Da qualche giorno è disponibile su Prime Video il docufilm Come un padre, la cui narrazione è incentrata sulla figura di Carlo, Carletto, Mazzone, er Sor magara, classe 1937, giovane promessa del calcio, in squadra nel Latina come difensore, 1956, poi due stagioni nella Roma, fino ad approdare all’Ascoli, quando l’infortunio incorso nell’incontro con la Sambenedettese, 1968, la rottura della tibia nello scontro con un avversario, lo spinse ad abbracciare l’attività di allenatore a partire dall’anno successivo, profusa, spingendo su passione e determinazione, per varie squadre, arrivando ad un totale di 795 panchine. La regia di Alessio Di Cosimo (Barber Ring, 2022), autore anche della sceneggiatura insieme ad Alessandra Kre, Francesco Trento e con la collaborazione di Iole Mazzone, attrice e nipote del Mister, offre visualizzazione, coniugando sensibilità e passione sportiva, all’aspetto precipuamente umano di Mazzone, rimarcandone quegli aspetti caratteriali che andavano poi a confluire sul terreno di gioco, ovvero il fermo mantenimento di determinati principi morali congiunto alla meticolosità riservata all’allestimento della tattica, anche studiando le caratteristiche dinamiche proprie della squadra avversaria, quest’ultima considerata sempre con rispetto, senza alcuna sopravvalutazione o sottovalutazione, in campo da pari a pari e vinca il migliore. Il serrato ma fluido montaggio (Lorenzo Muto), fa sì che Come un padre si animi e si alimenti costantemente dal susseguirsi e relativo concatenarsi di diversi elementi narrativi, dalla ricostruzione d’epoca, che prende il via nel 1946, Carletto ragazzino appassionato d calcio, con il padre Edmondo, meccanico, che cerca di avviarlo verso l’attività di famiglia, messa su dopo tanti sacrifici insieme alla moglie, alle dichiarazioni esternate dai tanti atleti che hanno giocato sotto la sua direzione (fra gli altri, Roberto Baggio, Francesco Totti, Andrea Pirlo,Marco Materazzi, Massimiliano Cappioli, Beppe Signori), fino ai filmati e alle immagini di repertorio, una spessa e suggestiva tessitura guidata nel suo dipanarsi dagli interventi di Massimo Mazzone, il figlio di Carlo, ad inserire commenti o ulteriori particolari.
Nella narrazione, mentre si succedono accadimenti relativi alla vita privata, volti ad intersecarsi con quelli propri delle varie stagioni calcistiche nell’offrire poi risalto a particolari e rilevanti eventi sportivi (ad esempio il derby Lazio-Roma del 27 novembre 1994 o la partita Perugia- Juventus del 14 maggio 2000), si staglia con graduale nitore l’immagine di un’attività sportiva, il gioco del calcio nello specifico, ancora attraversata da una primordiale purezza e pregna di vivida umanità, distante certo dall’attuale portata sociale ammantata di quei toni divistici propri del mondo dello spettacolo, tante maschere e pochi volti per dirla con Pirandello, un eterno Carnevale idoneo a creare un sinistro gioco di specchi tra il famoso di turno e la folla che lo idolatra, cassa di risonanza dei malesseri propri di una società ormai orfana di concreti valori cui aggrapparsi. Esemplare al riguardo quanto esternato da Totti ma anche da altri calciatori nel corso della narrazione: l’attività sportiva non è solo apprendimento della mera tecnica e conseguente attività sul campo, ma anche, se non precipuamente, lo sprone verso un atteggiamento esistenziale idoneo a conformare e caratterizzare tanto l’atleta quanto l’uomo, nel seguire delle regole ben precise a delinearne una nitida personalità sia all’interno del rettangolo di gioco, sia sul palcoscenico della quotidiana ritualità. Molto toccante la sequenza finale, che vede Mazzone nuovamente in campo ad Ascoli a dar dei calci ad un pallone, dopo che la nipote Iole gli ha fatto vedere quanto rinvenuto in soffitta, un album confezionato da babbo Edmondo con i ritagli dalle pagine dei giornali di quegli articoli in cui si magnificava l’attività calcistica del figlio, accettazione silente dell’aver rinvenuto il suo posto nel mondo, per quanto fosse andata diversamente da quanto avesse preventivato. Un’ideale chiusura del cerchio per un’opera che ci restituisce l’immagine e la sostanza, quella propria di cui sono fatti i sogni citando Shakespeare, di un gioco del calcio concretamente tale, palla al centro e che il confronto abbia inizio.
L’ha ripubblicato su Lumière e i suoi fratelli.
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