Così giunsi ai giorni della Resistenza

senza saperne nulla se non lo stile:

fu stile tutta luce, memorabile coscienza

di sole. Non poté mai sfiorire,

neanche per un istante, neanche quando

l’Europa tremò nella più morta vigilia.

Fuggimmo con le masserizie  su un carro

da Casarsa a un villaggio perduto

tra rogge e viti: ed era pura luce.

Mio fratello partì, in un mattino muto

di marzo, su un treno, clandestino,

la pistola in un libro: ed era pura luce.

Visse a lungo sui monti, che albeggiavano

quasi paradisiaci nel tetro azzurrino

del piano friulano: ed era pura luce.

Nella soffitta del casolare mia madre

guardava sempre perdutamente quei monti,

già conscia del destino: ed era pura luce.

Coi pochi contadini intorno

vivevo una gloriosa vita di perseguitato

dagli atroci editti: ed era pura luce.

Venne il giorno della morte

e della libertà, il mondo martoriato

si riconobbe nuovo nella luce ….

Quella luce era speranza di giustizia:

non sapevo quale: la Giustizia.

La luce è sempre uguale ad altra luce.

Poi variò: da luce diventò incerta alba,

un’alba che cresceva, si allargava

sopra i campi friulani, sulle rogge.

Illuminava i braccianti che lottavano.

Così l’alba nascente fu una luce

fuori dall’eternità dello stile …

Nella storia la giustizia fu coscienza

d’una umana divisione di ricchezza,

e la speranza ebbe nuova luce.

(La Resistenza e la sua luce, sezione La ricchezza (1955-1959) della raccolta La religione del mio tempo, Garzanti, 1961, ora, fonte PPP. Pier Paolo Pasolini Centro Studi Casarza della Delizia, in P.P.Pasolini, Tutte le poesie, a cura di W.Siti, vol. I, Meridiani Mondadori, Milano 2003, pp.944-947).

Immagine di copertina: PROPOLI87, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons

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