(Movieplayer)

Libero adattamento del romanzo Vineland (Thomas Pynchon, 1990), ad opera di Paul Thomas Anderson, regista e sceneggiatore, Una battaglia dopo l’altra si è rivelato un film visivamente affascinante ed emotivamente coinvolgente riguardo lo sviluppo narrativo, la cui frammentazione mi è parsa funzionale al succedersi degli accadimenti, sostenuta da un valido lavoro di montaggio (Andy Jurgensen), nonché da un felice apporto delle musiche di Jonny Greenwood. Se il testo d’origine individuava lo svolgimento dell’azione nell’ambito di un delimitato arco temporale, l’America degli anni ’60 e poi quella che vedeva Ronald Reagan conseguire il secondo mandato presidenziale, Anderson invece evita ogni riferimento ad epoche ben precise.

Quanto rappresentato sullo schermo è un qualcosa che potrebbe verificarsi in una qualsiasi era, all’interno di un sistema incentrato sull’assolutismo politico, contornato da un ostentato suprematismo etnico e un millantato avallo religioso, contro il quale si ergono movimenti di lotta, volti a porre in essere azioni di fastidio nei confronti di un potere militarizzato nel gestire un generalizzato controllo, piegando ai propri distorti ideali qualsivoglia residuo d’umanità. Ecco allora una sorta di prologo introduttivo, con il gruppo French 75 intento ad un’azione di liberazione degli immigrati detenuti all’interno di una struttura-lager in California.

Teyana Taylor (Movieplayer)

Tra i rivoluzionari, che organizzano anche assalti dimostrativi nelle banche o nei centri di potere,  risaltano le gesta di Perfidia Beverly Hills (Teyana Taylor) e Pat Ghetto Calhoun (Leonardo DiCaprio), che diventeranno presto amanti, anche se su di loro andrà a gravitare l’ombra molesta del monolitico capitano Steven J. Lockjaw (Sean Penn), razzista fino al midollo ma fortemente attratto dalle donne di colore. Infatti tra il milite e la rivoluzionaria si instaurerà un ambiguo rapporto, in particolare quando la donna verrà sorpresa nel piazzare una bomba all’interno di un edificio. Perfidia metterà al mondo una bambina, Charlene, ma non intenderà sacrificare la lotta per dedicarsi a lei, come le suggerisce Pat, incontrando nuovamente sulla sua strada il perfido Lockjaw, che le propone un patteggiamento.

Leonardo DiCaprio (Movieplayer)

Sedici anni più tardi, con Perfidia data per morta, Pat e Charlene (Chase Infiniti), ora Bob e Willa Fergunson, vivono a Baktan Cross. Del combattente di un tempo non resta che un residuo ectoplasmatico, drogato e avvinazzato, almeno fino a quando  Lockjaw, promosso colonnello per “meriti razzistici” e pronto a far parte di una società segreta di estrema destra, Christmas Adventurers Club, non tornerà a farsi vivo…Anderson rielabora e fa propri gli stilemi tipici del cinema della New Hollywood, a partire dalla fotografia “granulosa” (opera sua, insieme a Michael Bauman) e continuando con le riprese delle scene d’azione, in particolare le sequenze inerenti gli inseguimenti automobilistici (mirabile tra questi quello che ci accompagna verso il finale), non dimenticando di volgere intensi primi piani ai protagonisti, catturandone ogni onda emozionale.

Rimarchevole poi l’abilità nel mescolare più generi, dall’ action al thriller, con disinvoltura e meticolosità, o l’alternarsi, a volte straniante, di satira e sarcasmo (la password dimenticata da Pat per accedere all’aiuto dei vecchi compagni di lotta, ad esempio). Va quindi in scena una crepuscolare ballata intesa ad illustrare il nostro presente, la scarsità di qualsivoglia ripercussione positiva che su quest’ultimo abbia potuto esternare un passato anche recente ed infine un barlume d’inedita prospettiva per l’avvenire, affidato alle giovani generazioni, alla loro volontà di dare vita ad un futuro che, azzerando tutto, possa realizzare la nascita di una nuova umanità, dove i valori della condivisione e dell’eguaglianza diversificante trovino definitiva affermazione.

Teyana Taylor e Sean Penn (Movieplayer)

Mi ha particolarmente affascinato anche la caratterizzazione dei personaggi, in quanto Anderson, potendo contare su eccellenti  interpretazioni attoriali, riesce a definirli in una cornice di vivida umanità, con qualche contrappunto ironico, senza sconfinare nel caricaturale. Ecco allora il granitico milite Lockjaw, reso in tutta la sua ottusità ideologica, come nella rappresa ambiguità, da un Sean Penn in gran spolvero. Un uomo anabolizzato  da una concezione esistenziale retriva, la cui umanità repressa tende a venir fuori con modalità per lo più passive, indotte (il rapporto sessuale con Perfidia), a voler giustificare l’indietreggiare nei confronti del ferreo credo cui aderisce in guisa di stolido automa.

Chase Infiniti (Movieplayer)

Perfidia, l’eccellente Teyana Taylor, combattente e militante apparentemente tutta d’un pezzo, non tarda molto a mutare l’intensità del suo ruggito ferino, assecondando un “mescolamento pratico” tra due differenti modelli esistenziali. E poi vi è il buon Pat, cui DiCaprio offre una sottile ironia, felicemente sottotono nel dare spazio alla disillusione propria di chi voleva cambiare il mondo e si è visto invece dal mondo cambiato, citando il Nicola Palumbo (Stefano Satta Flores) di C’eravamo tanto amati (Ettore Scola, 1974), preservando la purezza degli ideali di un tempo per il tramite della figlia, che vorrebbe tenere distante dalla lordura della quotidianità. Interessante anche il personaggio delineato da Benicio Del Toro, Sensei Sergio St. Carlos, guerrigliero aduso a combattere le storture del sistema sotto mentite spoglie.

La vera rivoluzione, sembra suggerire Anderson, andrà a consistere nel ricercare, sempre e comunque, una buona causa per cui lottare, “una battaglia dopo l’altra”, pescando nel torbido delle derive autoritarie del potere costituito, universalmente considerato, pronto ad eliminare quanti rappresentino un ostacolo al proprio suprematismo, etnico, ideologico, ma spesso palesemente  incapace di giudicare se stesso, contraddizione con la quale convive e di cui si nutre per continuare ad esistere, affermando la propria supremazia celandosi dietro il rispetto della legge e dell’ordine.

Benicio Del Toro (Movieplayer)

Occorrerà allora tenere accesa la fiaccola della speranza, preservandone lo spegnimento causato dal soffiare imperterrito dei venti di una fallace libertà, costruita quest’ultima sulla sabbia di un progresso tecnicistico e consumistico, lontano da qualsivoglia evoluzione propriamente umana. Un gesto di ribellione che in definitiva ci rammenti la necessità e l’urgenza di riconsiderare la nostra comune condizione esistenziale di persone tout court, soppiantando rigidi parametri d’appartenenza, ideologici, fideistici o inerenti la propria sfera individuale. Grazie, Anderson.

Immagine di copertina: Leonardo DiCaprio (Movieplayer)

Una replica a “Una battaglia dopo l’altra”

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