Cineteca di Bologna©

Lo scorso giovedì, 30 ottobre, ha preso il via a Bologna, alla Galleria del Cinema Modernissimo (ex Sottopasso di Piazza Re Enzo), la mostra Pasolini. Anatomia di un omicidio, visitabile fino all’8 febbraio 2026*, a cura di Gian Luca Farinelli, Marco Antonio Bazzocchi, Andrea Speranzoni e promossa dalla Fondazione Cineteca di Bologna. Trascorsi cinquant’anni dall’uccisione di Pasolini all’Idroscalo di Ostia, era il 2 novembre del 1975, senza che si sia appurata una concreta verità, l’esposizione prende spunto, come si evince dal sito della Cineteca, da tutto quello che sia ancora possibile conoscere di quanto abbia scritto, detto e fatto nell’ultimo mese della sua esistenza, così da ricostruire, per il tramite di documenti, carte, articoli, appunti, eventi a cui ha partecipato, la cronistoria delle settimane che precedettero la morte del poeta-regista.

Collegata alla mostra vi sarà una rassegna, Maratona Pasolini, a cura di Gian Luca Farinelli e Roberto Chiesi, in  collaborazione con Paolo Luciani (Fuori Orario) e per gentile concessione di Rai Teche, che andrà a comprendere, da oggi, sabato 1 e fino a a venerdì 28 novembre, non solo la proiezione di film, ma anche di alcuni interventi televisivi che, dagli anni Sessanta al 1975, hanno contraddistinto la vita pubblica di Pasolini. In cartellone, tra i vari titoli, Pasolini. Un delitto italiano, 1995, diretto da Marco Tullio Giordana, bellissima e toccante ricostruzione, ricorrendo al mirabile intarsio di materiali d’archivio, della tragica notte in cui Pasolini trovò la morte, cui fa seguito, tra dramma procedurale e cinema verità dal forte impegno civile, quella relativa alle indagini, mai realmente approfondite, nel portare avanti la tesi che tutto doveva chiudersi “come una storia di froci”, individuando nel giovane Giuseppe Pelosi (Carlo De Filippi) opportuno capro espiatorio.

(Coming Soon)

Il tutto, d’altra parte, ulteriormente evidenziato dall’impugnazione da parte della Procura Generale della sentenza, prima ancora che fossero depositate le motivazioni, con la quale il ragazzo veniva ritenuto “colpevole di omicidio volontario in concorso con ignoti” . In appello dunque si confermava la condanna di Pelosi, ma si riteneva “improbabile” la presenza di ignoti e a tutt’oggi, pur nella individuazione di nuove possibili piste da seguire, tutto resta avvolto nella nebbia propria di ogni “buon delitto italiano”, come da titolo.

 Una spessa coltre idonea a far sì che nell’individuare i colpevoli della sua morte divengano nostre le parole espresse da Pasolini (Corriere della Sera, 14 novembre 1974, Che cos’ questo golpe?)a proposito della strage di Piazza Fontana: “Io so. Io so i nomi dei responsabili della strage di Milano del 12 dicembre 1969 (…) Io so. Ma non ho le prove. Non ho nemmeno indizi. Io so perché sono un intellettuale, uno scrittore, che cerca di seguire tutto ciò che succede, di conoscere tutto ciò che se ne scrive, di immaginare tutto ciò che non si sa o che si tace; che coordina fatti anche lontani, che mette insieme i pezzi disorganizzati e frammentari di un intero coerente quadro politico, che ristabilisce la logica là dove sembrano regnare l’arbitrarietà, la follia e il mistero”.

Ma a risultare ancora più intensi, nella loro inquietante lungimiranza, e li udiamo nel bellissimo finale declamati dalla viva voce del poeta in un filmato di repertorio, sono i versi della poesia La Guinea (Poesia in forma di rosa, in Bestemmia, volume primo, Garzanti, Milano, 1993): L’intelligenza non avrà mai peso, mai, nel giudizio di questa pubblica opinione. Neppure sul sangue dei lager, tu otterrai da una dei milioni d’anime della nostra nazione,  un giudizio netto, interamente indignato: irreale è ogni idea, irreale ogni passione, di questo popolo ormai dissociato da secoli, la cui soave saggezza gli serve a vivere, non l’ha mai liberato. Mostrare la mia faccia, la mia magrezzaalzare la mia sola puerile voce -non ha più senso: la viltà avvezza a vedere morire nel modo più atroce gli altri, nella più strana indifferenza. Io muoio, ed anche questo mi nuoce.

Infatti, personale sensazione, ancor più che la sua vita, è stata la tragica morte di Pasolini a divenire oggetto di scandalo e clamore, sfruttata e vilipesa, anche se, sempre riprendendo le sue parole, la morte “non è nel non poter comunicare, ma nel non poter essere più compresi”. Quindi, per dare un senso al cinquantenario della sua scomparsa, al di là delle celebrazioni di rito, credo sia opportuno confrontare quanto espresso da Pasolini nel corso della sua esistenza tramite i mezzi più vari, dalla poesia al romanzo, passando per il cinema, la televisione e i giornali, con quanto scorre davanti ai nostri occhi nel corso del rituale incedere quotidiano.

Ecco allora il culto dell’immagine pura e semplice, soverchiante l’impatto più propriamente umanistico, la deriva di una società alla ricerca di un senso che vada al di là di un progresso prettamente materiale e al cui interno la stessa cultura assume le fattezze di un qualsivoglia prodotto di consumo da porre sullo scaffale in offerta speciale, il benessere stimato sulla base di parametri quali profitto e possesso, la perdita progressiva della propria identità storica e culturale, il fallimento di qualsivoglia ideologia, sacrificata quest’ultima sull’altare del personale tornaconto.

Se rendiamo concreto il citato confronto, ecco che tutto ciò che è di Pasolini assume la consistenza di una visione forse a tratti ingenua, ma pregna di quella sincerità e perspicace concretezza che gli è sempre stata propria, tuttora stimolante ai fini di un opportuno dialogo costruttivo, ove si rinvenissero “uomini di buona volontà” propensi a porlo in essere, in nome di “una nuova resistenza: qualcosa che contraddica radicalmente la vita come si sta configurando all’uomo moderno, la sua grigia orgia di cinismo, ironia, brutalità pratica, compromesso, conformismo, glorificazione della propria identità nei connotati della massa, odio per ogni diversità, rancore teologico senza religione”. (Pier Paolo Pasolini, da Il Giorno, 6 marzo 1963).

*Lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì 14.00 – 20.00. Sabato, domenica e festivi 10.00 – 20.00, Ultimo accesso: ore 19. Martedì chiuso.

Immagine di copertina: Pasolini sul set di “Accattone”,1961, Autore sconosciuto, Unknown author, Public domain, via Wikimedia Commons

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