
E’ morto ieri, giovedì 29 febbraio, a Roma, il regista e sceneggiatore Paolo Taviani (San Miniato, PI, 1931); insieme al fratello Vittorio, di due anni più anziano e deceduto nel 2018, ha realizzato capolavori indiscussi, tratteggiando, unendo poesia ed impegno politico, le molteplici contraddizioni proprie del nostro paese, prendendo spunto da avvenimenti storicamente accaduti, così come dalla letteratura.
Coniugando all’interno della messa in scena realismo, rigorosità, gusto visionario, assecondando, quando necessario, le linee proprie del melodramma, hanno offerto in buona sostanza una certa consistenza affabulante ed avvincente al racconto cinematografico.
L’attività di Paolo risulta del tutto in simbiosi con quella di Vittorio: ambedue abbandonarono presto gli studi di Giurisprudenza assecondando la loro passione per la Settima Arte dirigendo insieme a Valentino Orsini il Circolo del Cinema di Pisa e dando vita nel 1954, dopo una serie di esperienze come aiuto registi, alla loro prima opera, il cortometraggio San Miniato, luglio ’44, che ricostruiva l’eccidio perpetrato dai nazisti nella loro città natale, con un commento di Cesare Zavattini.
Dopo la realizzazione di altri cortometraggi, la collaborazione con Joris Ivens per il film-inchiesta prodotto dall’ENI L’Italia non è un paese povero e le coregie col citato Orsini (Un uomo da bruciare, 1962, I fuorilegge del matrimonio, 1963), nel 1967 fu la volta della loro prima direzione autonoma, I sovversivi, che univa, con stile realistico, asciutto ed essenziale, eventi propri della Storia collettiva (i funerali di Palmiro Togliatti) ed esperienze individuali.
Le caratteristiche dell’opera d’esordio vennero mantenute nelle realizzazioni successive, accompagnate mano a mano dalla sperimentazione d’inediti stilemi, come una compiuta visionarietà (Sotto il segno dello Scorpione, 1969), la lucida disamina politica (San Michele aveva un gallo, 1973, ispirato al racconto Il divino e l’umano di Tolstoj, 1906) o la rilettura di determinati eventi storici con enfasi melodrammatica, ponendo in contrapposizione la Storia alle antinomie, anche ideologiche, degli individui che si trovano a vivere determinati accadimenti (Allonsanfàn, 1974).
Sono tutti elementi che andranno a caratterizzare un po’ tutte le loro opere ma che trovarono un particolare equilibrio in quello che può ritenersi il capolavoro dei fratelli Taviani, in particolare per la dirompente potenzialità espressiva che fa leva, tanto dal punto di vista visivo che da quello del contenuto, su realismo ed immediatezza: Padre padrone, 1977, tratto dall’omonimo romanzo autobiografico di Gavino Ledda (edito da Feltrinelli nel 1975) e vincitore della Palma d’Oro al 30mo Festival di Cannes.
“Saltando” fra i titoli della ricca filmografia dei fratelli Taviani, meritano certo di essere ricordati La notte di San Lorenzo, 1982, Grand Prix Speciale della Giuria al 35mo Festival di Cannes, ispirato agli avvenimenti della Seconda Guerra Mondiale e della Resistenza nel paese natale dei due registi (che diviene San Martino nel film), visti con gli occhi della gente comune che attende il ritorno alla quotidiana ritualità di un tempo, ora soffocata da contrasti ideologici ed istintività belluina, Kaos, 1984, tratto da Novelle per un anno di Luigi Pirandello, emblematica rappresentazione delle debolezze e contraddizioni umane.
Degni di nota poi Il sole anche di notte (1990, ancora Tolstoj, il racconto Padre Sergio), il metaforico Fiorile (1993), Le affinità elettive (1996), tratto, con più di una variazione (come la Toscana dell’epoca napoleonica in luogo della Germania) dall’omonimo romanzo di Goethe, i film per la televisione Resurrezione (2002, da Tolstoj), e Luisa Sanfelice (2004, da Alexandre Dumas), o La masseria delle allodole, 2007, dal romanzo di Antonia Arslan, ambientato nel 1915, le vicende di una famiglia armena in Anatolia all’epoca del genocidio armeno.
Del 2012 è Cesare deve morire, vincitore, fra l’altro, dell’Orso d’Oro al 62mo Festival di Berlino, coraggiosa dimostrazione di come il cinema d’autore, italiano nello specifico, possa rinnovarsi con intelligenza ed intuitivo spirito d’adattamento, così da andare incontro alle diverse esigenze fruitive di un pubblico sempre più eterogeneo.
Interessanti anche le loro ultime due opere, Maraviglioso Boccaccio, 2015, e Una questione privata, 2017, adattamento dell’omonimo romanzo di Beppe Fenoglio (1963): quest’ ultimo, pur diretto dal solo Paolo (Vittorio aveva subito un incidente), può considerarsi, per ammissione degli stessi autori, l’ideale tappa finale di un percorso avviato con il loro primo cortometraggio, narrare la Storia con lucidità e coerenza, ponendo a confronto passato e presente all’interno dell’esperienza individuale di ogni essere umano.
Nel 2022, quattro anni dopo la morte del fratello, Paolo portò al 72mo Festival di Berlino, in concorso, Leonora addio, che traeva ispirazione dall’omonima novella di Pirandello, conseguendo il premio FIPRESCI.





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