
Presentato alle Giornate degli Autori, Sezione Notti Veneziane, all’interno della 80ma Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, Semidei è un docufilm dalla particolare ed intrigante costruzione narrativa, che vede alla regia Fabio Mollo e Alessandra Cataleta, il primo anche tra gli autori della sceneggiatura, insieme ad Armando Maria Trotta, Massimo Razzi e Giuseppe Smorto.
La narrazione prende il via con una didascalia che riporta una frase di Georges Didi-Huberman, “L’immagine ha spesso più memoria e avvenire di colui che la guarda”, per poi soffermarsi sugli sguardi delle persone accorse ad ammirare le statue dei Bronzi di Riace esposte per la prima volta al Museo di Reggio Calabria, dopo il restauro cui furono sottoposte a Firenze, conseguente al loro ritrovamento in fondo al mare, località Porto Forticchio di Riace Marina, e la cui paternità fu oggetto di una causa legale tra Stefano Mariottini e alcuni giovani riacesi, Antonio Alì, suo fratello Cosimo, Giuseppe Sgrò e Domenico Campagna.
Gli autori, alternando e mescolando in ordine sparso materiale di repertorio e girato odierno, vanno dunque a porre in essere un variegato mosaico le cui tessere evidenziano un sinergico legame tra il passato e il presente della regione Calabria, in vista di un futuro possibilmente inedito, affidato alla speranza di chi in questa terra intende restare, come rimarcato dalla sequenza finale, speculare alla prima, ma ora “riempita” dalla presenza umana, in forza di un coeso e ritrovato senso di comunità.
Le famose statue, esempio di perfezione e bellezza, accogliendo la tesi del Professore Daniele Castrizio andrebbero a rappresentare i fratelli Eteocle (“guerriero B) e Polinice (“guerriero A”), frutto della relazione incestuosa fra Edipo e Giocasta, per cui diverrebbero simbolo delle conseguenze di una guerra fratricida.
Quest’ultima, a mio avviso, potrebbe rinvenirsi in quella lotta che la Calabria spesso ingaggia contro se stessa, tra arretratezza nelle strutture (vedi la sequenza tratta da I dimenticati di Vittorio De Seta, 1959, quando mancava la strada per raggiungere Alessandria del Carretto, paese in provincia di Cosenza), il rassegnato dolore di un’emigrazione forse imposta dall’alto, l’attaccamento alla tradizione quale simbolo di un’innocenza in parte perduta, in nome di un istinto “salvifico” teso alla sopravvivenza (la festa dei Santi Cosma e Damiano a Riace Superiore), lotte oramai dimenticate per dissentire dalle decisioni imposte dall’alto (la “guerra di Reggio” del 1970, quando le fu preferita Catanzaro come capoluogo), nuovi arrivi da “altri Sud” del mondo a ridare vita ai borghi abbandonati, in fuga dalla disperazione o dalla guerra, la ‘ndrangheta ormai istituzionalizzata a gestire vari settori dell’economia senza colpo ferire.
Solo la purezza, per certi versi primigenia, espressa dalle parole dei giovani Cosimo, musicista Rom, e Gaia Carlotta Ndoye, ragazza di colore determinata a lottare contro il bullismo per difendere la propria individualità, lanciano squarci di visione relativi ad un domani diverso, dalla portata universale.
Una regione che, una volta stanca di portare la croce costituita dal “complesso da riserva indiana”, per riaffermare la propria determinazione complessiva dovrebbe, probabilmente, evitare di impantanarsi nelle sabbie mobili del clientelismo e della politica compiacente, così da riprendersi ciò che è suo, senza continuare a maledire gli oltraggiosi strali lanciati contro, solo in parte, da un destino cinico e baro, rimboccandosi definitivamente le maniche per valorizzare con coerenza il proprio territorio, la propria cultura, il proprio sapere e volere fare.
Ecco quindi che Semidei da documentario sui Bronzi assume gradualmente tutt’altra consistenza che una mera ricostruzione storico-cronachistica, visualizzando l’urgenza di adoperarsi perché il passato, al pari della tradizione, non sia più terra straniera, bensì risorsa da cui attingere per comprendere meglio il presente e guardare con occhi nuovi il futuro, riprendendo quanto scritto nel corso dell’articolo.
Anche se a volte è avvertibile una certa lentezza, insieme ad un procedere per accumulo del vario materiale, la cui mescolanza potrebbe in qualche caso apparire straniante (le sequenze relative al tragico naufragio avvenuto a Steccato di Cutro nella notte tra il 25 e il 26 febbraio 2023, ad esempio, anche se ne comprendo la necessità, inerente all’urgenza di cui sopra), ritengo che Semidei possa considerarsi una realizzazione decisamente riuscita, in particolare nel narrare storia ed attualità della Calabria con modalità finalmente diverse, lontane dal compatimento fatalista o dall’esaltazione retorica, in nome di un’opportuna e concreta condivisione della propria essenza, esistenziale e culturale.





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