(AlloCiné)

Proiettato sabato scorso al Biografilm Festival (Bologna, 19ma edizione, 9-19 giugno), alla presenza del regista Nicolas Philibert, già insignito nel corso della cerimonia d’inaugurazione del Celebration of Lives Awards 2023, Être et avoir viene distribuito nuovamente nelle sale italiane da oggi, lunedì 11 giugno, in versione restaurata e, fortunatamente, in lingua originale con sottotitoli.

Nell’ambito di una stagione estiva che sembrerebbe dominata, almeno nel circuito della grande distribuzione, da vari blockbuster, il documentario del cineasta francese a mio avviso meriterebbe senz’altro una visione, vuoi per riappropriarsi di una visione filmica più a misura d’uomo, considerandone l’essenzialità visiva e narrativa, vuoi, di conseguenza, per andare incontro ad una esperienza in certo qual modo intima e comunque sicuramente empatica, tra condivisione e fluire dei ricordi riguardo le proprie esperienze scolastiche, nell’alternarsi scomposto di gioie e dolori.

Philibert ha provveduto a selezionare quale congruo microcosmo una regione rurale della Francia, Auvergne, Dipartimento di Puy De Dome, proscenio dello scorrere temporale cadenzato dal succedersi delle stagioni (inverno 2000-estate 2001) nel corso di un anno scolastico all’interno di una scuola elementare caratterizzata da una classe mista, tredici bambini di età differente, dai quattro ai tredici anni, comprendendo quindi un livello di apprendimento che va dalla scuola primaria fino alla possibilità del  passaggio successivo alle medie.

In questo modo è stato possibile evidenziare tanto le diverse reazioni emozionali degli scolari, quanto la duttilità e la pazienza del maestro, monsieur Georges Lopez, prossimo alla pensione, tra fermezza e dedizione nel dedicarsi all’insegnamento, non solo o non tanto nel senso nozionistico del termine, bensì precipuamente volto a dar vita ad un congruo percorso formativo per gli adulti di domani, quei bambini ora alla prova del primo volo al di fuori del nido protettivo della famiglia, dove comunque hanno appreso i primi rudimenti esistenziali.

Inseriti quindi all’interno di un inedito complesso sociale, qui inizieranno a farsi le ossa, come si suole dire, andando ad adattare, gradualmente e non senza qualche salutare scossone, il proprio modo d’essere a quello dei coetanei, un imprinting formativo che, congiunto all’apprendimento e allo studio, consentirà loro di conferire congruo significato ai vari accadimenti cui andranno incontro nel corso della loro crescita.

Être et avoir, essere e avere, i primi due verbi che ci vengono insegnati a scuola ed essenza stessa della vita nella loro reciproca mutualità, si apre, credo non casualmente e probabilmente lo avranno notato già in molti, con un piano sequenza dal forte connotato simbolico, dalle immagini di alcuni contadini intenti a governare le loro mucche al pascolo, facendo attenzione che non lascino il sentiero per finire sulla strada interessata al passaggio di qualche auto, a quelle che evidenziano una Natura che tutto circonda e sovrasta, fino alla presenza di due tartarughe all’interno dell’aula vuota, che avanzano lentamente verso il mappamondo posto in un angolo.

L’istruzione, l’arte di insegnare il mestiere dell’apprendere, è quindi un percorso che richiede accortezza, congiunta ad una buona dose di indulgenza e di ricercata lentezza, comportante un arricchimento scambievole tra maestro e discepoli. Per stessa ammissione del regista, la costruzione complessiva della narrazione è affidata soprattutto ad un attento lavoro di montaggio, “invisibile”, al pari della regia, che solo in qualche sporadica occasione supera i limiti di un’accorta pudicizia.

Philibert ha quindi selezionato quanto girato in dieci settimane di riprese, trentacinque minuti al giorno con una sola videocamera presente in aula, nell’intento primario di raccontare una storia e condividerla, prediligendo la soggettività nella rappresentazione del reale, quest’ultimo restituito al nostro sguardo per il tramite di quello dei bambini, così da ricercare, in virtù di “affetti speciali” quali naturalezza ed umanità, una concreta condivisione con le problematiche proprie di un percorso di crescita, riprendendo quanto scritto nel corso dell’articolo.

Sarà allora facile rammentare il nostro primigenio ed incerto affacciarsi alla vita, consapevoli, prima o poi, di come, citando Eduardo De Filippo, “gli esami non finiscono mai”. D’altronde, “Anche i grandi a scuola vanno tutti i giorni di tutto l’anno. Una scuola senza banchi, senza grembiuli né fiocchi bianchi. E che problemi, quei poveretti, a risolvere sono costretti: “In questo stipendio fateci stare vitto, alloggio e un po’ di mare”. La lezione è un vero guaio: “Studiare il conto del calzolaio”. Che mal di testa il compito in classe: “C’è l’esattore delle tasse”! (Gianni Rodari, La scuola dei grandi).

2 risposte a “Biografilm Festival 19ma edizione: Être et avoir (2002)”

  1. Avatar Antonio Falcone
    Antonio Falcone

    L’ha ripubblicato su Lumière e i suoi fratelli.

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  2. […] e poterne scrivere al riguardo. Dopo la profonda emozione conseguente alla visione del bellissimo Essere e avere di Nicolas Philibert, ho quindi assistito con piacere alle proiezioni di due docufilm presentati […]

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