
Per gli appassionati di storia del cinema, per i curiosi dell’epopea del muto e per gli amanti della Settima Arte, Cineteca Milano propone oggi, domenica 14 gennaio, alle ore 17.00, alla Sala Arlecchino, un film davvero imperdibile.
Si tratta della versione restaurata di un classico di inizio Novecento: Il Golem – Come venne al mondo, realizzata da Filmmuseum München nel 2020 a partire da un negativo della Cinémathèque Royale de Belgique, integrato da negativi del MOMA di New York e del Gosfilmfond di Mosca.
Una rara copia nitrato d’epoca, conservata presso l’Archivio di Cineteca Milano, è stata utilizzata come riferimento per i colori. Un aspetto unico di questa versione è che il montaggio, il più lungo mai messo a punto fino ad oggi, è basato sul ritrovamento della partitura originale, composta da Hans Landsberger e riorchestrata appositamente per questa edizione da Richard Siedhoff. La narrazione si incentra sul mito della creazione della vita, dell’uomo che vuole diventare Dio.
Ambientato a Praga nel ‘500 e ispirato a una leggenda medioevale, il film racconta la storia del rabbino Jehuda Lőw, capo di una comunità ebraica sistematicamente vittima di pogrom da parte dell’imperatore. Per difendere il suo popolo, Low, a sua volta accusato di stregoneria, costruisce il Golem, gigante d’argilla che egli riesce ad animare servendosi di formule magiche. Ma la creatura sfuggirà al suo controllo.
Andando alle specifiche tecniche, Il Golem – Come venne al mondo (Der Golem, wie er in die Welt kam) è un film muto del 1929 diretto da Carl Boese e Paul Wegener, che ne è anche interprete. Nel corso degli anni è stato presentato anche con i titoli Der Golem wie in die Welt kam, Il golem; Bug uomo d’argilla e Bug, l’uomo d’argilla.
Il film rappresenta l’antefatto del film perduto Der Golem, 1915, ed è la terza pellicola girata da Wegener sul tema, l’unica ad essere sopravvissuta. Il co-regista Carl Boese, ha raccontato che per la realizzazione del film utilizzarono trucchi tecnici, chimici e fisici; le sovrimpressioni erano preparate ed eseguite nella stessa macchina da presa al momento delle riprese.
Per filmare i raggi di sole che avrebbero dovuto, secondo la scenografia disegnata dall’architetto Hans Poelzig, cadere verticali dalla finestra sul laboratorio del rabbino e creare l’effetto del pulviscolo, collocarono lo studio, che allora era di vetro, in modo tale che captasse i veri raggi del sole e per ottenere l’effetto del pulviscolo macinarono e sparsero polvere di mica.
Altri difficili effetti speciali riguardarono l’evocazione del demonio, lo scoppio del temporale, i riflessi dei lampi sui visi degli attori, l’apparizione dei fantasmi, la mantellina che brucia, le parole che escono dalla bocca di una maschera demoniaca, l’animazione del Golem.
La macchina da presa era già mobile e poteva avanzare, indietreggiare, girare. Per l’occasione, lo scenografo Hans Poelzig eseguì gli schizzi che poi sua moglie Marlene Poelzig, scultrice, trasformò in grandi bozzetti di creta particolareggiati.
Gli ambienti da lui creati appaiono misteriosi e fantastici, pur alludendo ai ghetti abitati dagli ebrei nelle città europee: edifici gotici, case dalle cuspidi aguzze, molto alte e molto strette che assomigliano ai cappelli a punta degli ebrei.
Negli interni troviamo “architetture antropomorfe”: una scala a chiocciola a forma di orecchio, volte carnose nella camera della figlia del rabbino Miriam, nervature, ogive.
Regia:Paul Wegener, Carl Boese. Sceneggiatura: Henrik Galeen, dal romanzo di Gustav Meyrink. Interpreti: Albert Stert Steinrück, Paul Wegener, Lyda Salmonova, Ernst Deutsch, Lothar Müthel, Otto Gebühr. Germania, 1920, 90’, muto, imbibito. Versione originale tedesca, didascalie in italiano.






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