“Fa male l’assenza? No. Fa male la perdita. Che è altro dall’assenza.
La perdita sa cosa ha perso.
L’assenza può essere un vago sentore, un’emozione senza corpo e senza suono di qualcosa che manca e che non ho, ma che non so cos’è. La perdita, è quella che provo io, perché lo so. Ed è peggio dell’assenza.
Perché quello che conoscevo e che tenevo fra le dita non c’è più.
Non sarà più. È la stessa differenza che c’è fra Ray Charles e Stevie Wonder. Stevie è cieco dalla nascita, Ray c’è diventato.
Ray sa cos’è vederci, Stevie no. Ray ha provato la perdita. Stevie l’assenza. Stevie sta meglio di Ray. Ci metto la mano sul fuoco.” ( Il vicequestore Rocco Schiavone rivolto alla moglie Marina, da Non è stagione di Antonio Manzini, Sellerio Editore, 2015)
Non ne sono certa. Da una parte capisco che probabilmente è così, stiamo meglio senza sapere che cosa abbiamo perduto, però dipende dal punto di vista da cui guardi, in fondo penso come de André che (in molti casi) “è meglio esserci lasciati che non esserci mai incontrati”.
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Concordo in parte con quanto scrivi, se limitiamo il discorso all’interno di un rapporto sentimentale, ma credo che la frase riportata, esterno la sensazione che mi ha lasciato nell’ambito del romanzo letto e nella sua trasposizione televisiva, si riferisca più ampiamente alla perdita fisica di quanti ci sono stati vicino (personalmente mi sono rinvenute in mente persone care che ci non sono più e che considero ancora presenti). Grazie, un caro saluto.
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E’ vero che la frase sembra limitata a un rapporto sentimentale, ma per me invece è vera in ogni ambito, meglio aver avuto qualcosa (amore, amicizia, affetto, esperienze sensoriali) e averlo perso che non averlo mai avuto, vero per me, naturalmente, e comunque con la mia dose di dubbio 🙂
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