Una tecnica già in parte sperimentata in Un giorno da leoni, ’61 (suo esordio come direttore della fotografia) e Le Quattro giornate di Napoli,’62, entrambi diretti da Nanny Loy. Per il lavoro ne La Battaglia di Algeri, Gatti ottenne il Nastro d’ Argento nel’67 e continuò a collaborare con Pontecorvo in Queimada (1969) e, dieci anni più tardi, in Ogro:nel primo Gatti lavorò insieme a Giuseppe Ruzzolini, il quale gli fu poi d’aiuto nel conferire un particolare tono grottesco e surreale agli interni del film Che? (What?, Roman Polanski, ’72).
Nell’ambito di una quarantennale carriera, comprensiva di lavori televisivi (Specchio segreto, La piovra 5-6-7) e poliedriche incursioni nei generi (come il thriller La tarantola dal ventre nero, ’71, Paolo Cavara, o i poliziotteschi Mark il poliziotto, Stelvio Massi, e La polizia ha le mani legate, Luciano Ercoli, entrambi del ‘75), merita di essere ricordata, fra i tanti lavori, la fotografia di Anonimo veneziano (Enrico Maria Salerno, ’70), particolare impasto di toni ora patinati, ora plumbei, idonei a sottolineare, nell’alternanza delle immagini, l’evidente simbiosi tra la malattia del protagonista (Tony Musante) e la decadenza della città lagunare, oltre l’impossibilità di ricostruire un rapporto con l’ex moglie Valeria (Florinda Bolkan).
Gatti conseguì al riguardo un altro Nastro d’Argento, cui si aggiunse, nello stesso anno, ma per la categoria bianco e nero, quello ottenuto per Sierra Maestra (Ansano Giannarelli), quasi un ritorno alle suggestioni visive de La battaglia d’ Algeri.
Gatti, il cui ultimo lavoro cinematografico è risalente al ‘91 (Venere paura, Hirta Solaro) è stato presidente dell’Associazione Italiana dei direttori della fotografia (Aic).