Ora che, nello scorrere dei giorni, sembra essersi arrestata quella fiumana di melassa che ne ha accompagnato la dipartita, resa ancora più densa da una buona aggiunta di retorica un tanto al chilo, posso accingermi a scrivere un personale ricordo dell’attore Alvaro Vitali, che ci ha lasciato lo scorso 24 giugno, a Roma, sua città natale (1950). L’aspetto fisico clownesco, la risata dalla timbrica inconfondibile, una certa mimica facciale ammiccante, lo hanno reso dapprima un valido caratterista, con le prime apparizioni cinematografiche a palesarsi sotto l’egida di Federico Fellini, che nel corso di un provino fu infatti colpito dalle citate fattezze del nostro e lo volle all’interno di film quali  Fellini Satyricon, I clowns (1971), Roma (1972) e Amarcord (1973).

Eccolo poi presente in titoli come, fra gli altri, un trittico di Dino Risi (Mordi e fuggi,1973; Profumo di donna,1974; Telefoni bianchi, 1976), Che? (Roman Polanski, 1972), Polvere di stelle (Alberto Sordi, 1973),  Romanzo popolare (Mario Monicelli, 1974). Sempre piccoli ruoli, ma utili alla costruzione progressiva di un ben preciso personaggio comico che diverrà per circa un decennio, dagli anni ’70 agli ’80, coprotagonista o valente spalla all’interno di quel filone noto come commedia sexy all’italiana, tra colonnelli infoiati, militari col chiodo fisso e studenti in pieno delirio ormonale, intenti a celebrare una “piena evoluzione sessuale” che andava tristemente a materializzarsi nello sbirciare sotto le gonne della fanciulla avvenente di turno o a spiarne le fattezze dal buco della serratura, tra svestizioni e docce infinite.

Discorso a parte, poi, per il personaggio di Pierino, che rese Vitali protagonista di vari titoli a partire da Pierino contro tutti (Marino Girolami, 1981), cui seguì Pierino colpisce ancora (Girolami, 1982) e Pierino torna a scuola (Mariano Laurenti, 1990), pellicole intese ad offrire corporeità al bimbetto pestifero di varie barzellette, ma anche idonee, volendo fare i sofistici, a simboleggiare una sorte di Sindrome da Peter Pan votata all’eterno cazzeggio, tra volgarità esibite, in puro stile trash. Divenuto, inutile negarlo, prigioniero di questa rappresentazione caciarona e becera dell’eterno fanciullo, Vitali, la cui filmografia è composta da 150 titoli, faticò non poco a ritagliarsi altri ruoli, anche perché i tempi cambiano, così come i gusti: quel pubblico che poco prima si è rivelato artefice del successo può anche divenire responsabile della repentina discesa verso gli inferi dell’oblio, al pari di qualsiasi produttore o regista propenso ad assecondare il pregiudizio relativamente alla possibilità dell’attore di mutare registro, magari stimolandolo con una proposta inedita.

E così Alvaro Vitali andò a concludere la sua parabola artistica con qualche apparizione sul grande schermo, sempre più sporadica, trovando inedita linfa vitale in televisione, quando Antonio Ricci lo volle all’interno del tg satirico Striscia la notizia,  affiancandolo a Dario Ballantini nelle imitazioni di personaggi come Jean Todt, la madre dell’avvocato Giulia Bongiorno e la Principessa Marina Ricolfi Doria di Savoia. Ebbe modo anche di sperimentare il mondo delle web serie, partecipando recentemente come guest star ad un episodio della quarta e ultima stagione della serie di Carlo Verdone, Vita da Carlo, offrendo così la sua ultima interpretazione nel proporre, in fondo, ancora una volta se stesso, pur  indossando apparentemente una maschera.

Immagine di copertina: Avaro Vitali in Roma, Federico Fellini, 1972, catturato da Pakdooik, Public domain, via Wikimedia Commons

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