(Cineteca di Bologna ©)

Da oggi, lunedì 27 e fino a mercoledì 29 ottobre, nelle sale aderenti all’iniziativa Il Cinema Ritrovato. Al Cinema della Cineteca di Bologna, fa ritorno, nell’occasione del suo 50mo anniversario, in una inedita versione restaurata, The Rocky Horror Picture Show, diretto da Jim Sharman su sceneggiatura di Richard O’Brien, quest’ultimo anche autore delle musiche con Richard Hartley, nonché interprete, nei panni dell’ambiguo maggiordomo Riff Raff. Il citato O’Brien è l’ideatore del musical da cui venne tratta la pellicola, messo in scena per la prima volta nel giugno del 1973 (fonte Treccani), a Londra,  sul palcoscenico del piccolo teatro Upstairs, sopra il prestigioso Royal Court. Tra gli spettatori vi era anche il produttore discografico americano Lou Adler, che provvide subito ad acquisire i diritti perché fosse rappresentato negli Stati Uniti, dove debuttò nel marzo del 1974, al Roxy di Los Angeles.

Una volta che la 20th Century-Fox firmò per la distribuzione della versione filmica, le riprese si svolsero nel Regno Unito, ai Bray Studios e in esterni a Oakley Court , una casa di campagna nota soprattutto per il suo precedente utilizzo da parte della Hammer Film Productions. Mentre gran parte del cast proveniva dalla produzione teatrale originale londinese, incluso Tim Curry, lo stravagante dottor Frank N. Furter, “il dolce travestito dal pianeta Transexual, galassia di Transylvania”, i due personaggi di Brad e Janet vennero affidati agli attori americani Barry Bostwick e Susan Sarandon.

La versione filmica non incontrò subitamente i favori del pubblico: solo dopo che Tim Degan, responsabile della Fox, impose un rimontaggio e una ridistribuzione come “film per adulti”(in seguito vennero anche tagliate due canzoni nel finale, presenti nella versione restaurata), la pellicola trovò infine quel successo che dura a tutt’oggi,  dopo la proiezione al Waverly Theater di New York, nel primo week-end dell’aprile del 1976. Trascorsi cinquant’anni, The Rocky Horror Pictur Show mantiene tuttora  una forte carica irriverente nel suo grottesco sbeffeggiare le convenzioni sociali e la loro tendenza a classificare e irreggimentare  qualsiasi slancio vitale, in particolar modo inerente alla sfera sessuale, riconducendolo all’interno di un rigido schematismo.

Inoltre mette alla berlina, in un impianto volutamente kitsch, anche determinati stilemi hollywoodiani  propri del musical classico (vedi il finale dove appare in scena il logo della RKO), citando poi vari cult dell’horror (Frankenstein, in primo luogo), ma attingendo anche al mondo del romanzo d’appendice e dei fumetti, nonché a quello dell’Arte (dipinti quali La Gioconda e statue come il David sono presenti nella scenografia, pur adattati al contesto).

Nel corso della narrazione emerge prepotentemente quello spirito libertario confluente dai movimenti del ’68 nelle generazioni degli anni ’70 , mescolando poi con disinvoltura generi quali il citato horror e la fantascienza. Tra eccessi e trasgressione, vengono comunque imposti dei limiti impliciti, una volta che l’anticonformismo diviene anch’esso di maniera o semplicemente fine a se stesso, invitando sempre e comunque a lasciar venir fuori la propria essenza vitale più pura e libera (“Non sognatelo, siatelo”) per dare adito ad un rinnovato senso esistenziale, liberato dai miasmi dell’ordinaria quotidianità: “E strisciando sulla superficie del pianeta degli insetti chiamati razza umana, persi nel tempo, persi nello spazio, e nel significato” (dal testo di Super Heroes, canzone di chiusura del film).

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