Ci ha lasciato lo scorso venerdì, 27 gennaio, l’indimenticabile attrice francese, cinematografica e teatrale, Emmanuelle Riva (Cheniménil, 1927).
Si fece notare per la sua toccante sensibilità interpretativa fin dal primo ruolo come protagonista in Hiroshima, mon amour (1959, opera prima di Alan Resnais), che seguì al debutto avvenuto l’ anno precedente, una piccola parte in Les grandes familles (1958, Le grandi famiglie, Denys de La Patellière), quando già era attiva in teatro (l’esordio risale al 1954, a Parigi, nello spettacolo Uomo e Superuomo di George Bernard Shaw), dopo aver frequentato nellaa capitale francese i corsi dell’Ecole Supérieure D’art Dramatique, una volta superate le ostilità genitoriali. Nel citato Hiroshima, mon amour, sceneggiato da Marguerite Duras, Emmanuelle Riva dava corpo alla rappresentazione, espressa a livello soggettivo e documentaristico, di un tema caro a Resnais in qualità di fulcro narrativo, lo scontro fra memoria storica ed oblio, il presente e il passato che si intersecano fra di loro, impersonando un’attrice francese che arriva ad Hiroshima per girare un film contro la guerra e si innamora di un architetto giapponese (Eiji Okada), mantenendo ancora vivo il ricordo del soldato tedesco da lei amato durante l’occupazione. Nel corso della narrazione, che alterna con disinvoltura momenti temporali diversi, monologhi e dialoghi, prende dunque vita un particolare flusso di coscienza il quale permetterà alla donna una sorta di riconciliazione, con se stessa e chi gli sta accanto, che da particolare assumerà consistenza e valenza universale.
Tale esordio segnò profondamente la carriera dell’attrice, almeno fino a tutti gli anni Sessanta, quando ebbe modo di esprimere talento e versatilità in pellicole altrettanto autoriali, apprezzata in Italia (Kapò, Gillo Pontecorvo, Adua e le compagne, Antonio Pietrangeli, 1960) come in Francia (Léon Morin, prêtre, 1961, Léon Morin, prete ‒ La carne e l’anima, Jean-Pierre Melville, Thérèse Desqueyroux, Il delitto di Thérèse Desqueyroux, Georges Franju, con cui vinse nel 1962 la Coppa Volpi alla 23ma Mostra Internazionale d’ Arte Cinematografica di Venezia).
Negli anni Settanta si dedicò soprattutto al teatro, le sue interpretazioni cinematografiche furono infatti piuttosto limitate, per lo più in film non particolarmente rilevanti (ad esempio La modification, 1970, La moglie nuova, Michel Worms), tornando frequentemente sul grande schermo nel ventennio successivo, anche in ruoli da caratterista alternati a quelli da protagonista (Gli occhi, la bocca, 1982, Marco Bellocchio, Bernadette, 1988, Jean Delannoy, Trois couleurs: bleu, 1993, Tre colori ‒ Film blu, Krzysztof Kieślowski, A che punto è la notte, 1995, Nanni Loy). Nel 2011 insieme a Jean-Louis Trintignant in Amour, per la regia di Michael Haneke (Palma d’Oro al 65mo Festival di Cannes), dolorosa ma necessaria riflessione su amore e morte, persistenza del ricordo e del dolore, Emmanuelle Riva ci ha regalato l’ultima interpretazione (miglior attrice agli European Film Awards ed una candidatura nella stessa categoria agli 85esimi Academy Awards), soffusa di dolcezza e malinconia, lasciandoci negli occhi e nel cuore l’incanto di un tenero sguardo e di un lieve sorriso.
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