Enzo Jannacci – Wikipedia, Enzo Jannacci a Sanremo 1998 mentre presenta “Quando un musicista ride”. Fonte
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Enzo, Vincenzo, Jannacci ci ha lasciati ieri sera, venerdì 29 marzo. E’ stato tra i protagonisti più completi e concretamente estrosi della musica italiana, innovata e caratterizzata negli anni (dagli esordi nel ’56 come tastierista dei Rocky Mountains, voce Tony Dallara, per poi passare ad Adriano Celentano, I Rock Boys, ed arrivare al sodalizio con Giorgio Gaber, I due corsari, ’59, proseguendo da solista) con melodie particolari e testi sempre originali ma nel contempo attenti alla realtà, in particolare agli “ultimi”, gli sconfitti, i diseredati dalla vita, mediati attraverso il filtro del surreale e addolciti da toni poetici, venati anche da una certa malinconia.

Credo che alla lettura dei tanti articoli susseguitisi in queste ore Jannacci avrebbe fatto seguire la sua caratteristica risata o intonato seduta stante un Quelli che… adeguato alla situazione, ironico e sfottente. Ecco perché mi limito ad un semplice ricordo, anche come valido attore, in particolare ne Il frigorifero, insieme a Monica Vitti, diretto da Mario Monicelli, episodio del film Le coppie, ’70, e soprattutto perfetto protagonista de L’udienza, ’71, Marco Ferreri, scrivendo queste poche righe mentre ascolto Mexico e nuvole, una delle sue interpretazioni (il testo è di Vito Pallavicini, la musica di Michele Virano e Paolo Conte) da me preferite, pur se in conclusione, nella presunzione di ritenerla coerente allo spirito dell’artista, lascio la parte finale di Vengo anch’io: “Si potrebbe andare tutti quanti al tuo funerale Vengo anch’io? No tu no per vedere se la gente poi piange davvero e capire che per tutti è una cosa normale e vedere di nascosto l’effetto che fa“.

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