
I tre moschettieri di Alexandre Dumas (padre), nasce come feuilleton pubblicato a puntate sul quotidiano parigino Siecle, dal 14 marzo al 14 luglio del 1844, Les trois mousquetaires, cui seguirono Vent’anni dopo (Vingt ans après,1845) e Il visconte di Bragelonne (Le Vicomte de Bragelonne, 1848-1850), avvincendo più di una generazione grazie ad un felice estro narrativo, volto a far uso della Storia sia in guisa di sfondo, sia per conferire valida patina di plausibilità ad ogni iperbole presente lungo il corso del racconto.
Da ricordare al riguardo l’apporto, troppo spesso dimenticato, di Auguste Maquet nell’aiutare Dumas relativamente al piano generale dell’opera, alla documentazione storica e alla stesura della bozza iniziale. Logico che il cinema provvedesse alla visualizzazione di pagine tanto ricche di ritmo, avventura, romanticismo, intrighi, facendone mano a mano uno dei romanzi più trasposti sul grande schermo.
Si possono ricordare, tra gli altri, il cortometraggio del 1921 diretto da Mario Caserini o, nello stesso anno, la pellicola che vedeva nei panni dell’intrepido guascone Douglas Fairbanks, per la regia di Fred Niblo, anche se la mia memoria di cinefilo va subito all’elegante versione del 1948, per la regia di George Sidney, con, tra gli altri, Gene Kelly nel ruolo di D’ Artagnan e Lana Turner perfida e sensuale Milady, per poi unirsi a quella del fanciullino che ogni tanto riemerge nel rammentare il divertimento in sala, pargoletto di sei anni, con la trasposizione scanzonata, dissacrante, ma piuttosto fedele al testo originario, di Richard Lester, 1973.
Nel 2023 i nostri intrepidi eroi hanno ripreso a parlare francese, in virtù di un rilevante progetto cinematografico avviato nel 2020, una coproduzione che ha visto coinvolte Francia, Germania, Spagna e Belgio per dare vita ad un adattamento ad opera degli sceneggiatori Matthieu Delaporte e Alexandre de La Patellière su regia di Martin Bourboulon.
Quanto girato, per sei ore complessive di durata, a quanto appreso da alcune fonti, venne poi ridimensionato in due lungometraggi, I tre moschettieri- D’Artagnan, uscito lo scorso anno, e I tre moschettieri-Milady, in sala dal 14 febbraio. Contemporaneamente alla distribuzione dei film sono stati editi due romanzi e altrettanti manga, basati sulla sceneggiatura originale, gli uni curati da Christine Féret-Fleury per la prima opera e da Maxime Fontaine per la seconda, gli altri invece vedono Néjib ai testi e Cédric Tchao autore dei disegni (editi nel nostro paese da Gallucci). In questo articolo proverò quindi ad individuare il fil rouge che lega le differenti realizzazioni, soffermandomi in particolare sulla diversa resa nel passaggio dalla visualizzazione sullo schermo a quella affidata invece alla scrittura e al disegno.
Riguardo la versione filmica, che ho inteso considerare nel suo complesso, come fosse un’opera unica suddivisa in due parti, ne ho apprezzato in primo luogo la contestualizzazione storica. Siamo nella Francia del 1627, guidata dal re Luigi XIII (Louis Garrel) e dalla regina Anna d’Austria (Vicky Krieps), alla vigilia di una nuova guerra di religione tra cattolici e protestanti.
Il dissidio porterà all’assalto di una delle roccaforti di quest’ultimi, La Rochelle, la cui resistenza è sostenuta dalla Corona d’Inghilterra per il tramite del Duca di Buckingham (Jacob Fortune-Lloyd), amante della regina. Il tutto contornato da oscure trame di corte ordite dal Cardinale Richelieu (Eric Ruf), che può contare sull’aiuto di Milady (Eva Green), spia dal fascino letale, macchinazioni cui partecipa anche il fratello del re, Gaston (Julien Frison). Se nella prima parte si vanno a stagliare le caratteristiche comportamentali e psicologiche dei personaggi, a partire dall’irruento ma ingenuo guascone del titolo (François Civil) e proseguendo con lo stanco e disilluso Athos (Vincent Cassel), il gaudente Porthos (Pio Marmaï) e il raffinato Aramis (Romain Duris), offrendo poi particolare risalto ad una Milady combattente astuta, consapevole del suo fascino e di come utilizzarlo al meglio, impersonata con forte resa immedesimativa da Eva Green, nella seconda assistiamo alla loro evoluzione caratteriale nel fronteggiare accadimenti e situazioni che vanno a legarsi tanto alla storia personale che a quella collettiva.
Ecco allora, per esempio, D’Artagnan che nella ricerca del suo idolatrato amore Constance (Lyna Khoudri), una volta appreso che la fanciulla è stata rapita, andrà a perdere tanto quella sorta di purezza primigenia quanto la spavalda spensieratezza, mentre Athos dovrà fare i conti coi fantasmi del passato e Milady si rivelerà essere “cattiva con un motivo”. Evidente un riuscito lavoro sinergico tra fotografia (Nicolas Bolduc), scenografia (Stéphane Taillasson, che valorizza le location naturali), costumi (Thierry Delettre), colonna sonora (Guillaume Roussel) e la regia di Bourboulon, con i duelli ripresi in piano sequenza e il frequente uso della macchina a mano.

Si offre così allo spettatore una realistica visione immersiva, rendendolo partecipe di gesta ed emozioni, miscelando realismo (vedi la fotografia che “sporca” l’immagine di una patina polverosa, evitando cromie luccicanti anche all’interno della reggia) e un sano senso dell’avventura, alternando in nome dell’intrattenimento tout court modernità e tradizione.
Condensando l’opera di Dumas ne viene comunque mantenuta intatta l’essenza da feuilleton, riprendendone l’originaria impostazione a puntate, ora modernizzata nel dare visualizzazione al classico cliffhanger e allo “spiegone” riassuntivo nel procedere alla parte successiva, prendendo a recente esempio i blockbuster superomistici americani, offrendo quindi spazio ad una possibile trilogia di un inedito Dumasverse, come molti lo hanno già definito.
Andiamo ora ai due romanzi, che, come già scritto nel corso dell’articolo, sono tratti direttamente dalla sceneggiatura originale dei rispettivi film e quindi ne ricalcano l’andamento narrativo. Pur nella diversità degli autori, lo scorrere delle pagine di entrambi i tomi riesce nell’intento di scatenare la fantasia dei più giovani nel cavalcare lungo il sentiero di una palpitante avventura, rendendo sempre più insinuante il serpeggiare dei loschi intrighi che D’Artagnan e compagni cercheranno di svelare, nella confluenza tra vicende personali e Storia. Anche qui appare piuttosto efficace il senso offerto di una ben raffigurata situazione storica, così come è riuscita la caratterizzazione dei vari personaggi.

Il tutto sempre da circoscrivere nell’ambito dell’invenzione di situazioni e accadimenti all’interno di un ambito realistico, rendendo chiaramente avvertibile, almeno a mio avviso, quel piacevole sentore di un ponte sospeso tra immaginazione e tangibilità terrena propria dei romanzi d’origine. Identiche sensazioni mi ha suscitato la lettura dei manga, con i bei disegni di Tchao, dai tratti essenziali, marcati, con un suggestivo posizionamento delle vignette nei loro caratteristici tagli e peculiari inclinazioni, ad assicurare un funzionale dinamismo.
Piuttosto ricercata anche l’attenzione rivolta ai particolari e d’impatto i primi piani rivolti agli sguardi dei personaggi, già di per sé piuttosto ben caratterizzati nei loro atteggiamenti comportamentali, con una particolare menzione per quelli di Athos e, soprattutto, Milady, rimarcando inoltre l’adeguata dimensionalità profusa nel conferire emozionalità dinamica all’azione, tra duelli e scontri corpo a corpo (come quello che vede coinvolto il guascone con l’ammaliante spia e non solo a fil di spada…).
Valido anche il lavoro di scrittura, che assicura una certa scorrevolezza narrativa, offrendo dei dialoghi di normale fruibilità. Anche i manga si segnalano dunque come buona realizzazione nel loro settore, rivolgendosi precipuamente ai più giovani, che potranno così mettere in atto, ci si augura, un avvicinamento ai testi d’origine, magari sospinti da un minimo di sana curiosità.
Il fil rouge tra i diversi adattamenti nello loro differenti forme, di cui si è precedentemente accennato, lo si può rinvenire, andando a concludere, nel poter rinvenire in ognuno di essi una sottesa fedeltà allo spirito proprio di Dumas, per il quale la Storia non era altro “che un chiodo al quale appendere le trame dei romanzi”, come ricorda Francesco Perfetti nell’introduzione a I tre moschettieri e Vent’anni dopo (Grandi Tascabili Economici Newton, 1993).
Già pubblicato su Lumière e i suoi fratelli
Fonte immagine di copertina: Wikipedia, illustrazione di Maurice Leloir






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