a “guardare le cose vicine come fossero lontanissime e quelle lontane vicine”.

A tale riguardo, gli autori del documentario individuano un punto di contatto tra Calvino e  Cosimo Piovasco di Rondò, protagonista del suo romanzo Il barone rampante, 1957, secondo capitolo della trilogia I nostri antenati, preceduto da Il visconte dimezzato, 1952, e seguito da Il cavaliere inesistente, 1959: se il dodicenne rampollo di una nobile famiglia in quel di Ombrosa, Liguria, dopo essersi rifiutato di mangiare un piatto di lumache, andava a rifugiarsi su un albero del giardino dichiarando di volervi restare vita natural durante, così lo scrittore, già partigiano e iscritto al PCI, andava a dimettersi dal partito, tra il ’56 e il ’57, una volta vista reprimere nel sangue, ad opera dell’Unione Sovietica, l’insurrezione pacifica di Budapest, nella volontà di porsi ad una distanza maggiore dalla contingenza politica. Un nuovo modo di stare al mondo, “essere fuori ma essere dentro”, un inedito punto d’osservazione nel prendere le distanze ma partecipando ugualmente alla vita. 

Così come Cosimo dalla sua posizione si produceva nel dare vita a molte cose utili per la conoscenza, egualmente Calvino, pervaso da un “allegro furore conoscitivo” tra metamorfosi e arricchimento, alimentato dalla frequentazioni di città quali Parigi o New York, rendeva alla letteratura l’originaria potenzialità di estendere i confini del narrabile, nella complementarietà di realismo e fantastico, cultura scientifica e letteraria, avallando il puro piacere del racconto, consapevole, quindi, della necessarietà di attingere ad altre fonti per descrivere ciò che della realtà quotidiana e dei rapporti tra gli uomini stava volgendo ad un rapido cambiamento: “L’arte di scriver storie sta nel saper tirar fuori da quel nulla che si è capito della vita tutto il resto; ma finita la pagina si riprende la vita e ci s’accorge che quel che si sapeva è proprio un nulla”. (da Il cavaliere inesistente, 1959). 

Italo Calvino, lo scrittore sugli alberi, andando a concludere, è un’opera complessivamente apprezzabile, in quanto, pur nella sua evidente classicità, riprendendo quanto scritto nel corso dell’articolo, riesce ad offrire un ritratto dello scrittore mai pedante o didascalico, attingendo dalla sua vita come dalle sue opere nel porre in scena un simbiotico legame tra quotidianità e letteratura, offrendo in definitiva concreta visualizzazione a quanto Calvino enunciava tra le pagine del libro Lezioni americane. Sei proposte per il nuovo millennio, pubblicato postumo nel 1988: “Se volessi scegliere un simbolo augurale per l’affacciarsi al nuovo millennio, sceglierei questo: l’agile salto improvviso del poeta- filosofo che si solleva sulla pesantezza del mondo, dimostrando che la sua gravità contiene il segreto della leggerezza, mentre quella che molti credono essere la vitalità dei tempi, rumorosa, aggressiva, scalpitante e rombante, appartiene al regno della morte, come un cimitero d’automobili arrugginite.

3 risposte a “Italo Calvino, lo scrittore sugli alberi”

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