Il cinema filippino in Italia con la piattaforma PVOD – Premium Video On Demand

(Letterboxd)

Dallo scorso 2 aprile il cinema filippino è giunto in Italia, sulla piattaforma PVOD (Premium Video On Demand), grazie ad un accordo tra TBA Studios, una delle principali società di produzione e distribuzione cinematografica nelle Filippine, e la TVCO, società di vendita internazionale fondata da Vincenzo Mosca nel 2006, che distribuisce in tutto il mondo film, documentari, format e programmi italiani ed esteri, nell’intento di offrire rilevanza al cinema d’autore, portando nei grandi mercati e festival internazionali opere prime e nuove voci del cinema indipendente. Il Premium video on demand si palesa quindi come un esempio di cinema virtuale che consente ai clienti di accedere in anteprima ai contenuti, una soluzione fondamentale in questo momento in cui nel nostro paese i cinema sono ancora chiusi, rendendo disponibili titoli in contemporanea o succedanei all’uscita tradizionale nelle sale cinematografiche. Fra i film disponibili al lancio, che ho potuto visionare, Us, At the End of the Year (Tayo Sa Huling Buwan Ng Taon), diretto da Nestor Abrogena Jr., anche autore della sceneggiatura insieme a Pertee Briñas, e Write About Love, per la regia di Crisanto Aquino, co-sceneggiatore con Janyx Regalo, due commedie romantiche, entrambe del 2019, che affrontano tematiche sentimentali sullo sfondo della realtà quotidiana attraverso differenti stilemi e caratterizzazioni figurative nell’ambito della messa in scena. Il primo è il sequel di Ang Kwento Nating Dalawa (The Story of Us), 2015, sempre diretto da Abrogena, e narra infatti la nuova vita di Sam (Nicco Manalo) e Isa (Emmanuelle Vera), cinque anni dopo essersi lasciati: lui insegnante supplente, lei aspirante scrittrice in procinto di lasciare Manila per recarsi negli Stati Uniti dove è stata assunta da una casa editrice, ambedue con nuovi compagni al fianco coi quali condividere inediti progetti e nuove speranze di vita, rispettivamente la collega Anna (Anna Luna) e Frank (Alex Vincent Medina), prossimo al lavoro in una compagnia aerea.

Nicco Manalo ed Emmanuelle Vera (Munitalks PH)

Il regista pone la macchina da presa al servizio della narrazione, avallando al riguardo differenti modalità di visualizzazione: parte da una resa quasi documentaristica della vita delle due coppie, il lavoro, i rapporti fra di loro e con i familiari, le amicizie, gli ambienti frequentati, filtrando con una certa ponderatezza la costruzione complessiva dell’iter narrativo, rendendo la realtà così com’è nel succedersi degli accadimenti, senza alcuna mediazione “estranea” che non sia il filtro della sceneggiatura, affidandosi anche al non detto nel far intuire qualcosa d’indefinito nelle reciproche relazioni, forse un’insoddisfazione di fondo, un accontentarsi di quanto si ha portata di mano giusto per rimediare alla solitudine e nel non voler elaborare i trascorsi, anche dolorosi, di un passato sempre presente, i quali riemergeranno una volta che Sam ed Isa si rincontreranno ed inizieranno a frequentarsi nuovamente, apparentemente come vecchi amici. Ora il ritmo sembra farsi più serrato, la fotografia (Tey Clamor) cambia tonalità nel rendersi meno patinata (come nella sequenza in cui Sam ed Isa si ritrovano uno di fronte all’altra, avvolta da un’aura quasi onirica) e l’iter narrativo propende a sostenere il turbinio emozionale proprio Di quell’amor, quell’amor ch’è palpito/Dell’universo, Dell’universo intero, Misterioso, Misterioso altero, Croce, croce e delizia, Croce e delizia, delizia al cor (La Traviata, Giuseppe Verdi, 1853), fino a giungere ad un finale forse troppo confuso ed ambiguo, probabile premessa ad un ulteriore seguito. Da segnalare le valide interpretazioni attoriali e la colonna sonora curata da Poch Gutierrez, in cui è inclusa l’hit Huling Sandali dei December Avenue, band di Manila.

(MyMovies)

D’impatto maggiormente cinematografico mi è invece parso Write About Love, in particolare per la costruzione complessiva del plot, che potrebbe richiamare, forse un po’ alla lontana, Insieme a Parigi (Paris – When It Sizzles, 1964, Richard Quine, la cui sceneggiatura di George Axelrod si basava sul La fête à Henriette, 1952, diretto da Julien Duvivier): un’aspirante scrittrice (Miles Ocampo), lavorante nell’azienda familiare d’abbigliamento e sulla cui vita pesa la separazione dei genitori, propone una sua sceneggiatura, Solo noi, ad una major cinematografica. Il lavoro viene apprezzato, ma occorrerebbe un maggiore distacco dalla convenzionalità, per cui le viene affiancato uno scafato scrittore, già autore di alcuni film indipendenti (Rocco Nacino). Nel corso dell’iter narrativo vedremo dunque confluire, con una certa fluidità garantita dal valido lavoro di montaggio (Vanessa de Leon), differenti racconti con relativi avvenimenti e differenti situazioni, ma in certo qual modo complementari tra loro nell’offrire visualizzazione a quel convulso sentimento noto come amore, a partire da quello che vede protagonisti i giovani Joyce (Yeng Constantino) e Marco (Joem Bascon) nell’ambito della sceneggiatura scritta a quattro mani e soggetta a vari mutamenti in corso d’opera al pari della progressiva conoscenza nella vita reale fra la scrittrice e lo scrittore, così come troverà chiarificazione l’interruzione del rapporto tra i genitori della prima. La regia di Crisanto Aquino appare piuttosto attenta a valorizzare le interpretazioni attoriali ed in particolare nel visualizzare con naturalezza, senza indulgere in toni mielosi o melodrammatici, il classico gioco del rimpiattino tra la realtà dell’immaginazione e l’immaginazione della realtà, combinando e scombinando i piani relativi alla quotidianità vissuta, sulla quale hanno il loro sussultorio impatto problematiche ed ambasce in ordine sparso, e quella anelata, suggellata dal canonico lieto fine; in fondo, citando Shakespeare, siamo fatti della stessa sostanza di cui sono fatti i sogni, per cui rifugiarsi in quest’ultimi non può che costituire un pronto antidoto per rendere sopportabile quella buffa commedia che è la vita, sul cui palcoscenico, volenti o nolenti, siamo tutti chiamati a recitare la nostra parte. (Già pubblicato sul sito Lumière e i suoi fratelli-Cultura cinematografica e crossmedialità)


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