(Rai Cultura)

Roma, anni ’60. L’ingegnere Giovanni Alberti (Alberto Sordi), impiegato in una impresa edile, sogna di fare il grande passo, mettersi in proprio sfruttando il vento favorevole, per il tramite di azzardate speculazioni edilizie. Al momento, però, è tutto nelle intenzioni, in quanto il nostro non possiede certo i mezzi necessari, così come neanche, probabilmente, le capacità per mettere in pratica quanto idealizzato nei suoi pensieri. Nel frattempo, anche per garantire alla moglie Silvia (Gianna Maria Canale) un tenore di vita pari a quello della danarosa gente frequentata, spende ben al di sopra delle proprie possibilità, tanto da chiedere una serie di prestiti ad una società finanziaria ed arrivando anche ad ipotecare la casa, senza dimenticare il possibile ricorso all’aiuto materno, attingendo dal suo libretto di risparmio. Indebitato fino al collo, situazione nota alla cerchia dei “componenti bene” della Capitale, amici virtuali che ignorano le sue richieste d’aiuto, al pari del cognato, Giovanni verrà presto piantato in asso da Silvia, venuta a conoscenza dell’iscrizione nel registro dei protestati, sostenuta e confortata dal padre, generale dell’esercito. Un aiuto inaspettato giungerà dalla signora Annetta Bausetti (Elena Nicolai), moglie del facoltoso imprenditore Carlo (Ettore Geri), che gli proporrà un particolare affare, vendere il suo occhio sinistro, così da trapiantarne la cornea in quello fuori uso del marito, in seguito ad un accidentale schizzo di calce in cantiere. Il tutto per la cifra di 70 milioni, con un anticipo del 20%, opportuno salvagente per chi si trova con l’acqua alla gola…

Gianna Maria Canale e Alberto Sordi (Lombardia Beni Culturali)

Film diretto da Vittorio De Sica, su soggetto e sceneggiatura di Cesare Zavattini, Il boom alla sua uscita venne accolto tiepidamente tanto dalla critica quanto, in parte, dal pubblico. Visto oggi, sempre contestualizzandone la narrazione, se ne può rimarcare la concreta portata, certo lungimirante, di sferzante ed amaro apologo, andando poi a rappresentare il passaggio del regista dai toni morali propri del Neorealismo a quelli amari e satirici caratterizzanti la commedia all’italiana propriamente detta. Già dai titoli di testa, che scorrono sulle turbinanti immagini dei numerosi cartelloni pubblicitari a permeare la Capitale di un abbagliante luccichio, mentre vediamo la coppia Giovanni-Silvia, ammaliata dal canto delle sirene, intenta a comperare tutto ciò che possa contribuire a “fare status” sulle note del pungente motivo sonoro di Piero Piccioni, si staglia il nitido ammonimento nei riguardi della perpetrata illusione di un gaudente benessere, imposto all’insegna del tutto alla portata di tutti, tra cambiali, prestiti e garanzie varie. Mano a mano che la narrazione prende piede, dai discorsi di Giovanni con i presunti amici che frequenta abitualmente, tra partite a tennis e cene in lussuosi locali, gente ormai “arrivata” e con le spalle finanziariamente ben coperte, ecco palesarsi l’indifferenza ostentata, in nome di una “plutocratica sicumera”, verso chi invece non è riuscito a farcela, ricorrendo ai mezzi più disparati per provare ad allinearsi, almeno esteriormente, a quei parametri propri dell’arrivismo affaristico più sfrenato.

Alberto Sordi

Congrua e sintetica raffigurazione della situazione descritta la si rinviene nelle parole del Commendatore Bausetti, “Volete guadagnare in un anno quello che noi guadagniamo in cinquanta!”, in risposta alle prospettate speculazioni di Giovanni riguardo le potenzialità economiche di un appezzamento di terreno, evidenziandone la mancata oculatezza e l’improvvisazione imprenditoriale. Dopo la deflagrazione assicurata dalla domanda posta dall’energica sciura Bausetti (l’eccellente Elena Nicolai), “Lei lo venderebbe un occhio?”, cui segue il comprensibile rintronamento di Giovanni, che si era recato alla villa convinto di un appuntamento amoroso da cui trarre vantaggio, la narrazione, come notato da molti, appare dilungarsi un po’ troppo, avviluppandosi su se stessa, ma la congrua ripresa è assicurata da un Albertone in gran spolvero. Il suo sguardo, la gestualità trattenuta, l’attenzione posta nel rendere i calibrati dialoghi alternando tragicità ed ironia, vanno a delineare un nitido ritratto di pavido smargiasso, che in prossimità di finire sul lastrico sembrerebbe orientato a ravvedersi, a ricondurre l’esistenza nei ranghi delle proprie possibilità (“Andiamo a vivere a Catanzaro, lì al Sud la vita costa meno…”), pur non trovando l’accordo della consorte, per poi rientrare nei ranghi della consueta sprovveduta megalomania, una volta che gli si presenta l’occasione di poter far fronte ad ogni pendenza e dar vita anche ad una propria società.

Sordi, Elena Nicolai, Ettore Geri (Lombardia Beni Culturali)

Illuminante al riguardo la sequenza che vede Giovanni e Silvia alle prese con una grandiosa festa organizzata sulla terrazza del loro appartamento con quanto rimasto dell’anticipo, dove il “risorto”, ubriaco, si prenderà una vacua rivincita, declamando “vizi privati e pubbliche virtù” della rampante classe imprenditoriale capitolina, esternando il suo malanimo per non aver ricevuto alcun aiuto quando si trovava in difficoltà. Indimenticabile anche la caratterizzazione offerta nel momento cruciale, quando si ritroverà in sala operatoria a fianco del commendatore, per poi darsi alla fuga ed essere  ricondotto al suo destino dall’ostinato pragmatismo della solita signora Bausetti: una sconsolata, laica, via crucis verso quel Calvario rappresentato da una società già avvezza a  considerare vendibile tutto ciò che il denaro può comprare. Andando a concludere, Il boom è un’opera certo da rivalutare nel delineare un ritratto critico dell’Italia del “miracolo economico”, magari accostandola ad altri titoli più celebrati (uno su tutti Il sorpasso, Dino Risi, di un anno precedente), così da apprezzare la mutualità di De Sica nel suffragare gli stilemi propri della commedia all’italiana, riprendendo quanto scritto nel corso dell’articolo, egualmente alla scrittura di uno Zavattini quanto mai sulfureo e adeguatamente cinico, senza dimenticare, ovviamente, la camaleontica abilità sordiana nell’offrire il ritratto di quel famoso “uomo medio”, pronto ormai a divenire mediocre.

Pubblicato su  Diari di Cineclub n. 123- Gennaio 2024

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