
Ci ha lasciati Luisita Isa Barzizza (Sanremo, 1929), morta ieri, domenica 28 maggio, a Palau, città sarda dove risiedeva da tempo e di cui era cittadina onoraria.
Attrice teatrale, cinematografica e televisiva, Isa Barzizza fu attiva nel mondo dello spettacolo fin dagli anni ’40, dove si impose grazie all’avvenenza fisica, elegante e discreta, congiunta ad una ironia piuttosto naturale, doti che la resero ideale partner di attori come Erminio Macario, il quale riuscì a vincere le resistenze paterne (Pippo Barzizza, direttore d’orchestra) inserendola in due sue riviste, Le educande di San Babila (1947) e Follie di Amleto (1947-48), consentendole così di farsi notare nel modo del teatro dopo le esperienze all’interno di vari spettacoli di prosa.
A farle apprendere tutti i rudimenti del mestiere, affinandone spigliatezza e comicità, fu però Totò, col quale l’attrice recitò sia sul palcoscenico (C’era una volta il mondo, 1947-1948; Bada che ti mangio, 1948, 1949), che al cinema, a partire dal debutto con I due orfanelli (Mario Mattoli, 1947), proseguendo poi accanto al “Principe della risata” in altri undici film, fra i quali Fifa e arena (Mattoli, 1948), dove ispirava al comico partenopeo la celebre battuta “Deve essere democristiano questo pesce”, quando per l’appunto il passaggio di un pesce nell’acquario gli impediva la visione totale della Barzizza, ad interpretare la miliardaria americana Patricia Cotten, stesa nuda sul lettino in attesa di un massaggio dopo il bagno turco.
Indimenticabile anche Totò a colori (Steno, 1952), in cui è inserita l’altrettanto nota sequenza del vagone letto, che l’attrice e Totò avevano già interpretato in uno sketch teatrale, all’interno della citata rivista Bada che ti mangio, o ancora Un turco napoletano (Mattoli, 1953).
Al cinema quindi Isa Barzizza si trovò a recitare, sempre con un piglio leggiadro ed ironico, piccole parti, diversamente che in teatro, dove spaziò dalla rivista (Gran baldoria, Garinei e Giovannini, 1951) alla prosa, in quest’ultimo caso anche in allestimenti ripresi e trasmessi dalla Rai, ritirandosi dalle scene nel 1957 per motivi familiari, andando poi a fondare e dirigere una società di doppiaggio.
Tornò a calcare il palcoscenico agli inizi degli anni ’90 (La pulce nell’orecchio, George Feydeau per la regia di Gigi Proietti, Arsenico e vecchi merletti, Joseph Otto Kesserling, regista Mario Monicelli, tra l’altro), così come a frequentare il grande e il piccolo schermo, offrendo sempre interpretazioni garbate ed ironiche, ad esempio, nel primo caso, in Viva l’Italia (Massimiliano Bruno, 2012), mentre nel secondo si possono ricordare la conduzione insieme a Fabio Fazio e Giampiero Mughini di Mai dire mai, rotocalco andato in onda su Raitre nel 1989, e le due serie di Non lasciamoci più, fiction di Raiuno (1999 e 2001).






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