L’incredibile storia de l’Isola delle Rose

Strasburgo, 10 novembre 1968. Jean Baptiste Toma (Francois Cluzet), presidente del Consiglio d’Europa, nel recarsi in ufficio nota come sia ancora presente all’ingresso un uomo che ormai da giorni attende di essere ricevuto. A quanto gli viene riferito dall’usciere si tratta di tale Giorgio Rosa (Elio Germano), un ingegnere italiano sedicente “uomo di stato”, in cerca di aiuto per salvare la “sua isola”. Monsieur Toma si finge interessato, per poi gettare nel cestino l’incartamento che gli è stato affidato, notando per caso l’intestazione delle Nazioni Unite su di un documento, per cui, incuriosito, vi dà una rapida lettura. Convoca quindi Rosa, invitandolo ad illustrare il suo caso, che sarà sottoposto all’attenzione dei componenti del Consiglio. Tutto ebbe inizio un anno addietro, in quel di Bologna, quando Rosa nel corso dei festeggiamenti per la conseguita Laurea in Ingegneria, con tanto di tesi “pratica” (una quantomeno stramba autovettura da lui progettata e costruita), incontrava l’ex fidanzata Gabriella (Matilda De Angelis), laureata in Legge ed associata di Diritto Internazionale, ormai prossima al matrimonio con tale Carlo (Ascanio Balbo), non più intenzionata a riprendere il rapporto con un uomo che considera del tutto avulso dal contesto sociale, la cui tormentata genialità stride non poco con quella “normalità” tanto desiderata ad esempio dal di lui papà, Ulisse (Andrea Pennacchi), operaio in una fabbrica di moto. Il nostro allora, preso atto dell’impossibilità di rinvenire un’opportuna dimensione atta ad accogliere la sua istintiva creatività genialoide, decide di far confluire quest’ultima in una sorta di piccolo mondo alternativo, una piattaforma da costruire a 6 miglia dalla costa riminese, al di fuori delle acque territoriali.

Francois Cluzet (Movieplayer)

Con l’aiuto del facoltoso amico e compagno di studi Maurizio Orlandini (Leonardo Lidi), sciamannato gaudente ben lieto di affrancarsi dalla lunga ombra paterna, il progetto prenderà presto forma, una vera e propria isola indipendente, che accoglierà in pianta stabile i futuri componenti del proprio organico: il naufrago Pietro Bernardini (Alberto Astorri), l’apolide di origine tedesca Neumann (Tom Wlaschiha), abile organizzatore di eventi, Franca (Violetta Zironi), incinta, che si offre come barista, tutti pronti ad accogliere i tanti visitatori di quella che a detta di Gabriella non è altro che una “discoteca in mezzo al mare”. E allora Giorgio, una volta stabilito come la lingua ufficiale all’interno della sua visione sia l’esperanto, formato un governo e dato vita ad una moneta e ad un’emissione postale, chiederà all’ONU di riconoscere l’Isola delle Rose quale stato indipendente. Ma il governo italiano, Presidente del Consiglio Giovanni Leone (Luca Zingaretti), sotto la spinta decisiva del torvo ed arrogante Ministro dell’Interno Franco Restivo (Fabrizio Bentivoglio) non tarderà a farsi sentire, fra interventi del SISDE, tentativi di corruzione, in parte riusciti, arrivando addirittura a far licenziare il papà di Giorgio e a schierare l’incrociatore Andrea Doria, anche se il Consiglio d’Europa, intanto… “Se la leggenda diviene realtà…stampa la leggenda“: per quanto ciroscritta al “vecchio west” americano la frase pronunciata da un giornalista in una sequenza del film The Man Who Shot Liberty Valance (John Ford, 1962) credo possa ben adattarsi a quanto messo in scena dal regista Sydney Sibilia con la sua ultima realizzazione L’incredibile storia de l’Isola delle Rose, di cui è anche sceneggiatore insieme a Francesca Manieri.

Matilda De Angelis ed Elio Germano (Movieplayer)

I citati autori, infatti, riporto la mia primaria e personale sensazione, hanno tratto ispirazione dalla storia, vera, dell’ingegnere bolognese Giorgio Rosa, adattandola alle potenzialità proprie del mezzo cinematografico tramite un più che valido lavoro di scrittura, una regia personale, agile, scanzonata per certi versi, ma sempre attenta a valorizzare ambienti ed ogni componente di un cast particolarmente azzeccato, rimarcando poi una certa attenzione all’aspetto essenzialmente tecnico, che si avvale della fotografia “pastellosa” di Valerio Azzali, richiamante la grana dei vecchi filmini in Super 8, del montaggio serrato di Gianni Vezzosi, senza dimenticare la colonna sonora (Michele Braga) funzionale al girato, con l’inserimento di canzoni d’epoca e gli effetti visivi curati da Stefano Leoni ed Elisabetta Rocca, punto d’incontro fra modernità e l’italica artigianalità. Guardando anche al romanzo Utopia (1516) di Thomas More e dando adito ad una vivida riflessione riguardo lo scontro fra Diritto Naturale (id quod semper aequum et bonum est, ovvero un insieme di regole non sempre codificate, che trovano il proprio fondamento nei principi superiori di equità e giustizia) e Diritto Positivo (le norme prodotte dagli uomini), come credo notato da molti, la nascita dell’Isola delle Rose viene quindi visualizzata, anche metaforicamente, quale attuazione immediata del desiderio di un mondo migliore, scevro da ogni ideologia, al cui interno poter esprimere quel talento istintivo destinato altrimenti a sopirsi in attività non propriamente consoni ad un’irruenza creativa che anni di studio hanno semplicemente istituzionalizzato, senza passare quindi per le lotte di piazza (si accenna nel corso della narrazione al Maggio Francese). Ma ci si scontrerà, sempre e comunque, con quella libertà “vigilata”, come la definisce il protagonista, che nel prevedere diritti e doveri impone l’implicito rispetto di determinate condizioni proprie del “buon vivere sociale”, del quale l’apparato governativo dovrebbe fornire il buon esempio comportamentale, servendosene invece per preservare quelle contraddizioni con le quali convive e di cui si nutre per continuare ad esistere, affermando la sua supremazia celandosi dietro il rispetto della legge e dell’ordine.

Fabrizio Bentivoglio e Luca Zingaretti (Movieplayer)

Esemplare al riguardo il tono grottesco, quasi caricaturale, che sottolinea la bonomia governativa da buon democristiano del Presidente Giovanni Leone interpretato con fare sornione da Zingaretti, ma soprattutto la protervia espressa dal Ministro dell’Interno raffigurato da Bentivoglio esaltandone la teatralità dei gesti e la sicumera della carica che riveste, atta a trasformare il complesso di inferiorità dal quale è chiaramente afflitto in un delirante “complesso di superiorità” (riassumibile nella nota affermazione di Sordi/Marchese Del Grillo: io so’ io e voi non siete un c***o!), volto a convincere, in primo luogo se stesso e poi le masse, di una plateale onnipotenza che in fin dei conti va a costituire opportuno paravento all’impotenza di gestire concretamente determinate situazioni, umane e politiche. Fra le altre interpretazioni attoriali, nella conferma della poliedricità propria di Germano, credo sia da rimarcare la Gabriella delineata da Matilda De Angelis, una sorta di moderna Campanellino nel fornire al suo Peter Pan la giusta intuizione per proseguire lungo il cammino intrapreso, fino ad allearsi definitivamente con lui. Sibilia con L’incredibile storia de l’Isola delle Rose dà ulteriore prova di abilità registica (basterebbe la sequenza dell’attacco perpetrato dall’Andrea Doria verso la piattaforma, sulle note di Eve of Destruction, Barry Mc Guire, 1967), struttura, anche visivamente, una scomposizione narrativa sfalsata su diversi piani temporali e riesce in definitiva a coniugare intuizione e creatività per intrattenere, sorprendere ed offrire validi spunti di riflessione nella tradizione, rinnovata con gusto ed intelligenza, della nostra migliore commedia.

Germano e Tom Wlaschiha (Movieplayer)


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