
Opera seconda di Nessim Chikhaoui (l’esordio risale al 2022, Placés), anche autore della sceneggiatura insieme a Helène Fillières, Uno sciopero a 5 stelle rivela nel corso della visione come sia possibile realizzare una pellicola che tragga ispirazione da eventi reali, trasmutando quest’ultimi nelle forme di una riuscita commedia dai risvolti drammatici, guardando con attenzione al sociale senza dimenticare l’ironia e un tocco di sana leggerezza. Il tutto in virtù di un attento lavoro di scrittura, congiunto ad una regia idonea ad offrire risalto con gradualità a determinate situazioni o accadimenti, così da porre in evidenza la difficile realtà, personale, familiare, lavorativa, in cui versano le cameriere addette alla pulizia all’interno di un lussuoso hotel in quel di Parigi.
In particolare Chikhaoui ci presenta le protagoniste sia nella loro individualità che nell’ambito di una compiuta coralità, nel porre in essere congiuntamente quelle azioni che potrebbero portare ad un miglioramento delle condizioni occupazionali, circoscrivendone la ritualità quotidiana nell’ambito di un’evidente disparità di trattamento, umano ed economico, dai contorni discriminatori quando non razzistici.
La narrazione prende spunto dal movimento delle Kellys, le cameriere spagnole che nel 2017 diedero vita ad una serie di proteste, denunciando turni di lavoro massacranti e la discriminazione tra quante assunte direttamente o per via interinale, cui seguirono quelle delle colleghe dei parigini Park Hyatt Vendôme (2018, 87 giorni di sciopero per giungere ad un accordo) e Ibis Batignolles (22 mesi di sciopero per ottenere un miglioramento delle condizioni lavorative).

Ad introdurci nel mondo delle “piccole mani” (Petites mains, titolo originale), 45 minuti per pulire una camera, tra penuria di mezzi quali gli aspirapolvere e depauperazione dei diritti in confronto a quelli assicurati al personale assunto direttamente, è la ventiduenne Eva (Lucie Charles-Alfred), chiamata via agenzia dall’Ibis per sostituire la collega aderente allo sciopero indetto per trattare migliori condizioni d’impiego, il cui picchetto è proprio all’entrata della struttura.
Alle dipendenze di Agnès Simon (Mariama Gueye), capo del personale, la giovane andrà presto a conoscere le altre compagne di lavoro: Simone (Corinne Masiero), la più anziana della squadra, cui dovrà fare riferimento per apprendere le varie mansioni, Safiatou (Marie-Sohna Condé), Violette (Salimata Kamate) e Aïssata (Maïmouna Gueye).

Ne condividerà problematiche ed aspettative, fino a costituire nel corso dei giorni un gruppo affiatato e combattivo, tanto da organizzare, per porre risalto alla protesta in atto, che ha già subito l’intervento della polizia, una Settimana della moda, una sfilata che vedrà le sfruttate lavoratrici contrapporre al lusso ostentato e alle imposte diversificazioni sociali una gioiosità tale da rendere l’ironia un inedito strumento di lotta, ovvero, per dirla con Romain Gary, “una dichiarazione di dignità. L’affermazione della superiorità dell’essere umano su quello che gli capita”.
L’attenzione di regia e scrittura nel corso dell’arco narrativo si sofferma su tre personaggi precipuamente, emblematici nel rappresentare determinate problematiche, visualizzati sia nella vita privata che in quella lavorativa, ricercando figurativamente un efficace contrasto tra le loro condizioni esistenziali e il lusso della struttura in cui lavorano. La giovane Eva, aperta, gioviale, vive in una modesta stanza all’interno di una pensione, senza bagno, che è in comune, sul pianerottolo, fino a quando non verrà messa alla porta causa un mese di ritardo nel pagare l’affitto.
Troverà ospitalità a casa di Simone, burbera, brontolona, la schiena dolorante dopo anni di lavoro (oltre a alle pulizie in hotel, provvede anche a quelle relative ad una scuola di ballo), che, arrivata a sessant’anni, teme il sopraggiungere della pensione, ad annunciare un lungo periodo di inattività; Safiatou, immigrata col permesso di soggiorno da rinnovare, il marito disoccupato, i figli e l’anziana madre cui badare.
Tutte e tre sono al classico giro di boa delle loro vite, Eva potrebbe ancora essere in tempo a migliorare la propria situazione, spinta proprio da Simone, che andrà presto a capire, giocoforza, come, per quanto necessario mezzo di sussistenza, il lavoro non possa essere l’unico motore delle vicende umane, mentre Safiatou rinverrà proprio nella famiglia un’ulteriore spinta a lottare, rafforzando quella già espressa dal legame solidaristico che si è venuto a creare con le compagne di lavoro nel fare fronte comune contro le lagnanze espresse da Agnès, loro superiore, soprattutto nei confronti di Aïssata e Violette.
Pur ligia alle regole (dal diniego del croissant a colazione al mancato inserimento tra gli invitati alla cena di Natale), il capo del personale rivelerà in qualche occasione una certa umanità, sopraffatta anch’essa da un sistema che impone restrizioni e rigide classificazioni sociali, vedi il pensionamento anzitempo di Simone, rivelatasi improvvisamente l’anello debole della “catena di montaggio”. La donna, una volta ricevuto il benservito, le rammenterà duramente i propri trascorsi (“cagna da guardia, fai bene il tuo lavoro, ma non dimenticare da dove vieni”).
Uno sciopero a 5 stelle, contornato da una fotografia nitida e “pastellosa” (Jean-Marc Fabre), si rivela dunque una realizzazione complessivamente gradevole, ben diretta, scritta ed interpretata (Lucie Charles-Alfred e Corinne Masiero in particolare, a mio avviso), per quanto la descrizione di ambienti, situazioni, nonché la caratterizzazione dei personaggi, appaia volta al rapido tratteggio. Nonostante ciò, permane una consistente profondità relativamente alla rilevanza delle tematiche affrontate, avallando emotività ed umorismo nel dare comunque visualizzazione a varie situazioni di stortura sociale.
Nel rimarcare anche i problemi relativi all’immigrazione nell’ambito di un paese in apparenza aperto all’accoglienza, affiancandoli alle tematiche dell’autodeterminazione femminile e di un capitalismo disumano nel suo ostentato e feroce neoliberismo, la lotta e l’ impegno civile assumono sfumature pop, come credo notato da molti, un modo comunque efficace per fare conoscere le ambasce di un mondo invisibile ai più, che si adopera silentemente per gli altri e, spesso, per garantire un futuro diverso, se non migliore, alla propria prole.
Immagine di copertina: Ufficio Stampa; Albertine Productions, Prima Vista Films ©






Lascia un commento