Dal 21 al 29 giugno si svolgerà a Bologna la XXXIX Edizione del festival Il Cinema Ritrovato, dedicato al cinema allo stato puro, tra capolavori cinematografici, classici intramontabili, perle nascoste, i restauri più recenti. Considerando le varie sezioni, la selezione di quest’anno andrà a comprendere cinque continenti e 130 anni di storia del cinema. Di seguito, sulla base dell’ultima newsletter ricevuta, riporto ulteriori anticipazioni rispetto a quelle di cui ho già dato notizia in un precedente articolo. Inoltre, è già disponibile il preprogramma della kermesse.

Cineconcerti. Dalle 9 del mattino a notte inoltrata, al Lumière, al Modernissimo, in Piazzetta Pasolini, in Piazza Maggiore sono previste più di sessanta séances di film “muti”, accompagnati dal vivo da musicisti esperti in quest’arte preziosa che fa dialogare cinema e musica. Ecco allora tra i titoli in programma Die Rose von Stambul, trasposizione cinematografica dell’omonima operetta, in cui recita la leggendaria soprano Fritzi Massary; Salvation Hunters, esordio di von Sternberg, accompagnato dall’affascinante trio di musicisti sperimentali Matti Bye (piano), Laura Naukkarinnen (rumorista) ed Eduardo Raon (arpa); L’uomo con la macchina da presa, con il duo Maud Nelissen (piano) e Silvia Mandolini (violino); un programma di film di Méliès del 1905, commentati, come succedeva all’epoca, da un’imbonitrice, Julie Linquette.
Les Misérables, la serie di Henri Fescourt, accompagnata al pianoforte da Neil Brand; il nuovo restauro di Quo vadis? a cui Frank Bockius e Daniele Furlati daranno nuova musica; la première della nuova partitura composta da Stephen Horne per The Garden of Eden. E in Piazza Maggiore due capolavori del 1925: Sciopero! di Ejzenštejn, accompagnato dal gruppo coordinato da Stefano Pilia e Laura Agnusdei, e La febbre dell’oro di Chaplin, che sarà presentato esattamente 100 anni dopo la sua prima, il 26 giugno, con l’accompagnamento dell’Orchestra del Teatro Comunale diretta da Timothy Brock.

Ritrovati e restaurati, cura di Gian Luca Farinelli. É la sezione che più di ogni altra celebra il lavoro degli archivi e del restauro, che consente di vedere film sconosciuti, come il sovietico Moi syn (My Son) di Evgenij Červjakov, il thriller inglese Strongroom di Vernon Sewell o i film di Franciszka e Stefan Themerson, coppia di artisti di visionaria modernità, senza dimenticare i film messicani riportati alla luce dalla Filmoteca Unam. Anche quest’anno i cinefili di tutto il mondo potranno quindi divertirsi a scoprire il loro film preferito, navigando tra le certezze del canone cinematografico, l’ebbrezza della scoperta e i guilty pleasures del Pratello POP.
Tra i classici molte opere giovanili di Maestri, come The Scarlet Drop, ritrovato in Cile e realizzato da John Ford nel 1918, gli esordi di von Sternberg, Ophüls, Truffaut, Roeg, Tavernier, Burnett, Mann. Ma anche classici della maturità di Lubitsch, Hitchcock, Wilder, Naruse, Kubrick, Cronenberg. Vicino ai grandi autori troverete molte sublimi prove d’attrici e attori, come l’esordio di Jean Seberg in Santa Giovanna di Preminger, l’ineguagliabile Danielle Darrieux di La verità su Bébé Donge, il magistrale Jack Nicholson di Qualcuno volò sul nido del cuculo e Cinque pezzi facili, un’inedita Simone Signoret di Les mauvais coups…
Il colore è una delle chimere che Il Cinema Ritrovato insegue da trentanove anni, e in questa edizione non mancheranno le grandi emozioni: da esempi assoluti della sperimentazione in Technicolor come Duello al sole di King Vidor e Artisti e modelle di Frank Tashlin, ai colori di Sholay di Ramesh Sippy, uno dei più grandi successi del cinema indiano, a quell’impossibile viaggio nelle sbiadite tonalità della memoria che è La clessidra di Wojciech Has. I confini del canone scricchiolano, e i guilty pleasures del Pratello POP lo confermeranno, da Arrapaho a Non si sevizia un paperino, da Café Flesh di Rinse Dream, geniale film di fantascienza post-atomico pornografico, ai cult della Hammer sontuosamente restaurati in digitale.

Prima la vita! Il cinema di Luigi Comencini. A cura di Francesca Comencini e Emiliano Morreale. Pochi registi come Luigi Comencini possono contare un numero così alto di titoli di grande rilievo in generi così vari, però il suo nome non è mai stato incluso nella lista dei “grandi”, pur potendo contare sull’apprezzamento del pubblico e della critica, anche se forse quest’ultima non gli ha mai riservato un’attenzione all’altezza dei suoi lavori. Ad un certo punto venne etichettato come “regista dei bambini”: in effetti a lui si devono film memorabili sull’infanzia e su padri e figli, La finestra sul Luna Park, Infanzia, vocazione e prime esperienze di Giacomo Casanova veneziano, Incompreso, Le avventure di Pinocchio, Voltati Eugenio.
Ma Comencini è stato anche autore di alcuni tra i più bei mélo degli anni Cinquanta e di alcune tra le più belle commedie all’italiana. Privo del cinismo di molti registi italiani, il suo sguardo sulla società si fa sempre più amaro negli anni Settanta, da Delitto d’amore a Lo scopone scientifico a L’ingorgo. E forse proprio questa sua amarezza lo spinge a diventare sempre più un osservatore attento e caldo dell’infanzia.
Coline Serreau, come un pesce senza bicicletta. A cura di Émilie Cauquy e Mariann Lewinsky. Prima di diventare attrice, regista, sceneggiatrice, drammaturga e saltimbanco, Coline Serreau studia organo, musicologia, danza e acrobazia, in particolare trapezio, alla scuola di circo di Annie Fratellini. Assidua frequentatrice della Cinémathèque française, ha probabilmente assistito alla prima retrospettiva dedicata a Lubitsch nel 1967. Dal 1969, senza esitare e senza mai lasciarsi incasellare, Coline Serreau incanta con la sua recitazione, i suoi scritti e le sue regie per il teatro, il cinema e l’opera.
Impertinente e cinica come Diogene, fa della commedia la sua arma di protesta, perché nei tempi bui l’ironia di Capra e Lubitsch resta lo strumento più efficace per combattere i bassi istinti. Già nel 1978 Serreau affermava, con lungimiranza: “Mi piace che la gente rida e che si ponga delle domande. Nel cinema degli uomini ci sono molte correnti, un pensiero nuovo. Io rifiuto un certo tipo di ghetto e lo dimostrerò. La mia ambizione è pari a quella di qualsiasi uomo. È solo che noi donne osserviamo la realtà con uno sguardo da colonizzate, molto più sovversivo”.
Cinemalibero. A cura di Cecilia Cenciarelli. Ultima fermata della Macchina dello Spazio, Cinemalibero esplora le periferie del sistema produttivo e distributivo dominanti. La progressiva riconfigurazione del concetto di cinema mondiale in uno spazio sempre più transnazionale e sempre meno ancorato al modello centro vs. periferia, rende lo sguardo degli autori e delle autrici dei film in programma più rilevante che mai. Tra le autentiche scoperte di quest’anno: Gehenu Lamai della poetessa del cinema singalese Sumitra Peries; due opere della nouvelle vague iraniana, Postchi e Safar, dei maestri Dariush Mehrjui e Bahram Beyzaï.
La paga (film d’esordio ritenuto perduto) di Ciro Durán, figura chiave del cinema colombiano a partire dagli anni Sessanta o il restauro della versione originale e inedita di Ghazl el-Banat, di Jocelyne Saab. Le conseguenze di un passato violento personale e collettivo sono al centro di L’Homme de cendre del maestro tunisino Nouri Bouzid, e del dittico guineano Mortu Nega di Flora Gomez, e O Regreso de Amílcar Cabral, realizzato da Sana Na N’Hada e firmato insieme al suo collettivo militante.
Documenti e documentari. A cura di Gian Luca Farinelli. La selezione di quest’anno propone una serie di documentari di straordinario valore, per la qualità e l’importanza dei documenti e delle testimonianze. Troveremo i fluviali ed enciclopedici The Invisible Man, inedito ritratto di Kubrick dove a parlare sono le persone che più gli erano vicine, e Merchant/Ivory, storia di una coppia di artisti che ha dato vita a un corpus di film unico nel suo genere, capace di raccontare la cultura britannica e quella indiana.
In previsione anche film più brevi ma non meno intensi, come i ritratti di Rohmer (svelato come nessuno era mai riuscito a fare prima), Katherine Hepburn, Gene Kelly, David Lynch, Sergej Paradžanov, Buster Keaton, il ritratto familiare realizzato da figli e nipoti di Charlie Chaplin e la straordinaria intervista /lezione di cinema a Scorsese che, per un’ora, ci racconta il lavoro che ha fatto sulle colonne sonore dei suoi film.
Grazie al lavoro degli archivi saranno presentati alcuni documentari che hanno segnato la storia del cinema, ma non più reperibili da alcuni anni, come Heart of Darkness: A Filmmaker’s Apocalypse, lo straordinario film sulla lavorazione di Apocalypse Now, Robert Wilson and the Civil Wars, su uno dei più leggendari spettacoli teatrali del secolo scorso, Camera arabe, The Young Cinema Arabe, ritratto di una generazione di cineasti leggendaria e che oggi è importante riascoltare, Sopralluoghi in Palestina per il Vangelo secondo Matteo, uno dei più bei documentari di Pasolini.
Ma forse i punti più luminosi saranno i documentari di Márta Mészáros, François Reichenbach e Cartier-Bresson, e la scoperta di quello che oggi sappiamo essere il primo film neorealista, Il pianto delle zitelle, 1939 di Pozzi-Bellini. Sono cortometraggi potentissimi di Maestri che hanno saputo raccontare la realtà che li circondava, la grande e la piccola storia, con sguardi umani e irripetibili.
Babel’ – Odessa. A cura di Mariann Lewinsky. Nell’URSS dei primi anni Venti – attraversata da un incredibile senso di liberazione e con la prospettiva di un futuro tutto da creare e dove poter liberamente sperimentare – molti giovani autori realizzano dei capolavori travolgenti. Sono gli anni dell’amicizia che lega i temperamenti artistici affini di Isaak Babel’ e Sergej Ejzenštejn (che per anni lavorano assieme su alcuni progetti cinematografici, da Benya Krik a Beshin Lug, senza riuscire a realizzarne nessuno).
Partendo da questo sodalizio, la sezione indaga attraverso grandi film e piccole scoperte un momento storico sanguinoso (dalla rivoluzione del 1905 al regime del terrore stalinista) che si intreccia con i destini di grandissimi artisti ucraini e russi come Vertov e Michoels, o ancora Grossman e Askoldov, eredi diretti di Babel’. Ma è soprattutto un omaggio a Odessa, celeberrima location cinematografica, e alla produzione Ucraina VUFKU nel breve spiraglio di libertà dal 1924 al 1929.
Il Cinema Ritrovato Kids & Young. A cura di Schermi e Lavagne – Dipartimento educativo della Cineteca di Bologna. Per otto giorni anche i piccoli spettatori potranno partecipare al festival grazie a proiezioni, spettacoli e laboratori dedicati. Fra le rassegne, un omaggio all’animatore Bruno Bozzetto e all’animazione polacca e ungherese, in collaborazione con i rispettivi archivi nazionali e con il festival di Annecy, oltre a selezioni di corti animati per i più piccoli a cura di festival specializzati come quello di Clermont-Ferrand.
La voce del Cinema Ritrovato Young – un gruppo di giovani cinefili dai 16 ai 20 anni che nel corso dell’anno programma tre rassegne con appuntamenti mensili al Cinema Modernissimo – si farà sentire attraverso le interviste agli ospiti e al pubblico del festival, le video-recensioni dei film e le consuete introduzioni a una selezioni di titoli da loro promossi.
Da ricordare in chiusura la sezione Il Cinema Ritrovato Blu-ray e DVD Awards, che raggruppa le migliori uscite dell’anno, scelte da una giuria internazionale, e la Mostra mercato dell’editoria cinematografica, una ricca esposizione di libri di cinema, manifesti, DVD e Blu-ray.
(Fonte: newsletter Cineteca di Bologna, immagine di copertina: Cineteca di Bologna© )






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