Ci ha lasciati, nella notte fra sabato 14 e domenica 15 agosto, l’attore, nonché comico, cabarettista e doppiatore, Gianfranco D’Angelo, morto a Roma, sua città natale (1936). Si è reso foriero nel corso della sua carriera di una comicità dai toni surreali ma comunque incline ad incidere relativamente alle problematiche quotidiane, espressa spesso in caratteristici monologhi ma anche nell’ambito di sketch o particolari imitazioni di personaggi celebri (ad esempio Raffaella Carrà o Sandra Milo), attraverso le quali tendeva ad esasperarne determinate caratteristiche o gli atteggiamenti più eclatanti, anche nel travestimento, più che ricercare un’aderenza propriamente fregoliana. Probabilmente la sua dimensione ideale ha potuto rinvenire congrua opportunità manifestativa nell’ambito dei palcoscenici, teatrali e cabarettistici, o all’interno di spettacoli televisivi, mentre al cinema ritengo sia andata spesso, per non scrivere sempre, sprecata in vari musicarelli o nel filone della commedia sexy, fra insegnanti, liceali, poliziotte in carriera e dottoresse del distretto militare. Dopo vari lavori D’Angelo debuttò nel 1963 al Teatro delle Arti della Capitale, attore nella commedia satirica I teleselettivi, per poi dare vita, insieme ad alcuni amici trasteverini, al Teatro Cordino, portando in scena spettacoli scritti da Maurizio Costanzo. Dopo qualche partecipazione radiofonica approdò al Puff di Lando Fiorini, dove lavorò dal 1968 al 1970; la sua attività andò poi ad interessare vari cabaret italiani, come il Derby milanese, tornando infine a Roma per collaborare con Il Bagaglino.
Nel 1971 con Sottovoce ma non troppo D’Angelo diede il via, in RAI, alla sua carriera televisiva, che proseguì per tutti gli anni ’70 con varie partecipazioni (Milleluci, 1974; Dove sta Zazà , 1973; Mazzabubù, 1975), fino a divenire protagonista con La sberla, 1979, regia di Giancarlo Nicotra, RAI 1, programma al tempo innovativo nel rompere gli schemi del “varietà istituzionale” attingendo dal mondo del cabaret fra sketch ed intermezzi comici filmati, per certi versi prodromico di quel Drive In che vide la luce nel 1983 su Italia 1, ideato e scritto da Antonio Ricci, per la regia prima del citato Nicotra e poi di Beppe Recchia, dove il nostro interpretò tutta una serie di personaggi, ad esempio il signor Armando alle prese col suo impassibile cocker Fidanken (nella realtà Baby dell’Aquila Bianca, proprietà di un generale paracadutista amico dell’attore) del quale magnificava le virtù, destinate a restare inespresse, sketch ideato da Enrico Vaime, prodigandosi, riprendendo quanto su scritto, nelle particolari imitazioni di personaggi famosi, del mondo dello spettacolo e non. Trovava poi la spalla ideale in Ezio Greggio, col quale, entrambi nelle vesti di conduttori, porterà al debutto, nel 1988, sempre su Italia 1, il tg satirico Striscia la notizia, su ideazione ancora di Ricci. Dagli anni ’90 e fino ai giorni nostri D’Angelo alternerà partecipazioni in molti spettacoli televisivi (Fantastico, Carramba! che sorpresa, Domenica in, Odiens), anche protagonista di sitcom (Casa dolce casa), ad un’intensa attività teatrale, mentre il cinema vedrà fra le sue ultime apparizioni Il crimine non va in pensione (Fabio Fulco, 2017) e W gli sposi (Valerio Zanoli, 2019).
L’ha ripubblicato su Lumière e i suoi fratelli.
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