
Roma, giorni nostri. Paolo (Alessio Vassallo) e Lucia (Barbara Giordano), s’incontrano in un bar a due mesi dalla loro separazione. Qualche reciproco imbarazzo nell’avviare la conversazione, poi il ghiaccio si scioglie, eccoli raccontarsi le attuali esperienze lavorative, attore e attrice, con tanto di diploma all’Accademia d’Arte Drammatica, fino a quando Paolo non incorre in un attacco di panico e confessa di non aver superato la fine della loro storia, durata otto anni.
La mente va indietro nel tempo, la convivenza colma di aspettative e disillusioni, tanto da un punto di vista lavorativo che sentimentale, dopo essersi trasferiti da Palermo nella Capitale, lui sognatore con più di uno strascico della sindrome di Peter Pan, propenso al tradimento, lei piuttosto concreta e determinata, oramai del tutto convinta, le è bastato, tra l’altro, osservare il red carpet dell’ultima Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, che “alla gente degli attori veri non interessa più un ca**o”.

Lucia quindi proporrà a Paolo di prendere parte ad uno dei tanti reality show televisivi, quelli che nessuno vede ma di cui tutti parlano, così da offrire in pasto al grande pubblico la loro storia d’amore più volte interrotta e poi ripresa, nonché la loro attività attoriale. Potrebbe essere l’occasione sia per rivitalizzare un rapporto stancamente confluente verso la ritualità consuetudinaria, sia per conferire un inedito slancio alle rispettive carriere, da tempo ferme a sporadiche partecipazioni in qualche fiction o ai ricordi d’interpretazioni teatrali all’insegna del metodo Stanislavskij. Parteciperanno quindi a Scheletri nell’armadio, ma quanto andranno a raccontare di puntata in puntata dinnanzi le telecamere creerà più di un malumore nella coppia come nel loro entourage amicale e familiare…

Indagine su una storia d’amore, presentato fuori concorso al 41mo Torino Film Festival e distribuito la scorsa settimana in sala, rappresenta il ritorno sul grande schermo di Gianluca Maria Tavarelli, in veste di regista e sceneggiatore, a dieci anni di distanza da Una storia sbagliata e dopo varie, felici, incursioni televisive, tra fiction e miniserie. Un rientro foriero di buone sensazioni riguardo la capacità del nostro cinema di porre in essere delle storie volte a guardare in faccia la quotidianità con un piglio realistico, alternando con una certa sensibilità ironia e dramma, avvalendosi di una valida sinergia tra regia e sceneggiatura.
Quest’ultima è esaltata dagli ottimi dialoghi, a loro volta valorizzati dalle intense interpretazioni attoriali. Barbara Giordano e Alessio Vassallo nel dare adito ai caratteri dei rispettivi personaggi riescono infatti ad offrire, con una certa immediatezza recitativa, vivido risalto a quella precarietà, lavorativa ed esistenziale, propria di quanti, “diversamente giovani”, con un età oscillante tra i trenta e i quarant’anni, si barcamenano alla meno peggio tra la supina accettazione dello status quo e il mai sopito anelito di uno scatto congruo ad una concreta ribellione.

Molto bello ed efficace il parallelismo espresso, per il tramite della voce narrante (Simone Liberati), tra il succedersi delle varie vicissitudini che andranno ad interessare la coppia e il procedere di due stelle che, a 160.000 anni luce da noi, “ballano a un ritmo scatenato”, “così vicine da toccarsi”. Un “bacio cosmico” il cui destino, secondo le teorie degli astronomi, verterà verso un finale catastrofico: la loro rapida rotazione continua comporterà infatti una energica esplosione.
Pur considerando l’ eventualità di fondersi, ove si mescolassero bene insieme, dando vita ad un inedito percorso evolutivo, probabilmente procederanno separatamente nell’andare a formare una coppia di buchi neri e comunque fatto sta che quel contatto è stato apportatore di un intuibile disastro…
Un sentore di romanticismo concreto e ancorato alla realtà, dove ogni storia d’amore comporta inevitabilmente, prima o poi e secondo varie eventualità, l’apposizione della parola “fine”, cui si affianca la tematica dell’apparire ad oltranza dei tanti “morti di fama” (Aldo Grasso), nel connubio tra televisione e social a garantire una esposizione mediatica intesa a far sì che l’ormai famoso “quarto d’ora di celebrità” profetizzato da Warhol si protragga “verso l’infinito ed oltre”.

Quanto Paolo e Lucia andranno ad esporre dinnanzi le telecamere, rendendo edotti anche noi spettatori, afflato metacinematografico, sull’andamento del loro rapporto e della loro attività, darà luogo ad un incessante ricorrersi dell’indistinguibilità tra realtà e fantasia. Una serie di colpi bassi in nome della conquista di un’immagine effimera, valutabile in base all’audience o al numero dei like, all’interno di un contesto mediatico ormai omologato ed omologante.
Una “dimensione altra”, un porto franco estraneo a quanto vissuto quotidianamente, che offre ormeggio ad un mondo parallelo nel cui ambito la manifestazione dicotomica fra ciò che è giusto o sbagliato, vero o falso, moralmente riprovevole o meno, si svolge in base a delle regole da noi stessi impostate, con tanto di finale autoassoluzione. Il tutto in nome di un’eterea virtualità, che consente di gestire i vari “diversi da sé” barcamenandosi tra irreale realtà e reale irrealtà, perdendo di vista l’essenza della propria individualità diversificante.

Indagine su una storia d’amore, andando a concludere, è un film che riesce a far sorridere, con un retrogusto amaro, nella cui narrazione non mancano strali ben mirati al mondo del cinema (credo sarà facile per molti riconoscere in qualche personaggio riferimenti ad interpreti nostrani) e a quella ricercata vacuità intesa a sostituire la cultura propriamente detta. Induce a far riflettere sulla nostra beata involuzione, ormai orfani dell’ascoltare e del raccontare, rimpiazzati entrambi, senza colpo ferire, da sbrigative emoticon.
Il vostro amichevole cinefilo di quartiere, considerandone bontà della messa in scena, prove recitative e sincerità nell’approccio a varie tematiche, senza carinerie o compiacimenti di sorta, suggerisce di non perdere la visione di questo film, distribuzione estiva permettendo, poi, come è giusto che sia, ognuno darà la sua opinione al riguardo, fortunatamente non tutti i gusti sono alla menta, come si suole dire.
Già pubblicato sul sito Lumière e i suoi fratelli– Cultura cinematografica e crossmedialità. Immagini fornite da Ufficio Stampa.






Lascia un commento