Burt Young (La Gazzetta dello Sport)

To my Dear Friend, BURT YOUNG, you were an incredible man and artist, I and the World will miss you very much…RIP “ Con queste parole sul suo profilo Instagram Sylvester Stallone ha ricordato Burt Young, morto lo scorso 8 ottobre, a Los Angeles, anche se la figlia ne ha dato notizia solo ieri. Un eccellente caratterista, ricordato soprattutto per aver dato dato volto e sanguigna corporeità a Paulie Pennino, il cognato di Rocky dal primo film della saga (John G. Avildsen, 1976) e fino a Rocky Balboa (diretto da Stallone nel 2006).

Carattere problematico, con più di una ruvidità, accentuata dalla propensione a qualche bicchiere di troppo, Paulie, lavorante in un mattatoio di Philadelphia, è uno dei vari losers, insieme alla sorella Adriana (Talia Shire), allo “stallone italiano” e l’allenatore Mickey (Burgess Meredith), cui è concessa una possibilità di riscatto, in base a quella filosofia espressa a suo tempo da registi come, ad esempio, Frank Capra: gli uomini onesti e di buona volontà, anche coloro apparentemente “perdenti” e spesso ai margini della “normalità” del vivere sociale, pur nei momenti più tristi e confusi, magari facendosi forza di sentimenti quali l’amicizia e l’amore, possono perseguire il diritto alla conquista se non propriamente della felicità, almeno di un successo personale, affermando la propria personalità. Un’interpretazione per cui Young ottenne una candidatura all’Oscar come Miglior Attore non Protagonista.

Nato nel 1940 nel Queens, New York, da genitori italo-americani, all’anagrafe Young risultava come Gerald Tommaso De Louise:scelse il nome d’arte congiungendo rispettivamente quelli dell’attore (Burt Lancaster) e del cantante (Neil Young) preferiti, una volta che prese parte ai primi film dopo aver frequentato l’Actors Studio potendo contare sugli insegnamenti di Lee Strasberg, svolgendo nel frattempo vari mestieri, pure pugile professionista, anche se nella pellicola d’esordio (Carnival of Blood, Leonard Kirtman, 1970), stando ad alcuni fonti, usò il nome John Harris.

Tra i titoli della sua vasta filmografia, che comprende frequenti incursioni sul piccolo schermo (ad esempio M*A*S*H, Serpico, Baretta, Law & Order, Walker Texas Ranger, Miami Vice, The Sopranos), oltre alla citata saga di Rocky, si possono ricordare, tra gli altri, Chinatown (Roman Polanski, 1976); The Killer Elite (1976) e Convoy (1978) di Sam Peckinpah; Twilight’s Last Gleaming e California Dolls (Robert Aldrich, 1977 e 1981); Once Upon a Time in America (Sergio Leone, 1984), facendo rientrare nel novero anche le partecipazioni in film italiani, come Amityville Possession (Damiano Damiani, 1982); Alibi perfetto (Aldo Lado, 1992); Berlin ’39 (Sergio Sollima, 1994); Il nascondiglio (Pupi Avati, 2007); Ci vediamo domani (Andrea Zaccariello, 2013).

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