
Attrice dal notevole fascino, acuito dallo sguardo magnetico e dalla voce roca, in sinergia con una profonda naturalezza espressiva ed una presenza scenica basata sulla discrezione, caratteristica quest’ultima propria anche della vita al di là delle scene, Lea Massari ci ha lasciati lo scorso 23 giugno, morta a Roma, sua città natale (Anna Maria Massatani all’anagrafe, 1930). A suo agio sia sul grande che sul piccolo schermo (fu la Monaca di Monza ne I promessi sposi, 1967, sceneggiato televisivo di Sandro Bolchi), ma anche in teatro (Rugantino, Garinei & Giovannini, 1962), Lea Massari, dopo una breve frequentazione della facoltà di Architettura, iniziò a lavorare come indossatrice, collaborando poi col costumista Piero Gherardi.
Notata da Mario Monicelli sul set del film Proibito, 1954, adattamento del romanzo La madre di Grazia Deledda, il regista la volle nella parte di Agnes Barras, mentre tre anni dopo fu protagonista, insieme ad Enrico Pagani, del film di Renato Castellani I sogni nel cassetto. Ma è partire dal 1960, con L’avventura di Michelangelo Antonioni, che l’attrice andrà conoscere successo ed affermazione, lavorando in titoli come La giornata balorda (Mauro Bolognini, 1960) e Una vita difficile (Dino Risi, 1961), dove offrì al personaggio di Elena, compagna del giornalista ed ex partigiano Silvio Magnozzi (Alberto Sordi), note di amore silente, trattenuta compassione ed orgoglio.
Se per buona parte degli anni Sessanta la Massari lavorò con molti registi italiani (si possono ricordare, tra le altre, apparizioni in titoli come Morte di un bandito, Giuseppe Amato, 1961, o Le soldatesse, Valerio Zurlini, 1965; l’interpretazione di Anna Miklos in I sogni muoiono all’alba, 1961, Mario Craveri, Enrico Gras, Indro Montanelli), nel decennio successivo furono soprattutto i cineasti francesi ad esaltarne le capacità interpretative e le doti caratteriali, offrendole ruoli particolarmente intensi e complessi, come quelli in Les choses de la vie (Claude Sautet, 1970) e, soprattutto, Le souffle au cœur (Louis Malle, 1971).
Il cinema italiano continuò comunque a riservarle parti di rilievo, intuendone, non senza qualche difficoltà, la volontà di recitare in ruoli diversificati, non irrigiditi nei consueti canoni: La prima notte di quiete (Zurlini, 1972), Allonsanfàn (Paolo e Vittorio Taviani, 1974), Cristo si è fermato a Eboli (Francesco Rosi,1979, dall’omonimo romanzo di Carlo Levi).
Dagli anni Ottanta in poi l’attrice iniziò a diradare la sua presenza sulle scene, forse troppo presto dimenticata o semplicemente desiderosa di assecondare l’innata riservatezza di cui ho scritto ad inizio articolo, ma lasciò comunque il segno recitando in La 7ème cible (Claude Pinoteau, 1984), Segreti segreti (Giuseppe Bertolucci, 1985),Viaggio d’amore (Ottavio Fabbri, 1990), sua ultima apparizione cinematografica.





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