Intervista a Caterina Condoluci. In uscita il suo nuovo libro, “Torneremo a innamorarci delle parole” (Bertoni Editore)

Ho avuto la possibilità di leggere il nuovo libro di Caterina Condoluci, Torneremo a innamorarci delle parole (Bertoni Editore), presentato, insieme ad altre realizzazioni dell’autrice, al Salone del libro di Torino (18 – 22 maggio), stand n. 41, Bertoni Editore. Sono rimasto piacevolmente coinvolto dalla lettura, che ha suscitato in me varie riflessioni: in particolare mi è sovvenuta in mente una frase presente nel film Palombella rossa di e con Nanni Moretti, 1989, quando il protagonista esternava “Chi parla male, pensa male e vive male. Bisogna trovare le parole giuste: le parole sono importanti!”. Ho quindi contattato Caterina Condoluci, così da condividere insieme le sensazioni provate, dando vita all’intervista che potete leggere qui di seguito.

Ciao Caterina, benvenuta in questo spazio web e grazie della disponibilità. La lettura del tuo ultimo libro Torneremo a innamorarci delle parole mi ha piacevolmente coinvolto, suscitando varie riflessioni, ad iniziare da questa, che formulo in chiave di domanda: nell’attuale realtà sociale, dove tutto o quasi appare contestualizzato nella cornice di uno schermo dalle varie misure, con un linguaggio spesso estremizzato tanto verso la sintesi quanto verso l’iperbole, secondo te è ancora possibile riprendere un uso congruo delle parole?

“Ciao, Antonio, grazie per questo incontro, è sempre un piacere dialogare con te. In realtà oggi è difficile districarsi in mezzo alla valanga di termini che oralmente, con la scrittura e online ci sommergono, ci confondono, allontanandoci dal loro reale significato. E le parole, come scriveva Montale in Satura, 1971,

Non sono affatto felici

di essere buttate fuori

come zambrocche e accolte

con furori di plausi e

disonore;

…….

Il saggio Torneremo a innamorarci delle parole , dopo un’analisi sullo stato attuale, a partire dall’evoluzione del linguaggio nella nostra società, si sofferma sull’uso dei termini, a volte smodato, tipico della nostra contemporaneità, indicando una via da percorrere per tornare ad utilizzare le parole in modo consapevole.Torneremo a innamorarci delle parole, perché la parola ha valore di liberazione: Tutti gli usi della parola a tutti, mi sembra un bel motto, dal bel suono democratico. Non perché tutti siano artisti ma perché nessuno sia schiavo, come scrive Gianni Rodari in Grammatica della fantasia. Secondo me è necessario riprendere un uso congruo delle parole a vantaggio anche della comunicazione per le relazioni sociali e ciò è fattibile se siamo consapevoli che comunicare non è “trasferire parole” ma è condivisione in un processo circolare per il bene comune della comunità e per i valori più profondamenti condivisi”.

Il capitolo dedicato al linguaggio dei giovani ha particolarmente attirato la mia attenzione, considerando la curiosità e l’interesse che esterni nei confronti del loro gergo, spesso indice di appartenenza e compartecipazione. Anche alla luce delle tue esperienze come insegnante, questa continua ricerca di un idioma distintivo può consentire ai giovani il recupero di un provvido senso immaginifico e quanto noi adulti possiamo condividere del loro modo d’intendere la realtà?

Caterina Condoluci

“Il linguaggio giovanile da sempre ha avuto parole ed espressioni che nel passato non erano necessariamente visibili agli adulti, essendo un gergo usato principalmente tra coetanei. Il loro linguaggio ci guida nel loro mondo anche con l’uso delle canzoni, a volte veri e propri tormentoni, e, così scopriamo termini inimmaginabili ai giovani molto familiari. In realtà è interessante soffermarsi sul linguaggio giovanile, per scoprire la loro identità nel coniare le loro espressioni, spesso con ironia e fantasia. Oggi, visto l’uso del web, l’attenzione del linguaggio giovanile e della sua dinamicità non è limitato all’Italia ma ha interesse sovranazionale e i loro comportamenti sono fortemente condizionati da messaggi e parole che diventano tendenze. C’è una grande responsabilità verso i giovani tra gli organizzatori di eventi culturali, soprattutto quando la tendenza sfocia nella violenza provocando confusione nella mente delle generazioni attuali già fragili. Le parole hanno anche un valore formativo e tocca alla scuola preparare i giovani a leggere un testo ma, anche, a comprenderlo nelle sue componenti linguistiche, stilistiche, letterarie e storicoculturali, educandoli al vivere civile”.

Riprendendo il discorso del web, al suo interno vediamo la “giostra umana” agitarsi ed esternare quelle che si ritengono verità assolute, spesso rigurgitanti odio o rancore, piccole e grandi discriminazioni verso chi ci sembra diverso da noi. Siamo ancora in tempo, preservando e condividendo la nostra individualità, a recuperare per il tramite del linguaggio, magari anche inedito, la comune essenza di esseri umani?

(Interris.it)

“Oggi stiamo sprofondando in una cultura della comunicazione che pervade tutto e, ormai, a mio avviso, costituisce un problema. Capita sempre più spesso di sentirsi seppellire da messaggi e, con il veloce mutare delle circostanze, le relazioni sociali diventano sempre più fugaci, perdono di espressività e diventano solo trasmissione di informazioni spesso difficile da decodificare correttamente. Le parole servono per comunicare, certo, ma dobbiamo tenere presente, in un rapporto reciproco di comunicazione e di sopravvivenza, per evitare il “vuoto del cuore”, che siamo parte della natura e che ambiente naturale e società sono uniti per il bene comune. In tale contesto è necessario recuperare l’utopia, il sogno, perché anche quando inseguiamo i nostri sogni facciamo ricorso alle parole, parole che prendiamo dal la nostra lingua”.

Mi piacerebbe soffermarmi con te su quella che credo possa definirsi la seconda parte del libro, dove determinate parole trovano inedita valenza lessicale e si animano di particolari contenuti, dando vita a suggestivi monologhi oltre alla prevista interazione, nel corso delle future presentazioni, con vari strumenti musicali. Come è sorta quest’idea e quanto ritieni proficuo, culturalmente ma non solo, l’incontro tra letteratura e musica?

(Note tra le righe)

“Nel libro, tra realtà e invenzione letteraria, presento, nella seconda parte, quindici monologhi scegliendo quindici parole e soffermandomi sul loro significato reale. Rivedo, così, il paradigma classico del saggio introducendo la contaminazione narrativa che rende, a mio avviso, più libera e gustosa la lettura senza nulla togliere alla riflessione che gli argomenti del saggio propongono. Da sempre nei miei libri e nelle mie presentazioni ci sono diverse forme artistiche, poesia, arte, danza,…Amo provare e far provare sempre nuove emozioni. Anche con la musica, non è la prima volta. Ci sono stati già collaborazioni a proposito, ricordo Eleonora Del Grosso, pianista e compositrice, Beatrice Zoccali, pianista e docente di conservatorio, ,…e altri, e altri ancora ce ne saranno. L’incontro tra letteratura e musica è sempre esistito, dall’antica Grecia al Medioevo fino ai nostri giorni. Le suggestioni visive e sonore, infatti, rafforzano l’efficacia narrativa regalandoci, a volte, momenti di vera bellezza. Senza soffermarmi sui numerosi esempi di letteratura che hanno ispirato la musica, ricordo Franco Battiato in Invito al viaggio dall’album Fleurs, ispirato da Invito al viaggio di Charles Baudelaire. E potremmo fare tanti altri esempi... L’idea dei monologhi è nata a giugno 2022, durante un evento/spettacolo, a Treviso, tra cultura e musica. Io presentai un monologo, per la prima volta, letto magistralmente da Valeria Romano, accompagnata da un maestro di fisarmonica. Il coinvolgimento emozionale del pubblico mi ha spinto a scriverne altri, alcuni sono pubblicati nel libro”.

In conclusione, ringraziandoti nuovamente per la disponibilità, la classica “domandona” finale, ovvero i tuoi progetti per il futuro, hai già un’idea riguardo le tematiche sulle quali verteranno i prossimi lavori?

(Fondazione Altre Parole)

“È in programma la pubblicazione di un libro per ragazzi, che mi preme tanto, un racconto lungo, ambientato sulle coste del Mediterraneo. Ritorna anche Tomasino, il protagonista del mio libro Il segreto di Tomasino, il bambino che parlava alle piante e…per ora non rivelo altro. Certamente continuerò a scrivere narrativa, fiabe, racconti per bambini, ragazzi e non solo. Sono convinta che la scrittura, in un momento così complicato, se non coinvolge anche i giovanissimi e non comunica con loro rischia di diventare autoreferenziale. Ho già lavori pronti, a questo proposito. Non smetterò di scrivere saggi. Ho un lavoro che è una promessa a me stessa e di cui parlerò in seguito. Però mi succede che, volte, mentre sto scrivendo, ho un’intuizione che mi prende così intensamente da intraprendere un altro lavoro non programmato, senza lasciare niente di incompiuto. Mi capita, così, di scrivere contemporaneamente generi diversi, per cui un libro finito e pubblicato può essere stato in cantiere anche qualche anno. Sono intuizioni improvvise che assecondo e sviluppo. Così è stato per Torneremo a innamorarci delle parole e per altri lavori”.


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