Ho parlato di Roberto Risso, all’anagrafe Pietro Roberto Strub, qualche settimana fa, scrivendo di Pane, amore e fantasia, ’53, regia di Luigi Comencini, il film che gli diede la grande notorietà, dove interpretava Stelluti Pietro, carabiniere veneto ligio al dovere, timido ed impacciato, innamorato, ricambiato, della bella Maria “Pizzicarella la Bersagliera”- Gina Lollobrigida. Ruolo che avrebbe ripetuto, sempre con notevole successo, di pubblico e di critica, l’anno seguente con il sequel Pane, amore e gelosia, sempre di Comencini. Oggi la notizia della sua morte:tra pochi giorni, il 22 novembre, avrebbe compiuto 85 anni.
Tipico giovanotto dalla bella presenza, fotogenico e dotato di naturale simpatia, Risso seppe sfruttare queste sue doti per circa dieci anni nel mondo del cinema, caratterista in vari film vertenti sul genere leggero sentimentale, quasi sempre come “bravo ragazzo della porta accanto”, educato e cortese, offrendo al riguardo un’interpretazione magari senza particolari “picchi”, ma estremamente semplice e “spontanea”.
Difficile non sorridere e anche non commuoversi, nel vederlo intento nei timidi approcci con la “Lollo” o duettare, nella tipica inflessione veneta del suo personaggio, con Vittorio De Sica, voce bassa, timorosa e rispettosa, ma granitico nelle sue convinzioni.
Il suo debutto risale al ’50, poco più di una semplice apparizione, ne Il leone di Amalfi, di Pietro Francisci, per poi essere scelto, un anno dopo, da Léonide Moguy per il primo ruolo di un certo rilievo, il seduttore di Anna Maria Pierangeli in Domani è un altro giorno, che gli aprì definitivamente le porte per le sue successive caratterizzazioni, dai citati Pane, amore in poi, senza però che gli venissero mai offerti ruoli diversi, ecco perché sul finire degli anni Sessanta, dopo essersi rivolto per un po’ di tempo alla produzione, si ritirò dalle scene per dedicarsi al mondo della moda.





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