Anche un uomo puro di cuore che recita ogni sera le sue preghiere può divenire un lupo quando l’aconito è in fiore e la luna piena d’autunno splende luminosa”, recita una voce fuori campo all’inizio di Wolfman. Autore dei bei versi è Curt Siodmark, omaggiato nei credits, sceneggiatore nel ‘41 de L’uomo lupo, il cui canovaccio viene ripreso dagli sceneggiatori D. Self e A. K. Walker per la regia di Joe Johnston. Nell’Inghilterra vittoriana, a Blackmoor, piccolo paese poco lontano da Londra, ritorna, dopo molti anni, Lawrence Talbot (Benicio Del Toro), attore teatrale.

Ha ricevuto una lettera da Gwen (Emily Blunt), promessa sposa di suo fratello Ben, preoccupata per la sua assenza, che si protrae da giorni. Lawrence si confronterà con la sovrastante figura paterna, Sir John (Anthony Hopkins), e con tristi ricordi, la notte in cui rinvenne la madre morta con la gola squarciata o gli anni in cui fu rinchiuso in manicomio per volere del padre, preoccupato per la sua salute mentale. Ben è stato rinvenuto cadavere, in un fosso, divorato da una misteriosa creatura, solita aggirarsi nei pressi della tenuta dei Talbot nelle notti di luna piena.

Il sospetto va agli zingari accampati ai margini del bosco e Lawrence una sera si reca presso di loro, per indagare. Ma è il plenilunio e la creatura compare all’improvviso, sbranando chiunque abbia davanti, mordendo lo stesso Lawrence. Salvato dalla zingara Maleva (Geraldine Chaplin), sarà l’inizio della tragedia, contagiato si muterà in una creatura a metà tra uomo e lupo assetata di sangue, braccato da un detective (Hugo Weaving) di Scotland Yard verrà internato in manicomio, dal quale fuggirà, scoprendo infine la causa di tanto orrore e trovando la morte, unica speranza di salvezza, per mano della persona amata.

L’Universal rilegge il suo classico in chiave spettacolare e splatter, tra rispetto ed omaggio alla messa in scena essenziale del citato originale (la cui storia si svolgeva però nel presente) e quella fosca e barocca della casa di produzione inglese Hammer, alle quali si rifà anche il look della bestia, opera di Rick Baker. Curiosi poi il letterale richiamo a Il mistero del Tibet, ’35, e il ricalco da Un lupo mannaro americano a Londra, ’81, dell’uomo lupo che semina panico nella City londinese.

Diretto senza particolari guizzi, con una bella fotografia (S. Johnson), che esalta l’atmosfera gotica ed i costumi di Milena Canonero, e ottime interpretazioni di Del Toro, amleticamente dolente, e di Hopkins, compiaciuto gigione, con personaggi femminili degni di migliore valorizzazione, presenta un plot narrativo pesante e farraginoso, per varie sostituzioni di regista e sceneggiatori.

Troppi gli spunti, pur interessanti, per un pieno coinvolgimento emotivo: la struttura da tragedia shakespeariana, un complesso di Edipo che confluisce in una lotta all’ultimo morso, l’amore trattenuto dalla rigida morale vittoriana e la libera ferinità, la psichiatria dai metodi sperimentali e punitivi.

Pienamente godibile, il film ha dalla sua il coraggio di lasciare intatto il mito del lupo mannaro come essere maledetto, in lotta con la bestia che è in lui, tra violenza e pulsioni represse, tragica figura di solitario emarginato, che cerca di dare un senso alla sua triste e combattuta dualità, lontano da virtuosismi visivi o alleggerimenti soap stile Twilight.

7 risposte a “Wolfman”

  1. Mi fa piacere che Milena Canonero sia ancora in attività, se non erro fu lei la costumista di un grande classico moderno, il bellissimo “Ladyhawke”, un film perfetto fino agli ultimi tre minuti.

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    1. Avatar antoniofalcone
      antoniofalcone

      La costumista dello splendido “Ladyhawke” era Nanà Cecchi, andando a memoria. La bravissima Canonero ha iniziato la sua attività con Kubrick, dai tempi di “Arancia meccanica”, vincendo un Oscar per i costumi di Barry Lindon, se non sbaglio. Uno dei suoi ultimi lavori riguarda la realizzazione dei costumi per “Marie Antoniette”.
      Ciao.

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  2. hai ragione, era Nanà Cecchi la costumista di “Ladyhawke”! Mi pare tra l’altro interpretasse un piccolissimo ruolo all’interno del film.

    Allora Milena Canonero la conosco solo per “Marie Antoinette”, anche se il nome mi è molto familiare…evidentemente deve aver lavorato in qualche altro film che ho visto spesso.

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    1. Avatar antoniofalcone
      antoniofalcone

      Probabile, ha lavorato in tanti di quei film, La mia Africa, Il padrino parte terza, Shining,Fuga per la vittoria, almeno a quanto mi risulta spulciando tra libri, riviste e su internet.Facile che rimanga impresso il “tocco”, se contraddistinto da bravura e creatività.

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  3. Un film godibile, certamente non un capolavoro; la storia non è niente di originale nè di particolarmente entusiasmante, ma la fotografia, la cura dei dettagli ed in generale l’atmosfera desolata e decadente, tutte ben realizzate, rendono questa pellicola veramente bella “da vedere”

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    1. In buona sostanza un remake-omaggio dell’originale,aggiornato all’estetica horror di questi ultimi anni, con troppa carne al fuoco, giusto per restare in tema… Belle però scenografie e costumi, che contribuiscono a renderlo comunque bello da vedere, come giustamente sottolinei. Resta intatto il mito dell’uomo-lupo, la dicotomia ferinità-umanità, sempre affascinante e dalle molteplici sfaccettature.

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  4. […] con Lon Chaney jr. nei panni, e nel pelo, grazie a Jack Pierce, di Larry Talbot; remake nel 2010, Wolfman, Joe […]

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