
Protagonista d’eccezione della cerimonia d’apertura del 41mo Torino Film Festival, venerdì 24 novembre, sarà uno dei grandi maestri del cinema italiano, Pupi Avati, regista, produttore, sceneggiatore e grande affabulatore.
Nel corso della serata, condotta da Steve Della Casa, direttore del Festival e storica voce di Hollywood Party, si avvicenderanno sul palco, per rendergli omaggio, alcune personalità del mondo del cinema e dello spettacolo che con Avati hanno condiviso momenti importanti del loro percorso umano e artistico: Micaela Ramazzotti, Neri Marcorè, Lodo Guenzi.
Madrina della cerimonia di apertura sarà l’attrice ed ex modella Catrinel Marlon. Cavalcando il successo dell’edizione precedente, la cerimonia di apertura sarà nuovamente trasmessa in diretta su Rai Radio 3 nell’ambito del programma Hollywood Party, a partire dalle ore 19.00. A fare da sfondo alla serata inaugurale, che si inserisce nella collaborazione del Festival con la Rai, Main Media Partner da anni, sarà la Reggia di Venaria. Dopo l’inaugurazione, sabato 25 novembre, sarà presentato il primo film Fuori Concorso, Un anno difficile, la nuova commedia di Olivier Nakache ed Éric Toledano, con Pio Marmaï, Jonathan Cohen e Noémie Merlant.
Sempre Fuori Concorso, in anteprima italiana, sarà presentato Il cielo brucia di Christian Petzold, presente in sala, Orso d’Argento all’ultimo Festival di Berlino. In programma Fuori Concorso anche A guardia di una fede per la regia di Andrea Zambelli, documentario che racconta la storia della Curva Nord dell’Atalanta, dal 1993 ad oggi, attraverso gli occhi di Claudio “Bocia” Galimberti, una delle figure più carismatiche degli ultras bergamaschi.
Tra gli appuntamenti della 41ma edizione, ci sarà anche una retrospettiva dedicata a Sergio Citti, in occasione del novantesimo anno dalla nascita, realizzata in collaborazione con il Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale. Collaboratore di Pasolini e regista unico nel panorama italiano, Citti sarà omaggiato dal TFF con la prima retrospettiva completa che gli sia mai stata dedicata, nella quale verranno mostrati tutti i lungometraggi realizzati per il cinema e le opere per la televisione, proiezioni che saranno introdotte da uno o più ospiti, tra storici del cinema o interpreti e collaboratori del cineasta.
In occasione della retrospettiva, curata da Stefano Boni, Grazia Paganelli, Matteo Pollone e Caterina Taricano, sarà inoltre pubblicato un volume edito dal Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale, curato da Matteo Pollone e Caterina Taricano, che propone una filmografia commentata, una bibliografia definitiva, oltre a una selezione di dichiarazioni dello stesso Citti ed una serie di ricordi di chi lo ha conosciuto bene e ha lavorato con lui. Tra questi David Grieco, Giancarlo Scarchilli, Carlo Verdone, Pupi Avati, Sergio Rubini, Elena Sofia Ricci, Silvio Orlando, Rosario Fiorello, Enrico Montesano, Anna Melato, Ida di Benedetto, Vera Gemma.
Dopo una prima edizione dedicata a western minori e dimenticati, Mezzogiorno di fuoco torna con un omaggio al più importante tra i divi che hanno caratterizzato la storia del genere americano per eccellenza: John Wayne, la cui immagine campeggia sull‘immagine ufficiale del Festival, opera di Ugo Nespolo. Per ripercorrere la carriera di The Duke saranno proposti sette titoli, dagli albori del cinema sonoro (Il grande sentiero, The Big Trail, Raoul Walsh, 1930) fino all’ultima pellicola interpretata (Il pistolero, The Shootist, Don Siegel, 1976), ognuno diretto da alcuni dei più grandi maestri della Hollywood classica.

Ecco i citati Walsh e Siegel, Howard Hawks, John Farrow, Henry Hathaway, John Ford, quest’ultimo presente con due titoli, I cavalieri del nord-ovest (She Wore a Yellow Ribbon, 1949) e I tre della croce del Sud (Donovan’s Reef, 1963), unico titolo della rassegna non rientrante nel genere. Lo spettatore potrà ritrovare il Wayne più classicamente eroico (ad esempio in Hondo, John Farrow, 1950), quello più duro e inflessibile (Il fiume rosso, Red River, Howard Hawks, 1948) ma anche quello più ironico e scanzonato (Pugni, pupe e pepite, North to Alaska, Henry Hathaway, 1960).
L’importanza di John Wayne all’interno della storia del cinema hollywoodiano è ovviamente fuori discussione, e va molto al di là di un solo genere, considerando come sia stato protagonista di grandi film di guerra, d’avventura, polizieschi e perfino commedie. Ma è indubbiamente il western ad averne creato e consolidato il mito. (Fonte: comunicato stampa)






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