Lo scorso sabato, 12 febbraio, ci ha lasciato Ivan Reitman, regista e produttore cinematografico slovacco naturalizzato canadese (Komárno, odierna Slovacchia, 1946), morto nella sua casa a Montecito, in California. Per valutare e comprendere la sua attività di cineasta, concentrata essenzialmente sulla commedia, quindi il tipo di comicità che andò a delineare nelle sue realizzazioni, mi trovo d’accordo con quanti ritengono occorra fare riferimento ad uno dei primi film da lui prodotti, National Lampoon’s Animal House, 1978, sceneggiatura di Harold Ramis, Douglas Kenney e Chris Miller, per la regia di John Landis, opera intrisa di un umorismo anarcoide ed irriverente, traente ispirazione, come si evince dal titolo, dalla rivista National Lampoon, che negli anni ‘70 a sua volta attingeva linfa vitale dal mondo del pop e della contro-cultura (dalla quale era già stato derivato nel ’73 uno spettacolo teatrale, al cui interno il citato Ramis iniziò a farsi le ossa, insieme a Chavy Chase, Dan Aykroyd, Bill Murray, John Belushi). Se nei primissimi titoli diretti e prodotti da Reitman, dopo essersi diplomato alla McMaster University, si respirava già un’aria libertaria, fra commedia ed horror (Foxy Lady, 1971; Cannibal Girls, 1973), ricordando anche la produzione di due pellicole a firma David Cronenberg (Shivers, 1974; Rabid, 1976), nei successivi lavori da regista questa andò ad accentuarsi, sfruttando spesso una comicità estremamente corporale e demenziale, di stampo goliardico, perpetrando l’arte dello sberleffo e dello sghignazzo, sbattuta in faccia a certo perbenismo istituzionale, come d’altronde può evincersi da una sua dichiarazione del 2014: “I’ve always been something of a conservative-slash-libertarian“.
Ecco allora titoli quali Meatballs (1979), primo film a vedere in qualità di protagonista Bill Murray, che possiamo considerare l’attore feticcio di Reitman, e Stripes (1981), entrambi con Ramis fra gli sceneggiatori, come per il cult Ghostbusters (1984), sapida miscellanea di umorismo, horror e fantasy, senza dimenticare la spettacolarità degli effetti speciali (nel 1989 Reitman girò un sequel, forse meno ispirato, che troverà ideale continuazione nel recente Ghostbusters: Afterlife, diretto dal figlio Jason, tralasciando il tentativo di riavvio della saga ad opera di Paul Feig nel 2016). A Reitman poi va dato il merito di aver saputo declinare l’attoriale consistenza granitica propria di Arnold Schwarzenegger verso un’ironia per certi versi straniante ma piuttosto efficace (Twins, 1988; Kindergarten Cop, 1989; Junior, 1994), così come di aver saputo mantenere le distanze dalla comicità chiassosa nell’allestire altrettanto gradevoli derivazioni dal cinema di impronta più classica, commedie sentimentali/poliziesche (Legal Eagles, Pericolosamente insieme, 1986) o propense alla disamina sociale in stile Frank Capra (Dave, 1993), ricordando i titoli più riusciti. Anche se dagli anni ’90 Reitman andò a diradare la sua attività di regista in favore dell’impegno come produttore, continuò a girare sporadicamente, dando vita a film non sempre dal risultato felice o comunque lontani dalla giocosa e spontanea irriverenza originaria, per quanto, nel complesso, fedeli al citato spirito “conservativo/libertario”, in combinazione “agitata, non mescolata”.
L’ha ripubblicato su Lumière e i suoi fratelli.
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