Diabolik-Ginko all’attacco!

(Movieplayer)

Ghenf, Museo Nazionale, notte. Diabolik (Giacomo Gianniotti), scalandone la parete, si è introdotto nell’edificio da una finestra, uccidendo con un fulmineo lancio dell’inseparabile pugnale l’agente di guardia, avendo così libero accesso alla sala in cui è esposta una corona d’oro e gemme preziose facente parte della collezione di gioielli Armen, chiudendo poi la porta dall’interno. Richiamate dal suono dell’allarme, le altre guardie sono quindi costrette ad usare l’esplosivo per poter entrare, ma è troppo tardi, il genio del male si è già librato in volo con la refurtiva, per mezzo di un aliante: ad attenderlo a valle vi è l’amata complice Eva Kant (Miriam Leone), a bordo della nera Jaguar E, colpo riuscito, via a tutto gas verso il rifugio. Trascorso un mese, al Teatro Excelsior di Clerville sta per andare in scena uno spettacolo ad opera del Balletto Smeraldo, cinque affascinanti ballerine sul palco con indosso la collezione completa dei citati gioielli Armen, che, con un abile stratagemma, saranno rapite dal duo criminale, così da impossessarsi dei monili per poi lasciarle libere, sane e salve. Diabolik ed Eva non possono però sapere che la rappresentazione è frutto di una meticolosa orchestrazione del “dannato ispettore” Ginko (Valerio Mastandrea), il quale ha fatto immergere i gioielli in un liquido radioattivo: con tutta la sua squadra riuscirà ad individuarne il nascondiglio, scavato all’interno di una montagna, per cui la coppia sarà costretta a darsi alla fuga, a piedi, con Diabolik che non si farà scrupolo ad abbandonare la compagna, rendendole difficile mettersi in salvo. Ambedue sfuggiranno alla cattura, ma la polizia è ormai in possesso di tutte le loro ricchezze, anni di rapine e colpi criminali, riuscendo poi a scovare un ulteriore covo/laboratorio all’interno di una fabbrica dismessa. Una parziale vittoria per Ginko, che presto si troverà a gestire, tallonato dal Ministro della Giustizia, non solo la richiesta di una Lady Kant desiderosa di vendetta, un lasciapassare per l’espatrio in cambio della collaborazione per la cattura di Diabolik, ma anche una delicata questione personale legata all’ammaliante Altea Von Waller (Monica Bellucci), duchessa di Vallenberg, giunta a Clerville per recarsi al ricevimento in casa Beaumont, dove potrà fare sfoggio della collana nota come Grifone nero

Giacomo Gianniotti (Movieplayer)

Scrivendo, entusiasta, del Diabolik diretto dai Manetti Bros. nel 2020, ritenendolo, fortunatamente, molto distante dai muscolari e obnubilanti giri di giostra dei cinecomic americani, concludevo l’articolo ribadendo la mia personale opinione, ovvero come il film dovesse considerarsi espressione di un atto d’amore nei confronti del fumetto d’origine, per una trasposizione permeata da “quella materia di cui sono fatti i sogni” (Shakespeare, La tempesta) e rappresentativa in buona sostanza di una personalissima via italiana al cinefumetto, tra citazioni e rimandi tanto alle tavole disegnate quanto al nostrano poliziottesco d’epoca. Auguravo quindi, in vista dei già previsti due capitoli, una maggiore coesione narrativa, congiunta ad una più incisiva concretezza delle proprie capacità autoriali: desiderio esaudito, come ho potuto constatare, ancora una volta non distogliendo gli occhi dallo schermo dall’inizio alla fine, nel corso della visione di Diabolik-Ginko all’attacco!, che i Manetti hanno adattato, piuttosto liberamente, dall’omonimo albo, il numero 16 del 10 aprile 1964 (sceneggiatura di Angela e Luciana Giussani, disegni di Enzo Facciolo), insieme a Michelangelo La Neve, deceduto nel gennaio del 2022, cui il progetto è dedicato, innestandovi all’interno della narrazione il personaggio di Altea, reso con fare divertito, vedi l’ostentato accento esotico, da Monica Bellucci, la cui complicata relazione con Ginko appare qui avviata da qualche tempo (nel fumetto la scintilla scoccò nel numero 22 del 10 ottobre 1964, Il grande ricatto, sempre scritto dalle sorelle Giussani e disegnato da Facciolo). Importante cambiamento, “l’uomo dai mille volti” non è più interpretato da Luca Marinelli bensì da Giacomo Gianniotti, il cui sguardo, congiunto al sorriso beffardo, rende bene il passaggio dal Diabolik algido e compassato come interpretato dai primissimi disegnatori a quello più espressivo proprio del più volte citato Facciolo, anche se come fisicità complessiva siamo lontani da quella, atletica e scultorea, propria del disegno (ricordo che le Giussani individuarono come modello di riferimento l’attore Robert Taylor).

Miriam Leone e Gianniotti (Movieplayer)

Nel precedente capitolo Eva Kant, interpretata da una magnetica e magnificamente in parte Miriam Leone, ora, se possibile, ancora più affascinante e grintosa, in particolare nel gestire il rapporto col suo “lui” (splendido il battibecco sull’eventualità da lei prospettata di prendersi una pausa: “Diabolik non va in vacanza!” e lei, di rimando, “Eva invece sì, e crede pure di essersela meritata”), andava a costituire il motore principale dei vari avvenimenti, a partire dall’intervento salvifico verso “il genio del male” una volta che veniva arrestato, processato e condannato alla ghigliottina. Adesso, invece, il fulcro portante della narrazione, con tanti colpi di scena ad incalzare e movimentare il ritmo narrativo, è certamente rappresentato dal ferreo ispettore Ginko, ottimamente reso da Valerio Mastandrea nel dare adito a quel misto di pervicacia e rassegnazione, ammirazione e compassione, proprio di un uomo che ha fatto della caccia al “maledetto criminale” una ragione di vita, del tutto in linea con gli ideali di legge e giustizia cui aderisce con convinzione e sul cui altare ha sacrificato i sentimenti, come quelli, intensi, provati verso Altea, ricambiati ma ostacolati nel loro libero esternarsi dal rigido rispetto delle convenzioni sociali. Una clandestinità amorosa che sembrerebbe in linea con quanto vissuto da Diabolik ed Eva, anche se la coppia criminale deve rispondere essenzialmente ad una del tutto personale legge morale, comportante in primo luogo il rispetto della propria individualità e la strenua difesa delle proprie scelte esistenziali, superando l’avulsione dall’ordinario contesto sociale avallando, nella comunanza di pari astuzia e ferocia criminale, romanticismo, rispetto reciproco e fiducia.

Valerio Mastandrea e Monica Bellucci (Movieplayer)

Meno lineare, più “agitato non mescolato” rispetto alla precedente realizzazione, a partire dalla splendida sequenza iniziale del furto al museo cui segue quella ancora più scoppiettante del balletto sulle note di Se mi vuoi (Diodato) mentre scorrono i titoli di testa, che richiama sì i film di 007, ma anche, come credo notato da molti, le sigle degli spettacoli televisivi e dei telefilm polizieschi datati anni ’70, Diabolik-Ginko all’attacco! ripropone con ancora maggior cura (la fotografia di Angelo Sorrentino, meno brumosa rispetto a quella ideata da Francesca Amitrano) e convinzione una stretta derivazione dalle tavole disegnate così come dalle riviste d’epoca nel ricostruire le atmosfere proprie degli anni ’70 (a giudicare da alcune automobili presenti in scena, come l’Alfa Romeo Montreal, ma anche dagli arredi, l’azione reputo si svolga in quel periodo), evidente in ogni inquadratura (vedi ad esempio il lancio del pugnale, col micidiale sibilo e il rumore sordo una volta centrato il bersaglio) e pure nei dialoghi, ripresi per lo più totalmente dagli albi d’origine. Egualmente può scriversi riguardo la descrizione della dinamica dei colpi o dell’incedere di determinati accadimenti prima o dopo il loro verificarsi, ricorrendo anche anche allo split screen per riproporre la scomposizione illustrativa del fumetto. Viene abbandonato, in parte, il ricorso agli stilemi da giallo/noir d’annata in favore, riprendendo quanto scritto nel corso dell’articolo, di quelli propri dei più riusciti poliziotteschi o di altri film di genere nostrani, questi ultimi richiamati anche nelle tonalità delle suadenti musiche opera di Pivio e Aldo de Scalzi. Sempre valida, poi, la cura riservata alle scenografie, con l’idea vincente di mescolare visivamente fra loro le zone più rappresentative di diverse città italiane a visualizzare località immaginarie quali Clerville (Milano e Bologna) o Ghenf (Trieste). Molto bello, a mio avviso, il succedersi delle sequenze verso il finale, dal saluto formale tra Altea e Ginko all’aeroporto, con evidente passione trattenuta (da parte di lui, lei gli riserva uno sguardo foriero di mille promesse), al ricongiungersi (spoiler) della coppia criminale, arrivando poi alla visione di Ginko, solo, nel rifugio sequestrato a meditare la prossima mossa… la caccia continua… ma intanto “tutto il mondo tremerà nel sentire il nome di Diabolik!” .

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