(Wikipedia)

Sonora, Messico, 1880. Tre banditi, Rio (Marlon Brando), Doc (Hank Worden) e Dad Longworth (Karl Malden), hanno commesso una rapina ai danni della banca cittadina. Sulle loro tracce vi sono già i Rurales, che riescono presto a raggiungerli, uccidendo Doc e accerchiando gli altri due, rimasti con un solo cavallo. Si prospetta come unica e disperata possibilità di salvezza dividersi, in modo che uno tenga a bada i militi mentre l’altro si darebbe da fare per mettersi alla ricerca di un destriero: si affidano quindi alla sorte riguardo la suddivisione dei compiti, anche se Rio metterà in atto un trucco per far sì che all’anziano Dad tocchi quello meno gravoso.

Un gesto generoso, che però non sarà ripagato, perché una volta che il compare avrà individuato quanto necessario si darà alla fuga rendendosi irreperibile: Rio sarà costretto alla resa, per poi essere arrestato e infine condotto in galera, dalla quale evaderà cinque anni più tardi, insieme al compagno di cella Chico Modesto (Larry Duran), con il fermo proposito di vendicarsi del tradimento subito. Le abitudini del nostro comunque non sono cambiate, eccolo infatti andare a costituire con due sodali di Modesto, Bob Emory (Ben Johnson) e Harvey Johnson (Sam Gilman), una nuova banda, intenzionata ad iniziare la sua attività con una rapina alla banca di Monterey, il cui sceriffo è proprio il vecchio Dad, ora sposato con Maria (Katy Jurado), che ha una figlia nata da una precedente unione, Louisa (Pina Pellicer)…

Primo ed unico film diretto da Marlon Brando, One-Eyed Jacks ebbe una genesi piuttosto travagliata, che prese il via dall’adattamento del romanzo di Charles Neider The Authentic Death of Hendry Jones, 1956, ispirato alla vera storia di Pat Garrett e Billy The Kid, ad opera di Rod Serling prima e Sam Peckinpah poi, con in embrione la previsione di affidare la regia a Stanley Kubrick, quest’ultimo messo sotto contratto dalla Pennebaker Productions di Brando, il quale aveva comprato i diritti sull’opera d’origine, sotto l’egida della Paramount Pictures. Una volta che l’attore iniziò ad interessarsi della realizzazione, il lavoro di scrittura venne affidato a Calder Willingham, presto sostituito da Guy Trosper, mentre Kubrick presentava le sue dimissioni a due settimane dall’inizio delle riprese.

Gli subentrò infine lo stesso Brando, impegnando la produzione, all’insegna del perfezionismo, dal 1958 al 1960, per un girato complessivo di quasi cinque ore, sul quale poi intervenne la Paramount con un drastico lavoro di montaggio, riducendone la durata a due ore e venti minuti. Di ciò che venne scartato, a quanto è dato sapere, non è rimasta traccia. Un’altra variazione andò ad interessare la sostituzione per il ruolo di Dad del previsto Spencer Tracy con Karl Malden, compagno di Brando all’Actor’s Studio, che offrì così una delle sue migliori interpretazioni sul grande schermo.

Il risultato fu un western per molti versi atipico, che potremmo definire di passaggio, considerando come evidenzi tanto la decadenza degli stilemi propri della ormai assunta classicità del genere, quanto la possibilità di esprimere qualcosa di nuovo, che andrà ad interessare le produzioni successive, in particolare ad opera di autori quali il citato Peckinpah o il nostro Sergio Leone.

Rimarcando l’intensità della resa recitativa profusa dall’intero cast, One-Eyed Jacks risulta poi affascinante dal punto  di vista figurativo: fu uno degli ultimi film girati in VistaVision, attraversato da un pregnante realismo, avvalorato da una fotografia “pastosa” e scintillante al contempo (Charles Lang ricevette una nomination all’Oscar), uno dei pochi dall’ambientazione marina, con quelle onde propense ad infrangersi sulla spiaggia a metaforizzare la violenta deflagrazione ad opera del destino nelle vite umane, influenzandone tragicamente l’incedere esistenziale.

Il prorompente naturalismo espresso da Brando nella recitazione, appare qui idoneo a rendere un unicum con uno stile registico propenso a rimarcare corporeità e profondi sottintesi psicologici nel corso della narrazione, il cui andamento ponderato risulta appena mitigato nei toni violenti (le compiaciute frustate di Dad ai danni di Rio, cui segue lo spezzargli una mano col calcio del fucile, per esempio) da un certo romanticismo di fondo, anche se su tutto e  tutti  domina la visione unilaterale resa sia dal giovane Rio che dall’anziano Dad, simile allo sguardo dei Jack nelle carte francesi, i fanti di picche e di cuori, come suggerisce il titolo originale.

 Da un lato l’ardente desiderio di rivalersi in nome della lealtà amicale tradita, che andrà ad assumere le caratteristiche di un edipico confronto, come credo già notato da molti, dall’altro la volontà di chiudere definitivamente i conti col passato, facendosi scudo con la propria posizione sociale di supremazia e potere per mantenerla al contempo in esistenza.

Ogni gesto si ammanta del senso proprio di una compiuta tragicità, tra “sudore, sangue e polvere” a contornare la presa di distanza da qualsivoglia eroismo, se non quello volto allo stoico mantenimento della propria essenza, sopraffatta dall’incedere della legalità, per quanto allineata al personale tornaconto, ma anche dall’irrompere di un sentimento amoroso comportante delle responsabilità, nei cui confronti appare ormai vano ergere il muro della propria istintività belluina da uomo libero.

Un film che merita una visione, per apprezzare ancora una volta l’istintività scenica propria di Brando, in questo caso profusa sia come attore che come regista, e il fascino sospeso tra antico e moderno di una pellicola rientrante in un genere che da lì a poco si sarebbe rivelato pronto a risorgere dalle proprie ceneri.

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