
Breve e necessaria premessa: ritengo che al mondo del cinema possa facilmente adattarsi quanto espresso nell’ambito della fisica da Lavoisier, la nota regola Nulla si crea, nulla si distrugge, tutto si trasforma, per cui spesso va a palesarsi quale questione di lana caprina discernere su chi abbia copiato chi, come verificatosi di recente per il film FolleMente, diretto da Paolo Genovese e da questi sceneggiato insieme a Isabella Aguilar, Lucia Calamaro, Paolo Costella e Flaminia Gressi. Si è prontamente gridato alla scarsa originalità dell’idea, che deriverebbe dal film d’animazione Inside Out (Pete Docter e Ronnie del Carmen, 2015) della Disney Pixar, ma in realtà neanche la major avrebbe inventato nulla, considerando come la rappresentazione di una centrale di controllo delle emozioni all’interno della nostra testa si può far risalire alla stessa Disney, il cartoon di propaganda bellica Reason and Emotion (1943, Bill Roberts).
Da non dimenticare poi Woody Allen (Everything You Always Wanted to Know About Sex* (*But Were Afraid to Ask), 1972, episodio Cosa succede durante l’eiaculazione) e la serie televisiva della Fox, Herman’s Head (71 episodi per tre stagioni dal ’91 al ’94). E così anche nella nuova commedia di Genovese, all’interno della testa di Piero (Edoardo Leo), quarantenne professore liceale di Storia e Filosofia, divorziato con una figlia, e di quella della trentacinquenne Lara (Pilar Fogliati), restauratrice, una tormentata relazione alle spalle, si agitano diversi stati emozionali, scatenati da quel particolare evento che va sotto il nome di “primo appuntamento”, quando da una parte e dall’altra si prova a dare il meglio di sé, tra insicurezza, imbarazzo, timore e remore varie.

Ecco allora che nella mente di Lara si palesano, personificati, suggerimenti di varia natura, quelli offerti dal sentimento genuinamente romantico (Giulietta, Vittoria Puccini), cui si contrappone l’istintività seduttiva del “qui e subito”, senza ulteriori strascichi (Trilli, Emanuela Fanelli), ma anche l’irriverenza sfrontata (Scheggia, Maria Chiara Giannetta) e la fermezza della ragione (Alfa, Claudia Pandolfi). Egualmente avviene in quella di Piero, dove si fronteggiano dolcezza e limpida riservatezza d’altri tempi (Romeo, Maurizio Lastrico), l’impulso del desiderio da assecondare al momento (Eros, Claudio Santamaria), mentre fanno capolino un senso di ricercata inazione (Valium, Rocco Papaleo) e il raziocinio previdente (il Professore, Marco Giallini).
Il terreno sul quale si gioca la partita è la casa di lei, la cena insieme, il parlare di vari argomenti, qualche titubanza se seguire o meno il galateo (Chi versa il vino? Al ristorante ci avrebbe pensato il cameriere suggerisce Piero…), le interruzioni foriere di ulteriori sussulti emozionali, dalla telefonata della figlia di lui all’arrivo improvviso dell’ex di lei, finché il “grande enigma del cuore e della mente”, citando il chapliniano Calvero (Limelight, 1952), non troverà soluzione…FolleMente si è rivelato alla visione come una realizzazione complessivamente piacevole, attenta in particolare alla costruzione caratteriale dei tanti personaggi in campo, ben resi dalle ottime interpretazioni attoriali (Fanelli e Santamaria in particolare, almeno a mio parere).

Facile, però, avvertire una certa meccanicità, congiunta ad un senso di calcolata programmaticità nella resa dei dialoghi e relative battute, pur nell’intelligenza di cavalcare funzionalmente più di un luogo comune (vedi la ragionata scelta dei preservativi da parte di lui contrapposta all’indecisione di lei su quale mise sia conveniente o meno adottare). Inoltre, anche restando nell’ambito della commedia, il tema dei rapporti uomo-donna avrebbe certo meritato un maggiore approfondimento e magari un finale meno frettoloso e semplicistico, inteso quest’ultimo ad offrire rilievo a quelle ragioni del cuore che la ragione non conosce, citando e adattando alla bisogna quanto sosteneva Blaise Pascal.
Genovese dirige con diligenza, asseconda con maestria la teatralità di uno spazio chiuso e, sostenuto da un ottimo lavoro al montaggio (Consuelo Catucci) , movimenta il tutto con almeno due sequenze indovinate, l’intonazione a più voci, maschili e femminili, di Somebody To Love (The Queen, 1976) a celebrare un orgasmo, quando Piero avrà l’accortezza di rimediare alla sua velocità contraccambiando il piacere ricevuto con un metodo alternativo, e l’entrata in campo dei due eserciti “l’un contro l’altro armati”, a cimentarsi in un serrato confronto che porterà alla soluzione finale. Indovinata anche la scelta dei costumi (Grazia Materia) inerenti alla personificazione dei vari stati emozionali, così come la scenografia (Massimiliano Sturiale) nel raffigurare le rispettive residenze mentali.

FolleMente, andando a concludere, è da considerarsi un film dichiaratamente “medio”, come si sarebbe detto un tempo, puramente e sanamente “commerciale”. Diverte, a corrente alternata, nei suoi 98 minuti di durata, ma, almeno riporto la mia primaria sensazione allo scorrere dei titoli di coda, lascia il tempo che trova una volta usciti dalla sala. Avrebbe meritato, riprendendo in chiusura quanto scritto nel corso dell’articolo, un maggiore realismo nella descrizione delle titubanze sentimentali proprie di una coppia del terzo millennio ed una minore accondiscendenza, tra compiacimenti e strizzatine d’occhio varie, verso il comune sentire al riguardo.
Immagine di copertina: Pilar Fogliati, Edoardo Leo (Movieplayer)






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