Il_Gattopardo_manifesto
(Cineteca di Bologna)

1963-2013: a 50 anni dalla sua prima uscita, Il Gattopardo di Luchino Visconti farà ritorno in 70 sale italiane da lunedì 28 ottobre nella versione restaurata da Titanus, Cineteca di Bologna e dal suo laboratorio L’Immagine Ritrovata, in collaborazione con The Film Foundation di Martin Scorsese, Pathé, Fondation Jérôme Seydoux, Twentieth Century Fox e CSC-Cineteca Nazionale, con il sostegno di Gucci. Dopo Dial M for Murder di Alfred Hitchcock, questo secondo titolo rappresenta un’altra significativa tappa del nuovo progetto distributivo della Cineteca di Bologna (in collaborazione con Circuito Cinema), Il Cinema Ritrovato. Al cinema.

Al film è abbinato, precedendone la proiezione, il documentario I due Gattopardi, realizzato da Alberto Anile e Maria Gabriella Giannice, giornalisti e scrittori, autori del libro Operazione Gattopardo – Come Luchino Visconti trasformò un romanzo di “destra” in un successo di “sinistra” (Le Mani, 2013), recentemente insignito del premio Efebo/SNGCI come miglior libro di cinema del 2013: vengono ripercorse le complesse vicende che portarono alla realizzazione della pellicola, a partire dalle traversie subite dal romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957), uscito postumo dopo il rifiuto degli editori Mondadori ed Einaudi, grazie a Giorgio Bassani, per i tipi Feltrinelli, nel 1958, (l’anno successivo vinse il Premio Strega).

Nel confronto fra libro e film, si passa dalla tempesta di critiche che il romanzo suscitò, all’attenzione del Partito Comunista per la trasposizione in pellicola, arrivando infine al lungo e difficile lavoro di scrittura. Si mirava ad una sceneggiatura che potesse soddisfare le diverse esigenze artistiche, ideologiche e produttive, anche nella considerazione delle studiate infedeltà cui Visconti piegò il testo originario, lavorando all’adattamento con i suoi collaboratori di fiducia, Suso Cecchi d’Amico ed Enrico Medioli. Al gruppo si unirono in seguito due sceneggiatori della Titanus, Pasquale Festa Campanile e Massimo Franciosa (che avevano già partecipato a Rocco e i suoi fratelli).

Parte sostanziale del documentario sono poi le scene inedite, ritrovate da Anile e Giannice, tagliate da Visconti dopo alcuni mesi di regolare distribuzione in sala, da allora dimenticate e mai più viste: la prima del film, al Cinema Barberini di Roma il 27 marzo 1963, prevedeva infatti una versione più lunga di quella distribuita successivamente e presentata anche al 16mo Festival di Cannes, dove vinse la la Palma d’Oro, alla quale si aggiunsero tre Nastri d’argento ( fotografia, Giuseppe Rotunno; scenografia, Mario Garbuglia; Costumi, Piero Tosi) e il David di Donatello a Goffredo Lombardo per la miglior produzione.

Tornando al film, fra le sequenze più famose vi è certo quella del ballo, il cui motivo musicale è costituito dalla partitura inedita di un Valzer brillante di Giuseppe Verdi, che questi aveva a suo tempo dedicato alla contessa Maffei, il cui manoscritto originale era stato acquistato presso una libreria antiquaria romana da Mario Serandrei, montatore del film e amico sia di Visconti che di Rota, e regalato al primo.

La partitura per pianoforte è stata orchestrata successivamente da Rota per piccolo ensemble e utilizzata per le evoluzioni in a solo di Fabrizio e Angelica. Riguardo i rimanenti Ballabili, forse con la stessa complicità di Visconti e a totale insaputa della critica cinematografica e musicale, Rota agì secondo una delle sue consuete operazioni di recupero.

Orchestrati nello stesso modo, i suddetti brani facevano infatti parte della colonna sonora del film Appassionatamente (1954, Giacomo Gentilomo), fimata appunto da Rota. Il prossimo titolo restaurato e riportato al cinema dalla Cineteca di Bologna e da Circuito Cinema sarà Les Enfants du Paradis di Marcel Carné, in sala dal 25 novembre.

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(…)“Del romanzo di Lampedusa non abbiamo sottaciuto un solo momento o aspetto o dialogo decisivo; in più abbiamo dato corpo ad alcuni motivi che nel romanzo sono presenti in accenni informativi. Prima di tutto la rivoluzione palermitana, le battaglie garibaldine, il linciaggio degli sbirri borbonici: tutto questo era necessario per spiegare la potenza dirompente della congiuntura storica e il rischio reale che Tancredi accetta di correre, per inseguire il suo deliberato disegno di essere alla testa dei fatti per dominare i fatti stessi. In secondo luogo il rapporto tra don Calogero e i contadini (cui più volte si accenna nei dialoghi del libro), per rendere evidente una delle componenti del prezzo e della posta in gioco nel contratto di matrimonio fra Tancredi e Angelica. In terzo luogo le conseguenze della disperata impresa di Aspromonte. Alcuni disertori dell’esercito regio che nel 1862 obbedirono all’appello di Garibaldi per seguirlo ad Aspromonte furono fucilati come disertori. Naturalmente non ci siamo presi la libertà di introdurre questo episodio nel film; ma è una realtà che echeggia nel ballo, e della quale Fabrizio è ben consapevole.

Alla fine della festa infatti, come in un commiato solenne e amaro allo stesso tempo, le carrozze degli invitati tornano alle loro case alle prime luci dell’alba, mentre il principe Fabrizio si avvia solo per le vie della vecchia città (…). Se qualcuno dicesse che in Lampedusa i modi particolari di affrontare i temi della vita sociale e dell’esistenza che furono del realismo verghiano e della “memoria” di Proust trovano un loro punto di incontro e di sutura, mi dichiarerei d’accordo con lui. È sotto questa suggestione che ho riletto il romanzo le mille volte, e che ho realizzato il film. Sarebbe la mia ambizione più sentita quella di aver fatto ricordare in Tancredi e Angelica la notte del ballo in casa Ponteleone, Odette e Swann, e in don Calogero Sedàra, nei suoi rapporti coi contadini e nella notte del Plebiscito, Mastro don Gesualdo. (…)

Del resto, il tema centrale del Gattopardo – “perché tutto rimanga com’è bisogna che tutto cambi” – non mi ha interessato soltanto sotto la critica spietata al trasformismo che pesa come una cappa di piombo sul nostro paese e che gli ha impedito di cambiare davvero fino ad oggi, ma sotto l’aspetto più universale, e purtroppo attualissimo, di piegare la spinta del mondo verso il nuovo alle regole del vecchio, facendo ambiguamente e ipocritamente sovraneggiare quelle da queste” (Antonello Trombadori, Dialogo con Visconti, in Il film Il Gattopardo e la regia di Luchino Visconti, a cura di Suso Cecchi d’Amico, Bologna, Cappelli, 1963, pp. 28-30).

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Il Gattopardo di Luchino Visconti, versione restaurata Italia-Francia, 1963 durata: 185’. Soggetto: dal romanzo omonimo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Sceneggiatura: Luchino Visconti, Suso Cecchi d’Amico, Pasquale Festa Campanile, Massimo Franciosa, Enrico Medioli. Fotografia: Giuseppe Rotunno. Montaggio: Mario Serandrei. Musica: Nino Rota. Interpreti: Burt Lancaster (Don Fabrizio, Principe di Salina), Alain Delon (Tancredi Falconeri, nipote del Principe), Claudia Cardinale (Angelica Sedara), Romolo Valli (padre Pirrone), Paolo Stoppa (don Calogero Sedara), Serge Reggiani (don Ciccio Tumeo), Rina Morelli (Maria Stella, moglie del Principe), Lucilla Morlacchi (Concetta), Leslie French (Chevalley), Pierre Clementi (Francesco Paolo), Ivo Garrani (colonnello Pallavicino), Giuliano Gemma (generale garibaldino), Mario Girotti (conte Cavriaghi), Anna Maria Bottini (la governante, M.lle Dombreuil), Lola Braccini (donna Margherita), Olimpia Cavalli (Mariannina), Ottavia Piccolo (Caterina).Produzione: Goffredo Lombardo per Titanus.

2 risposte a “Il ritorno de “Il Gattopardo””

  1. Film meraviglioso, davvero strepitoso in tutti i suoi aspetti. Devo dire che la prima volta che lo vidi non fu amore a prima vista, forse perchè ero davvero troppo giovane e non compresi tutti i sentimenti che successivamente fortunatamente ho provato. I film di Visconti hanno bisogno di essere veduti dopo una certa conoscenza e quando inizi a comprendere la bellezza di cui il film è pervaso dal primo elemento all’ultimo che ha determinato la sua realizzazione, cominci ad innamorartene a dismisura e non vuoi più smettere di vedere questo film, perchè si riescono a captare sempre cose nuove e straordinarie che ti mettono davanti alla consapevolezza che il cinema è un’arte sublime e che può scatenare emozioni incredibili con la sola veduta di un film. Sarebbe davvero stupendo poterlo vedere al cinema, un’esperienza che adesso non potrà succedere.
    Il collegamento con Proust mi ha fatto ricordare il progetto di Visconti sulla Recherche, un altro capolavoro sfumato. Mi sarebbe piaciuto vedere la sceneggiatura che Suso Cecchi D’Amico ne ha ricavato: un lavoro davvero estenuante, ma di certo soddisfacente.

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    1. Buongiorno Cristian. in effetti “il Gattopardo” è uno di quei film che apprezzi poco a poco, soffermandoti su ogni singola scena ed ogni singolo dialogo, scoprendo inedite sfumature ad ogni nuova visione.
      Poterlo vedere al cinema sarebbe un’esperienza indimenticabile, ma a quanto vedo dall’elenco delle sale in cui sarà proiettato quella “più vicina” si trova a Palermo… Personalmente trovo particolarmente sublime l’ultima sequenza, il vagare del Principe lungo le strade deserte e la sua invocazione finale. Mi informerò sull’ l’esistenza di un libro della D’Amico riguardo la sceneggiatura, ma al riguardo ghiotte notizie si possono apprendere dai testi citati nell’articolo, come le illuminanti dichiarazioni di Visconti estratte da “Antonello Trombadori, Dialogo con Visconti, in Il film Il Gattopardo e la regia di Luchino Visconti”, curato proprio da D’Amico.
      Grazie per il commento, cari saluti e buona giornata.

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