Raffaello alle Scuderie del Quirinale (Raphael Revealed)

Diretto da Phil Grabsky, il documentario Raffaello alle Scuderie del Quirinale (Raphael Revealed) prende spunto dalla mostra Raffaello 1520-1483 (oltre 200 i lavori esposti, fra dipinti e disegni, provenienti da vari musei, oltre ad opere di confronto), tenutasi a Roma nel 2020 nella ricorrenza dei cinquecento anni dalla morte del grande artista, interrotta a pochi giorni dall’inaugurazione causa l’implodere dell’emergenza sanitaria, per tracciare un profilo completo e suggestivo della sua figura, avallando uno stile di ripresa “classico”, inteso ad esaltare la bellezza senza tempo dei suoi lavori ed il loro straordinario impatto visivo, così come ogni particolare della sua vita, influenzata dall’arte fin dall’infanzia, figlio “d’un Giovanni de’ Santi, pittore non molto eccellente, ma sì bene uomo di buono ingegno et atto a indirizzare i figliuoli per quella buona via che a lui, per mala fortuna sua, non era stata mostra nella sua gioventù”(Giorgio Vasari, Vita di Raffaello da Urbino, in Le vite de’ più eccellenti pittori, scultori e architettori, Firenze, 1568). Grazie al padre, il quale possedeva una bottega al cui interno riuniva, istruendole, maestranze abili alle arti ed era a contatto con le più alte cariche della città di Urbino, Raffaello poté accedere alle sale del Palazzo Ducale, venendo così a conoscere le opere di vari artisti, quali, fra gli altri, Piero Della Francesca, studiandone lo stile.

Raffaello, autoritratto, Galleria degli Uffizi, Firenze

Le riprese spaziano dagli interni in cui la mostra è stata allestita, illustrandone anche i lavori preparatori, agli esterni delle città che videro Raffaello apprendere i primi rudimenti e mano a mano perfezionare la propria tecnica, dalla citata natia Urbino, a Perugia, passando per Città di Castello e Firenze, fino a giungere alla Roma papalina di Giulio II e poi di Leone X, dove il nostro ebbe modo di confermarsi artista completo, rendendo l’Arte e l’Architettura al servizio dell’interpretazione religiosa, nonché testimoni di una spiritualità che si voleva tesa all’universale. Le suddette riprese alternate fra interno ed esterno sono poi inframezzate, mantenendo una composta scioltezza narrativa, da una serie di interviste, che vedono protagonisti il direttore artistico della mostra Matteo Lafranconi, il direttore dell’Accademia Raffaello di Urbino Luigi Bravi, Barbara Jatta, direttrice dei Musei Vaticani, lo storico dell’arte Nicholas Penny, il presidente delle Scuderie Mario De Simoni: dalla loro combinazione emerge nitida la complessità della figura di Raffaello, non solo pittore, ma anche architetto, urbanista, archeologo, fra i primi a comprendere, nell’ammirare e studiare le antiche vestigia della Roma del tempo, come la cosiddetta “estetica della rovina” dovesse necessariamente trasmutare da un’idea romantica ad una conoscenza scientifica. Occorreva dunque proteggere quanto era rimasto a testimonianza dell’antichità, cercando di riprenderne quell’armonia rappresentata dalla combinazione fra bellezza e grazia nelle proprie opere, fino a rivolgere un’estrema attenzione riguardo l’aspetto formale, incline sempre e comunque a coniugare mirabilmente perfezione e semplicità.

Raffaello, Ritratto di Papa Leone X e due cardinali, Galleria degli Uffizi, Firenze

Da evidenziare poi come la mostra, e Phil Grabsky ne asseconda il particolare iter, prenda il via dalla morte di Raffaello, ponendo come prima tappa espositiva una riproduzione della lastra tombale sita al Pantheon, dove venne sepolto assecondando le sue ultime volontà, offrendo così testimonianza al sentimento collettivo che suscitò la sua morte improvvisa, a soli 37 anni, ma evidenziandone anche, nella scelta di un luogo così altamente simbolico, il gesto innovativo di una dichiarazione di consapevole appartenenza culturale. Raffaello alle Scuderie del Quirinale, andando a concludere, è un documentario che non esito a definire prezioso, non solo perché consente di prendere visione, piacevolmente commentata ed arricchita da vari particolari e curiosità, di una mostra che molti non hanno avuto la possibilità di visitare, ma soprattutto per riuscire a visualizzare la concretezza dell’uomo e dell’artista, mantenendosi distante dalla mitizzazione e lasciando spazio all’Arte e alla Storia quali depositarie di memoria condivisa e bellezza imperitura. Qui giace Raffaello, dal quale la natura temette mentre era vivo di esser vinta; ma ora che è morto teme di morire (epitaffio di Pietro Bembo, inciso sulla tomba di Raffaello Sanzio).


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